Basato solo sul potere, il Pd non poteva che finire in questa confusione

Enrico Letta, segretario uscente del Pd (foto Ansa)

Su Formiche Giuseppe Fioroni dice: «In sostanza, per venire incontro alle difficoltà di una sinistra orfana del mito della rivoluzione, benché “democratica e progressiva” secondo la versione del comunismo italiano, si è finito per gettare nel calderone delle ideologie da rottamare quella che non era neppure un’ideologia in senso stretto, ma una cultura politica viva e vitale, per altro uscita vittoriosa dalle lotte del “secolo breve”: vale a dire, la cultura rappresentata dal popolarismo di ispirazione cristiana. E quando il Pd ha scelto l’ancoraggio in Europa al gruppo parlamentare dei socialisti – da quel momento ridenominato “socialisti e democratici” – ha reso ancora più ardua la tenuta del popolarismo a motivo della sua intrinseca subalternità alla sinistra neo-illuminista, preoccupata sempre più di estendere e garantire i diritti individuali, più che incarnare un progetto di solidarietà in armonia con i princìpi e i valori iscritti nella Carta costituzionale».

La confusione politica ben evidente in queste parole di Fioroni rappresenta perfettamente l’avventura degli ex democristiani che hanno costruito insieme agli ex comunisti il Pd. Vi era nello scudocrociato una forte corrente, innanzi tutto dossettiana, al fondo socialista, attenta al ruolo dello Stato in economia, ispiratrice di un’articolata linea sindacale della Cisl. Invece che valorizzare questa tendenza consolidata, di costruire una vera nuova realtà politica su princìpi condivisi, si è preferito riproporre il ruolo dei democristiani come espressione di un partito di un potere pervasivo (ospedali, banche, approccio corporativo nel rapporto con l’associazionismo dei ceti medi, canale di varie influenze internazionali) che la contrapposizione al Partito comunista nel corso della Guerra fredda aveva reso più o meno ineluttabile. Secondo questa linea centrata sulla gestione del potere, alla fine, si è reclutato persino uno schietto conservatore come Pier Ferdinando Casini e si è dato vita a un partito tutto centrato sul commissariamento dall’alto (Quirinale e Unione Europea) del governo della nazione, dando vita a un partito in cui gran parte degli ufficiali (i Renzi, i Letta, i Mattarella, gli Zanda, i Guerini, i Franceschini) erano ex dc mentre gran parte della truppa era ex pci. Era un’operazione che non poteva durare nel tempo. E non è durata.

* * *

Su Huffington Post Italia si scrive: «In commissione due onorevoli finiscono muso a muso. In aula schiamazzi, rettifiche, rinvii, fretta di chiudere e prendere il treno per casa. Cronaca dell’ultimo giorno di una corsa folle per definire la legge di bilancio».

2011: Giorgio Napolitano impone via spread l’inetto governo Monti che dura ben 16 mesi.
2013: Napolitano costruisce un governo di unità nazionale con Enrico Letta assistendo insieme, senza prendere alcuna iniziativa, al fatto che il leader del centrodestra Silvio Berlusconi, protagonista dell’accordo di unità nazionale, sia espulso dal Senato.
2014: Matteo Renzi, un non parlamentare, viene eletto presidente del Consiglio senza un passaggio elettorale.
2016: Renzi propone un referendum su alcuni fondamentali cambiamenti della Costituzione come una sfida della sua leadership politica, lo perde.
2017: invece di andare al voto, Napolitano prepara un governo Gentiloni.
2018: i grillini, un movimento di protesta senza proposta, prende il 32 per cento, Sergio Mattarella non riconosce la maggioranza relativa della coalizione di centrodestra (Lega, Fi, Fdi) e punta a un governo centrato sui 5 stelle, trova un’intesa anche con la Lega e commissaria di fatto il nuovo esecutivo così formato.
2019: va in crisi il governo di 5 stelle-Lega e Mattarella, invece di spingere per sciogliere le Camere, mette insieme un governo 5 stelle-Pd.
2021: Renzi mette in crisi il pasticciato governo Conte 2, in piena in pandemia, Mattarella (opportunamente) dà un incarico a Mario Draghi ma senza fissare (inopportunamente) una scadenza.
2022: il Parlamento, invece di eleggere Draghi presidente della Repubblica e avviare un ordinato procedimento di scioglimento delle Camere che rilegittimasse con il voto il governo, rielegge Mattarella.
2022: come era inevitabile, il governo Draghi va in crisi, si vota a settembre, a ottobre inoltrato Giorgia Meloni forma un governo e fa in qualche settimana una finanziaria che tradizionalmente chiedeva qualche mese per essere discussa in Parlamento.

Questo è il contesto degli schiamazzi, delle rettifiche, dei rinvii, della fretta che viene denunciata molto spesso da chi per gli ultimi 11 anni ha assistito senza alcuna analisi critica alla disgregazione della democrazia italiana.

* * *

Sulla Zuppa di Porro Rino Cammilleri scrive: «Se vi fate un giro in giro constatate quanto Steve Jobs avesse ragione nell’augurare ai giovani “stay fools!”. Che, tradotto alla carlona, suona così: “Resta scemo”. Vedete, infatti, quanta gente non bada più a dove mette i piedi pur di restare incollata allo schermo del suo telefonino. Tutto il giorno, in bicicletta, sulle strisce pedonali, di notte (non sia mai dovesse perdere qualche chat), sul cesso, al bar, a colazione, pasti col dispositivo mobàil accanto al piatto. Almeno a scuola, per la salute mentale degli allievi, andrebbe vietato. Ma non con una circolare senza sanzione, quale quella timida attuale (hanno sempre paura che gli diano dei fascisti). Se vieti qualcosa e non prevedi punizione per i trasgressori, hai solo offerto un altro argomento di dibbbbbattito. Come se ne mancassero, con un’opposizione che si appiglia, per disperazione, anche a una virgola omessa. No, il cellulare a scuola va proibito e basta. Gli studenti firmino il proprio col pennarello, lo consegnino all’ingresso, lo ritirino dopo il suono dell’ultima campanella. E metal detector all’entrata, per i furbi. Ma, si sa, gli adolescenti, non avendo (ancora) responsabilità di sorta, non hanno altro da fare che pensarle tutte. Anche se, va detto, ormai non c’è più niente da trasgredire».

C’è in Italia una generazione Erasmus, un fatto molto positivo: giovani che conoscono il mondo, si preparano al futuro, sono spesso dinamici in patria all’estero. La generazione Erasmus va difesa e valorizzata, però non a spese della formazione di una generazione “Neet” che non studia (e prima studia distrattamente), non lavora, non si prepara professionalmente e a cui si offre come prospettiva un sussidio di cittadinanza e una vita persa a chattare. Per reagire a chi vuole sostenere una generazione Erasmus compensandola con una di zombie Neet, bisogna iniziare dalla scuola, proibendo severamente i telefonini come bene argomenta Cammilleri.

* * *

Su sito di Tgcom 24 si scrive: «Giorgia Meloni ha annunciato di essere in partenza per l’Iraq per “portare gli auguri di Natale a tutti i nostri militari impegnati nelle missioni di pace”».

La Meloni va trovare i soldati italiani che operano in una zona di ampio insediamento curdo. Oggi l’Occidente è impegnato a difendere l’Ucraina dall’aggressione russa. Ma non va dimenticato che altri popoli, tra i quali appunto i curdi, ma anche gli armeni, i greci, gli egiziani, sono spesso minacciati persino da uno Stato come quello turco che fa parte della Nato. Viviamo in un periodo tempestoso in cui c’è bisogno di un’iniziativa politica (e in questo senso anche la forza militare va inquadrata in una strategia politica), la fumosa retorica che ha sostituito per una larga fase questa esigenza di politica, pare proprio aver fatto il suo tempo.

Exit mobile version