Bagnasco, Francesco e il Vento di Dio: «La prima riforma non è quella della struttura, ma delle singole persone»

Di Redazione
24 Marzo 2013
Il capo della Cei racconta la commozione per l'elezione di Bergoglio e commenta lo storico incontro di ieri con Ratzinger: «La vera continuità è nell'essere entrambi discepoli appassionati dell'unico grande pastore»

«Francesco è un grande dono che il Signore ci ha fatto». La sintesi della bella intervista rilasciata dal cardinale Angelo Bagnasco al Corriere della Sera di oggi è tutta in questa frase, ma non mancano i particolari commoventi, in cui il presidente della Cei mostra il percorso fatto come cristiano e come uomo di Dio a partire dalle dimissioni di Benedetto XVI. «È come – dice Bagnasco nell’intervista firmata da Gian Guido Vecchi – se il Papa ormai emerito avesse ideato e realizzato una sorta di esodo pasquale. Attraverso lo smarrimento provocato dalle sue dimissioni siamo giunti alla sorpresa del primo Papa sudamericano»

QUANDO SOFFIA IL VENTO DI DIO. «Si è percepito in modo forte il vento di Dio. Come se il soffio dello Spirito gonfiasse le vele della barca di Pietro per guardare l’orizzonte con fiducia rinnovata. E si è avuta conferma che la Chiesa è realmente un mistero per la sua capacità di rigenerarsi continuamente, di affrontare il nuovo, di riemergere dalle sue difficoltà, di continuare la sua missione di sempre che è quella di annunciare il Vangelo». Bagnasco commenta anche la necessità di riforma della Curia di cui si è iniziato a parlare dopo il caso Vatileaks e a cui i giornali hanno dato molto risalto dopo le dimissioni di Ratzinger. «Già Sant’Agostino diceva che la Chiesa è sempre da riformare, specchiandosi nel suo Signore. La prima riforma però non è quella delle strutture, ma quella delle singole persone. È per questo che l’anno in corso è stato dedicato alla fede».

LE DEVOZIONE DELLA GENTE E LA SECOLARIZZAZIONE. Bagnasco, che confida di associare la figura di Bergoglio a quella del mite e audace Giovanni XXIII, ricorda poi la sera dell’elezione: «Quando ho sentito il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria, mi sono commosso a pensare quanto la sua esperienza di Pastore sia stata un tutt’uno con la fede del popolo: la devozione della gente comune che resiste alla secolarizzazione. A volte si ritiene che questa non sia abbastanza profonda. Al contrario, la preghiera fatta con il popolo, che ha certamente nella liturgia il suo vertice, è il modello da seguire». Infine un commento sullo storico incontro di ieri tra il papa emerito e Francesco: «Le rapide immagini dell’incontro di ieri ci ricordano la chiave di lettura per comprendere la vera continuità: l’essere entrambi discepoli appassionati dell’unico grande Pastore, Cristo»

 

 

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1 commento

  1. Daniele, Napoli

    sono più di 2000 anni che la Chiesa soffre e geme per la riforma delle singole persone.
    Forse è meglio portare avanti anche quella delle strutture. Non vorrei restassimo senza l’una e senza l’altra.

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