Se la sono cercata. Quelli di Facebook hanno fatto gli splendidi per essere osannati sull’altare del politicamente corretto ma non hanno calcolato che una volta entrati nel vortice dell’ideologia del gender, tutto è tacciabile di discriminazione e più cerchi di includere più scopri di essere retrogrado.
CINQUANTASEI TIPI DI GENDER. La settimana scorsa Facebook Usa ha dato la possibilità a tutti quegli utenti che non si identificano con le opzioni “maschio” e “femmina”, di scegliere 56 diversi modi afferenti al “gender” per autodefinirsi (qui l’elenco completo). Inizialmente tutti hanno lodato l’inclusiva e bellissima iniziativa, che permette a tutti di sentirsi a proprio agio «con il proprio vero e autentico sé», ma dopo pochi giorni si sono scatenate le polemiche.
SI DISCRIMINA SEMPRE. Facebook infatti ha considerato i “genderqueer” (cioè ogni tipo di gender al di fuori di maschio/femmina), i “genderfluid” (cioè quelli che surfano tra maschio e femmina), i “pangender” (che rigettano un singolo gender) e perfino gli “agender” (che rigettano tutti i tipi di gender). Ma, come ha notato scandalizzato il Guardian, non hanno incluso tra i 56 tipi di gender l’opzione “non-gendered identity”, che a tutta prima sembra la stessa cosa di “agender”, “non-primary” e “two-spirit” ma che evidentemente non è così. Molti hanno scritto a Facebook arrabbiati, sentendosi discriminati.
CHI VIENE PRIMA? Per non parlare poi dell’opzione “Cisgender”, termine con cui «la comunità transessuale definisce le persone non transessuali». Il termine non è riconosciuto da tutti e molti «non transessuali» hanno protestato. Inoltre, il format di Facebook presenta prima “maschio”/”femmina” e solo dopo l’opzione “personalizza” con tutti i tipi di gender. Ma, si sono chiesti in tanti, perché “maschio” e “femmina” vengono prima? Sono forse più importanti dei 56 tipi di gender? La discriminazione è sempre là dove meno te l’aspetti.
PRONOMI DISCRIMINANTI. E cosa dire dei pronomi che Facebook permette di selezionare? Scoppia la polemica: «I pronomi sono rudimentali – uno può scegliere di venire chiamato “lei”, “lui”, “loro” – e rimangono fermamente “gender normative”». Insomma, Facebook poteva inventarsi pronomi personali nuovi e più inclusivi di quelli vecchi.
Ma anche a voler tralasciare tutti questi non trascurabili problemi, resta il fatto che «le opzioni fino ad ora sono accessibili solo agli americani» e non a tutto il mondo, «e lo schema presenta tutti i difetti di una versione beta».
ELIMINARE TUTTO. Insomma, a Facebook si sono fatti in quattro, anzi, in cinquantasei per non discriminare nessuno e si sono invece ritrovati subissati di critiche come dei tradizionalisti retrogradi qualunque. Dovevano immaginarlo che sarebbe finita così – chi di gender ferisce, di gender perisce – e avrebbero dovuto ascoltare uno dei tanti consigli di chi si è sentito discriminato, che ha suggerito di «rimuovere completamente tutti i tipi di gender», “maschio” e “femmina” compresi. Così sì che si è tutti uguali.