Antonio Polito: «L’Italia ha usato la lettera della Bce per giustificare l’inasprimento fiscale»

Di Roberto Regina
30 Settembre 2011
Nell'editoriale comparso oggi sul Corriere della Sera, Antonio Polito critica l'uso che l'Italia ha fatto della lettera della Bce. Raggiunto telefonicamente da Radio Tempi il giornalista ha rincarato la dose: «Il documento ha dato la possibilità di scaricare sull’Europa la colpa dell’inasprimento fiscale. Maggioranza e opposizione ne hanno fatto un meschino uso politico»

L’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito ha spiegato nel corso della trasmissione radio Gli Spari Sopra l’intento del suo editoriale “L’uso meschino di una lettera”in cui denuncia il cattivo utilizzo che il governo italiano ha fatto della lettera inviata dalla Bce il 5 agosto scorso. «Sia da parte del governo che dell’opposizione c’è stato un utilizzo politico di questa lettera. L’unico risultato è stato il pareggio di bilancio, ottenuti attraverso l’aumento delle tasse, mentre di tutte le riforme proposte non è stato fatto nulla». Il documento segreto «ha dato addirittura la possibilità di scaricare sull’Europa la colpa dell’inasprimento fiscale, mentre nella lettera non si parlava di inasprire la pressione fiscale ma di fare riforme. Purtroppo in Italia è più facile introdurre tasse che fare riforme strutturali, perchè è difficile muoversi senza andare a toccare categorie protette».

 

Un’occasione mancata, dato che l’attuale governo partiva con una maggioranza abbastanza forte ed aveva quindi i numeri per procedere «invece si è perso tempo illudendo gli italiani, mentendo sui i conti pubblici e così siamo precipitati in questa manovra di proporzioni gigantesche che come unico risultato ha ottenuto un’eccessivo inasprimento fiscale». Se è vero che nella Prima Repubblica il ritmo di crescita economica era sicuramente più vivace, è anche vero che il sistema politico era molto più orientato al fare e al bene comune rispetto al nostro. Il fatto è che «in questi anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre le possibilità reali, per esempio pensando che si potesse andare in pensione a 55 anni senza aver versato i contributi necessari». In chiusura d’intervento, parafrasando l’economista Carlo Maria Cipolla, Polito sintetizza il suo pensiero così: «quando una fa qualcosa di male agli altri (per esempio scaricare la responsabilità dei tagli all’Europa) senza fare nel contempo del bene a se stesso (non facendo le riforme),  ci troviamo di fronte a quella che Cipolla identificava come terza legge della stupidità umana».
 

Ascolta l’intervista integrale ad Antonio Polito

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