Dopo le anteprime di Celentano e Mina, arriva anche il singolo che introduce al nuovo il lavoro di Antonello Venditti, dal titolo Unica. Ed eccoli che tornano impetuosamente gli anni 80: un amore che finisce e qualcuno che grida con voce stentorea: “chi ti stringerà, chi ti abbraccerà?”. Ma non l’abbiamo già sentita questa nenia? Si, d’accordo, la voce del cantante romano è sempre emozionante, sincera, piena di quel pathos che richiede una canzone di sofferto amore: ma dove è finita tutta la promessa rivoluzionaria del ’68, quella del compagno di scuola che prima era sulle barricate e ora è un dirigente di banca, dov’è finito tutto lo sdegno catto-comunista, così ben espresso in desolanti ritratti di feste dell’Unità o in epici inni a leader che non ci sono più? Ah si, nella buffa marcetta dedicata a Berlusconi e il suo debole per il sesso femminile, accaparrata fulmineamente da Santoro per diventare sigla del suo nuovo programma televisivo “indipendente”.
Insomma il grande Antonello ormai è ridotto a una specie di Dottor. Jekyll e Mr. Hyde: da una parte, fustigatore delle debolezze degli uomini del potere (e sarebbe già un secondo pezzo che dedica all’uomo di Arcore), dall’altra, artista ormai ultra sessantenne che ripropone un trito ritornello da amore adolescenziale. Lui, lo stesso cantautore di Sara, in quel ’78 ormai preda degli isterismi radicali sul diritto all’aborto; che cantava l’amicizia, anche davanti all’evidenza invadente del Mondo di ladri, veri e propri lampi di una carriera lunga e piena di input musicali azzeccati. Forza Antonello, ridacci ancora un fremito di emozione: per te e per i tuoi colleghi cantautori, che hanno fatto la storia della canzone made in Italy dall’inizio dei ’70 è diventato sempre più difficile, ma aspettiamo fiduciosi, ancora, un colpo a effetto che rompa questa coltre di conformismo e di giovalinismo dal quale tu e i tuoi (nostri) amici cantastorie non riuscite più a staccarvi.