Visitando, per passione o forse per fame di immagini, decine e decine di mostre ogni anno, abbiamo potuto notare una tendenza che è davvero difficile non notare. L’arte di oggi cerca dimensioni sempre più grandi. E non stiamo parlando di dimensioni metaforiche (profondità, altezza dell’intuizione). Stiamo parlando proprio di dimensioni fisiche. Chi avesse avuto la fortuna di visitare l’estate scorsa la bellissima mostra di Anselm Kiefer alla Galleria d’arte moderna di Bologna, può capire cosa intendiamo dire. Tele immense, che chiedono spazi adeguati, che certo rompono in modo clamoroso il tranquillo tran tran del collezionismo piccolo o grande borghese. È un sintomo che certo colpisce qualsiasi osservatore. E che in secondo luogo deve fare pensare. Ad esempio, una domanda che sorge è proprio terra-terra: per chi sono fatti quadri del genere, che certo non entrano in nessuna casa, che se fossero meritevoli di un museo, dovrebbero avere musei costruiti quasi ad hoc? Anche Tiepolo, per fare un nome tra tanti, dipingeva tele immense, ma era ben consapevole della loro destinazione, in chiese o in palazzi patrizi. Gli artisti di oggi invece dilatano le dimensioni come per sfida, per comunicare un loro non starci (in senso fisico: i loro quadri non passano da nessuna porta; e in senso ideale: disperatamente e a viva forza cercano di sottrarsi all’omologazione). Si potrebbe ragionare a lungo su questo tentativo di affermare una misura che non sia prigioniera delle “misure”. Ma lo spunto che ci ha portato a questo tema è molto concreto. Infatti tra le rassegne che si contraddistinguono per questo dilatarsi di metri quadri, c’è anche la contestatissima mostra di New York che espone le opere della nuova generazione inglese, raccolte da Charles Saatchi. Contro quella mostra si è scagliato il sindaco della metropoli Usa Rudolph Giuliani, scandalizzato dalla provocatorietà di certe opere. Ma equivoci a parte (il quadro di Chris Ofili, un artista africano emigrato a Londra, non aveva un contenuto blasfemo se lo si fosse letto dentro i valori di riferimento della sua cultura di origine), sfogliando il catalogo si resta colpiti ancora una volta dal gigantismo che ha contagiato gran parte di questa orda di artisti arrabbiati piovuti da Londra. Sono come meteore paurose e impazzite che piombano senza regola sulla terra. Immensi concentrati di selvatichezza che neppure lo snobismo che circonda tante manifestazione come queste riesce del tutto ad anestetizzare. In un’epoca in cui il concetto di grandezza si applica alla crescita delle ricchezze, godiamoci lo scandalo di questi dinosauri che irrompono come giganteschi bambini su questo orizzonte dove gli uomini sono ridotti a pulci stizzite.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi