Il problema degli incantesimi è che hanno una durata limitata. Riescono a stravolgere una vita soltanto per un tot, prima di svanire nel nulla ripristinando le condizioni di partenza. È stato così anche per Salem Al Dawsari, l’uomo che per poco più di un giorno ha visto la sua esistenza finire sottosopra a causa di un gol. Perché la rete segnata al Mondiale martedì scorso all’Argentina, con un abbacinante tiro a giro sul palo lontano, ha permesso al suo nome di saltare lo steccato che recinta un intero quadrante geopolitico. Il ragazzo con il dieci sulle spalle non era più il talento più puro del calcio asiatico, il pesce grande nello stagno piccolo, ma l’uomo che aveva fatto piangere un Paese intero. Almeno per qualche ora.
Il viaggio a Riad e l’inizio di tutto
Quella prodezza ha assunto immediatamente i contorni del risarcimento. Per una carriera che aveva imboccato più tornanti del previsto. Per una ragazzo che aveva imparato a pensare con i piedi. E non sempre nel senso più nobile del termine. L’incipit della sua storia viene scritto fra i campetti polverosi di Wadi ad-Dawasir, una cittadina nel profondo sud dell’Arabia Saudita. È lì che il Salem affila la sua tecnica, ammorbidisce il suo controllo palla. Quando compie tredici anni suo padre lo chiama in disparte e lo fa mettere seduto. Gli dice che se vuole davvero diventare un calciatore professionista deve lasciare la provincia, deve trovarsi una squadra seria, magari nella capitale. Il ragazzo ascolta e annuisce, raccoglie le sue cose e si mette in viaggio verso Riad.
Poco più di seicento chilometri percorsi con il cuore in gola e con un sogno a fare da stella cometa. Il provino con l’Al-Hilal è un successo. Salem entra a far parte del settore giovanile del club. E ci resta fino a quando non compie vent’anni. Solo che la sua maturazione procede più lentamente del previsto. Il talento c’è, ma non si sgrezza. Nel 2011 arriva il tanto atteso debutto in prima squadra. Al Dawsari gioca la prima partita con i “grandi” e segna il gol del 3-0 nel derby contro l’Al-Nasser. Sembra l’inizio di un’ascesa vertiginosa, invece Salem non riesce mai veramente a imporsi. Si infortuna spesso, è discontinuo, discute con chiunque. Conquista la Nazionale, ma la sua conferma è sempre in bilico.
Una storia travagliata con l’Arabia Saudita
Nel 2015 la sua storia prende una piega imprevista. In un derby contro l’Al-Nasser Salem si infuria per una decisione dell’arbitro scozzese John Beaton e gli si avvicina con sguardo minaccioso. Poi, quando le loro fronti sono a qualche centimetro di distanza, prova a centrarlo con una testata. Il rosso è inevitabile ed è anche la parte meno pesante della faccenda. Perché Al Dawsari sarà squalificato per sei partite, sarà multato dal suo club e sarà etichettato come attaccabrighe. Tre anni più tardi il calcio asiatico viene scosso da una notizia singolare. Alcuni club della Liga sono pronti ad accogliere a braccia aperte nove fra i migliori calciatori dell’Arabia Saudita. In cambio il Regno si impegna a sborsare una montagna di quattrini per acquistare i diritti del campionato spagnolo.
È una mossa che ha un obiettivo chiaro: comprare la possibilità di fra crescere i Figli del Deserto in vista del Mondiale russo. Salem viene acquistato da un Villarreal che ormai tallona le big del calcio iberico. La presentazione di Al Dawsari va in scena il 1° febbraio. E trova spazio fra le brevi dei quotidiani spagnoli. «Sono contento – dice il calciatore – per me è una grande opportunità. Mi trovo bene con i compagni e con l’allenatore. Sono venuto per fermarmi». Non andrà esattamente così. Al Dawsari non viene convocato. Mai. Ad aprile viene spedito a giocare con la seconda squadra del Sottomarino Giallo.
Quella partita contro il Real e i trick su YouTube
Salem sparisce nel nulla per poi riapparire all’improvviso: Il 20 maggio si gioca l’ultima giornata di campionato. In casa. Contro il Real Madrid. È una gara che non ha molto da dire, così dopo dodici minuti del secondo tempo Javi Calleja toglie Javi Fuego e manda in campo Al Dawsari. Il ragazzo risponde presente, dimostra di non essere un giocatore esotico ma uno che può dare una mano. Tanto che a fine partita El Mundo Deportivo gli mette tre stelline in pagella. Esattamente le stesse di Isco, Cristiano Ronaldo e Bale. È tanto, ma è anche troppo poco per essere confermato. Così dopo il Mondiale (dove segna un gol al 95° che vale la vittoria sull’Egitto), Salem torna all’Al-Hilal. Solo che stavolta diventa un giocatore di culto non per una tifoseria, ma per una Nazione intera.
Le sue giocate sono tracotanti ma anche assolutamente efficaci. Tanto che YouTube comincia a riempirsi di filmati che contengono i suoi trick. Fra questi ce n’è uno che dura quasi sette minuti e che ha un titolo suggestivo: «Più di cento avversari umiliati da Al Dawsari». Sembra un’esagerazione, ma è tutto vero. Nel video Salem tiene sempre la testa bassa, come se non avesse bisogno di osservare quello che succede intorno a lui. Tocca il pallone con la suola, dribbla un avversario dopo l’altro, sposta la palla con il sinistro per poi evitare le scivolate avversarie con il destro. I suoi movimenti sembrano trasmettere un particolare senso di grazia, dimostrano che bellezza e praticità possono convivere.
Un nome che resta nei confini asiatici
Grazie anche ai suoi numeri l’Al-Hilal vince tutto. Scudetti e coppe nazionali. Ma anche due Champions League asiatiche. Bafetimbi Gomis, suo compagno di squadra, dirà pubblicamente: «Ho una grande ammirazione per lui, è il miglior giocatore asiatico». Eppure il nome di Al Dawsari non riesce a oltrepassare i confini continentali, resta fenomeno locale, merce di nicchia. Fino al gol di martedì scorso con cui l’Arabia Saudita ha battuto l’Argentina di Messi. Per qualche ora tutto il Mondo ha parlato di quell’esterno dal piede educato e il dieci sulle spalle. Per poi dimenticarsene nuovamente. Ma Salem lo sapeva benissimo, tutti gli incantesimi hanno una durata limitata. Così nella seconda partita, contro la Polonia, non si è neanche avvicinato alla sufficienza.