Storia delle bambine nate in provetta, a cui due gay e due lesbiche «hanno rovinato la vita»

Di Benedetta Frigerio
27 Ottobre 2015
Inghilterra. Pochi giorni fa è stata pubblicata la sentenza del giudice inglese Stephen Cobb che ha fatto scalpore l'anno scorso
Napoli 13/04/2005 Referendum per abrogazione parziale legge per la procreazione medicalmente assistita. Una dottoressa del Centro mediterraneo per la fecondazione assistita di Napoli, in sala operatoria con il liquido follicolare appena prelevato. Dalla provetta verranno estratti gli ovociti.

Questa è la storia di due bambine inglesi, nate tramite fecondazione eterologa, alle quali i genitori hanno «rovinato la vita» dopo essersele contese per sette anni insieme ai rispettivi compagni dello stesso sesso. Questo giudizio è stato dato da Stephen Cobb, giudice della sezione familiare dell’Alta Corte inglese, in una sentenza del 2014, che è stata pubblicata però solo pochi giorni fa.

IL PROCESSO. Dopo 30 ricorsi, Cobb aveva preso in esame il caso delle due bambine cresciute dalla madre e dalla compagna. Queste, a sette anni dal concepimento in provetta, erano state citate in giudizio dal donatore di sperma e dal suo compagno omosessuale, che volevano essere presenti nella vita delle bambine.

LE DUE DONNE. La corte ha stabilito che la maggiore delle figlie, di 13 anni, doveva avere contatti con il padre biologico, mentre i rapporti con la secondogenita di 9 anni si dovevano limitare alla corrispondenza. Secondo Cobb, infatti, «la mancanza importante nelle loro vite è causata dall’assenza di una relazione significativa con il padre». Nonostante i seri problemi presenti nella casa materna, inclusa la violenza fra le due conviventi, parlando della madre biologica come «dispotica» nei confronti della compagna da lei «fortemente dipendente», il giudice aveva definito le due signore assennate.

«INFANZIA ROVINATA». I servizi sociali avevano incolpato le conviventi di aver costruito «una fortezza con alte mura» intorno alle ragazze, per escludere chiunque fosse in disaccordo con loro. Al contempo, il giudice aveva incolpato i due uomini di «alzare la temperatura» del conflitto, dovendo ammettere che «il caso mostra chiaramente le immense difficoltà che si possono scatenare quando una famiglia viene creata con la fecondazione e un donatore non anonimo». Coob aveva aggiunto che «l’infanzia di A e B [i nomi veri non possono essere rivelati] è stata irrimediabilmente rovinata».

VOLONTÀ DELLA FIGLIA. La pubblicazione della sentenza svela un dettaglio in più, rispetto a quanto uscito l’anno scorso. La ragazza 14enne, infatti, non aveva nessuna intenzione di avere rapporti con il padre e il suo compagno omosessuale, desiderando «disegnare la sua conclusione», alla luce del fatto che la sua vita è stata «rovinata». Il giudice, però, ha ribadito: «Rimango certamente dell’idea che i padri hanno un reale valore e possono aggiungere qualcosa di importante alla vita delle ragazze». Se un padre è pur sempre necessario, in questo caso resta davvero difficile trovare il valore a cui appigliarsi.

@frigeriobenedet

Foto Ansa

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7 commenti

  1. Raider

    L’opera di lavagggio del cervello è continua, martellante, debordante dai media unificata in una sistematica omologazione culturale al Pensiero unico. Le star della televisione, se osassero contraddire le direttive, se manifestassero dissenso e opposizione alla cultura dominante, sarebbero spazzate via in mezzo secondo e non si vedrebbero più nemmeno su FB. Non sembra Barbara che D’ Urso abbia che il coraggio che a dirigenti di aziende e mulini è mancato.
    Che questo coraggio non venga mai meno a noi.
    NO AL PENSIERO UNICO!

    1. giulia

      Ma la Barbara D’Urso non è che non abbia il coraggio… è totalmente a favore di queste “belle” cose!

      1. Raider

        Era detto appunto come esempio di conformista di successo, cui non rinuncerebbe mai e poi mai, per es., rifiutando nelle sue trasmissioni di celebrare il mainstream, di propalare il verbo del Pensiero Unico e di tirare la volata al ddl Cirinnà.

  2. To_Ni

    Su tg3 confezionano servizi sulla “grave situazione” delle famiglie omogentoriali che vivono in Italia. E’ stato presentato un servizio condotto sulla spiaggia a fronte di un mare sereno. I bambini giocavano sulla sabbia. La coppia innamorata gay hanno raccontato le vicissitudini che hanno vissuto: sposarsi all’estero, andare in America (dove lì sono evoluti e la legge consente), hanno trovato una signora per bene, con tanto di titolo di studio e competenze in pediatria, che generosamente, cuore d’oro, ha coronato il loro sogno mettendogli a disposizione l’utero (non si è fatto accenno di eventuale vile denaro) . Questa donna meravigliosa non è sparita dalla loro vita: telefona, dona consigli e ogni tanto si fa vedere su skipe. “Generosa donatrice” che ha coronato il “desidero”, che è un diritto avere, che avvertivano da tempo: voilà essere doppi papà. I due, con ogni brillanti di commozione erano turbati dal fatto che la nostra legge non accoglie all’istante i loro desideri e si sono lamentati dell’ingiustizia: l’andare all’estero, fare quello che minchia si vuole, e tornare a casa e trovare gente che gli dice di no. Incivili che siamo.
    Il servizio aveva una sola carenza per essere perfetto: mancavano due omofobi, sporchi e mal vestiti (gli innamorati erano veramente eleganti casual ) che piombassero sulla spiaggia a picchiare i bambini. Se avessero avuto tale accortezza … inserire omofobi picchiatori di bambini, la legge la farebbero subito.

  3. SUSANNA ROLLI

    Orrore!, non so nemmeno che dire – io che ho la lingua lunga…
    Grazie, Benedetta, vorrei che questo articolo fosse scritto a caratteri cubitali sulla facciata del Parlamento, là dove si formulano le leggi..
    Quanto alle ragazze, che dire..Alla maggiore età , fossi io, mi verrebbe da fare la valigia e scappare su Marte (hanno detto che c’è l’acqua).
    Verranno tempi migliori, fra quando no so.
    🙁

    1. Emanuele

      …io una parola ce l’ho… CHE SCHIFO!

  4. leo aletti

    C’è sempre un solo valore a cui appigliarsi, questo vale per tutti altrimenti siamo rovinati. Il caso riportato è emblematico.

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