Ambrogetti: «Benedetto XVI ha scoperto nella preghiera l’esercizio del ministero petrino»
«La mia decisione non è un ritorno alla vita privata, fatta di conferenze e di viaggi» ha detto Benedetto XVI durante l’ultima udienza generale. Ora è a Castel Gandolfo e prega «nascosto dal mondo». «Una scelta maturata in coscienza», spiega a tempi.it la vaticanista Angela Ambrogetti, «fondata sul Mistero. Una parola che i fedeli intendono diversamente da quelle “ragioni oscure” a cui alludono i media quando cercano di spiegare la sua decisione».
Benedetto XVI ha spiegato di essersi dimesso per il bene della Chiesa.
Ora è un “pellegrino”. Durante l’ultima udienza, ha anche spiegato che “rimane nel recinto di Pietro”. Una precisazione importante, che significa che è consapevole di non poter “smettere” di essere successore di Pietro. Anche a quelli che trattano la Chiesa come fosse una democrazia parlamentare ha dato una risposta semplice: senza la piena potestà, con il compito della preghiera, continuerà a esercitare il ministero petrino.
Questo significa che ci saranno due papi?
La Chiesa è di Cristo, non del Papa, dei Vescovi, dei fedeli. Benedetto XVI ha promesso obbedienza al prossimo Papa e ha testimoniato di non abbandonare la croce. Esistono tre modi ora di intendere il ministero petrino: l’esercizio del potere petrino in piena potestà, il ministero petrino esercitato dal popolo di Dio, ma anche quello del Papa che prega. Benedetto XVI ha scoperto nella preghiera l’esercizio del ministero petrino. Il Papa che non ha la forza di esercitare la piena potestà e fa una scelta di clausura. Nel 2005, Joseph Ratzinger aveva detto sì alla chiamata al pontificato e quel sì era per sempre. La vita di prima non esiste più.
Qual è la portata di questo pontificato per la Chiesa?
A parte aver rinnovato il modo di intendere il ministero petrino, Benedetto XVI ha lavorato assiduamente per l’applicazione del Concilio vaticano II. Su due fronti: quello spirituale, dando più attenzione all’ecclesiologia, alla cristologia, al ministero pertrino, alla collegialità; quello politico, affidandosi più all’esigenza pastorale che alla tradizione politica, per esempio nelle nomine dei nunzi, dove ha fatto prevalere scelte in rottura con le tradizioni del passato che volevano automaticamente affidare le nunziature ai membri della diplomazia vaticana.
Sul tentativo dei media di influenzare il prossimo conclave si è espressa la Segreteria Vaticana con una nota politica e precedentemente lo aveva fatto anche il direttore del Foglio Giuliano Ferrara. Cosa ne pensa?
I media, l’opinione pubblica, anzi “pubblicata”, cercano di influire sulla Chiesa oggi come un tempo lo facevano i principi o gli imperatori. È ovviamente qualcosa che mette in pericolo la libertà dei cardinali e della Chiesa. Questo papato non si è mostrato al mondo con grandi gesti, ma attraverso le parole e la ragione. Parole che hanno spesso trovato giornalisti distratti, che leggono poco, e che non sono stati spesso in grado di comprendere.
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