
Allarme trading on line

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – «Ho cominciato investendo i miei risparmi nei fondi comuni consigliati dalla banca. Poi, a fine anni Novanta, ho voluto provare a fare da solo e sono passato al trading on line. Ero appena laureato, volevo comprare casa e sognavo il colpo di fortuna. Quando scoppiò la bolla hi tech, persi quasi tutto. Di 50 milioni di lire, me ne rimasero 12. È successo tutto nel giro di un mese. Ho preso una batosta ma non ho mollato. Mi sono messo a studiare nei dettagli i meccanismi di questo settore e piano piano ho recuperato le perdite (però ci ho impiegato anni). Oggi continuo a fare trading sui mercati, ma mi faccio guidare da un consulente in quasi tutte le operazioni. Guadagno cifre modeste ma abbastanza per pagare il mutuo. Ho accantonato l’ambizione di lasciare il lavoro e fare il botto… sto coi piedi per terra. Non è una passeggiata o un gioco. Quando non lavoro sono davanti al computer e… clic. Anche di notte, da quasi 25 anni. È stancante, a volte estenuante. La cosa più difficile? Orientarsi tra le piattaforme di trading, che negli ultimi tempi si sono moltiplicate e non sempre appaiono trasparenti. Tutti i giorni mi domando: ma se faccio fatica io, come fanno a non correre grossi rischi persone più giovani e inesperte?».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Alessandro P., 46 anni, milanese, è un padre di famiglia con una laurea alla Bocconi e una piccola società di web communication. La sua non è la storia di una persona rovinata dagli investimenti sui mercati finanziari, come quel padre di Trento che è arrivato a fare scempio della sua famiglia, né tantomeno, come pare, quella di un cinico pazzoide che ha scommesso sul tracollo in Borsa delle azioni del Borussia Dortmund provando lui stesso a provocare l’evento con un attentato contro la squadra di calcio. Quella di Alessandro è la storia di un uomo normale, che è riuscito a tenere sotto controllo la sua passione per gli investimenti in rete e a farne una fonte di reddito. In pratica, un modello da imitare per le banche italiane che stanno vedendo crescere a dismisura gli utenti digitali anche per la gestione del risparmio.
Ma è proprio questo che lo ha spinto a rivolgersi al nostro giornale per segnalare le degenerazioni in atto in questo mondo che assomiglia sempre di più a un casinò in rete, tra siti che, grazie a una grafica accattivante, si presentano anche a navigatori impreparati non con la sobrietà di canali di investimenti finanziario ma come scatole magiche in grado di far loro cambiare vita. Promettono guadagni facili, inviano ripetutamente email non richieste, offrono anche “bonus” per cominciare e, quel che è più grave, incitano a investire a debito. Una pubblicità martellante studiata sul comportamento dei naviganti fa la sua parte (cookies). Ma è vero che giocando in Borsa si conquista l’Eldorado?
Individui soli davanti al pc
Ovviamente no, e quello della scarsa trasparenza nel settore del trading on line è un tema all’attenzione della Consob, che qualche settimana fa ha lanciato l’allarme attraverso una circolare che i media sembrano aver finora ignorato. «In Italia si registra la presenza di numerosi soggetti abusivi, cioè sprovvisti di autorizzazione ad operare nel nostro paese, che offrono tali contratti tramite internet e che non sono sottoposti a vigilanza amministrativa da parte di alcuna Autorità». Ma questo è solo un aspetto di un fenomeno che assume connotati inquietanti quando il concetto di scommessa si sostituisce a quello di investimento consapevole, quando in ballo ci sono i risparmi di una famiglia, quando gli utenti sono giovanissimi o persone impreparate.
Da chi è costituito il popolo dei trader e quali sono i prodotti che vengono offerti e da chi? Non esiste una cifra ufficiale e aggiornata, intorno a 500 mila secondo una stima di Kpmg che però risale a qualche anno fa quando la diffusione dell’e-finance e del digital banking era solo all’inizio. Se si considera che gli utenti titolari di un conto corrente on line sono arrivati a 16 milioni e che il 40 per cento degli scambi sui titoli di Piazza Affari sono dovuti a privati, si potrebbe ipotizzare che siano diventati almeno il doppio. Ma non è finita. Un numero crescente utilizza carte di credito prepagate e piattaforme le cui negoziazioni non transitano attraverso mercati regolamentati. Impossibile, dunque, un monitoraggio.
L’unica cosa certa è che si tratta di un universo fatto di singoli individui davanti a un pc, oppure, sempre più spesso, in movimento con la possibilità di immettere ordini sui mercati anche con uno smartphone o un ipad. Persone che in solitudine puntano al rialzo o al ribasso di azioni, titoli di Stato, obbligazioni, materie prime, monete. Per non parlare di prodotti più complessi con i quali, come vedremo, si vince poco e si perde tanto. In tanti si lasciano prendere la mano diventando preda dell’ansia e di un istinto di investimento di tipo compulsivo, non consapevole, non ragionato. Sviluppano, cioè, una vera dipendenza al pari di quella che si può creare con il gioco d’azzardo, come spiega un esperto della materia come il dottor Paolo Cavedini (leggi qui l’intervista) che negli ultimi anni ha visto crescere tra i suoi pazienti il numero dei “drogati della Borsa”.
Un minimo scostamento del dollaro
Con l’aiuto di Alessandro, che dispone di credenziali di accesso a diverse realtà, cominciamo il viaggio tra le piattaforme del trading on line disponibili in italiano. Benvenuti nel paese dei balocchi. Sono decine e decine, c’è di tutto. Bastano un nome e una password. E si comincia così, tanto per provare. Poi i più seri chiedono la carta di identità e inviano un modello da riempire. Se devono richiedere qualche dichiarazione aggiuntiva appare una schermata con fiumi di avvertenze da superare premendo il tasto “ok” (poi scopriremo che con questo passaggio viene eseguita la valutazione del profilo di rischio del cliente imposta agli intermediari finanziari dalle normative europee. Le scelte sugli investimenti devono essere consapevoli, dice la legge). Ma quanti leggono queste avvertenze scritte con caratteri piccoli piccoli e con linguaggio tecnico? Pochi minuti e si è dentro fino al collo.
Uno dei circuiti più rischiosi è rappresentato dal Forex. Quest’ultimo è un mercato non regolamentato in cui gli operatori di tutto il mondo negoziano valute direttamente fra loro, con operazioni così dette “over the counter”. In questo ambito, e non solo, è molto diffuso l’utilizzo della leva finanziaria (debito): si arriva fino 800 volte, vuol dire che con un solo euro posso investire 800 euro, con 1.000 euro sono in grado di acquistare titoli per 800.000 euro. Un minimo scostamento, per esempio del dollaro, dello yen o del rublo, che avviene per motivi difficilmente prevedibili e interpretabili senza un’adeguata base di studio, e si perde tutto. Ma il terreno più scivoloso è rappresentato da tre categorie di prodotti: rolling spot forex, cfd (contratti per differenza) e opzioni binarie. Scrive la Consob nella sua raccomandazione: «La caratteristica comune di questi prodotti è che hanno strutture e modalità di funzionamento tali da essere associati a rischi rilevanti e difficilmente comprensibili e valutabili. Per tali ragioni non sono adatti alla maggior parte degli investitori».
Ma ciò che sembra preoccupare di più la Vigilanza sono le opzioni binarie, contratti che assicurano il pagamento di un certo importo se l’evento (per esempio, il raggiungimento di un certo prezzo di un’azione) si verifica entro un determinato tempo. «Presentano una struttura (e quindi rischi) simile a quella di una scommessa. Spesso si caratterizzano per la brevissima durata – ad esempio un’ora o, addirittura, un minuto – accentuando così all’estremo il carattere di scommessa, in quanto è particolarmente difficile, se non impossibile, fare previsioni con un minimo di fondamento in un così breve periodo di tempo».
Una vera giungla
Eppure, nonostante le raccomandazioni dell’autorità guidata da Giuseppe Vegas, le operazioni sulle opzioni binarie sono in netta crescita grazie anche alla larga diffusione che questa pratica sta avendo tra i tifosi di calcio. Tra le piattaforme più conosciute ci sono la 24Option, che è anche sponsor della Juve, Plus 500 che sponsorizza l’Atletico Madrid e la Iq Option che ha come testimonial Fabio Cannavaro. Anche quello di pratiche commerciali invasive e di messaggi fuorvianti è un tema affrontato dalla Consob che arriva alla seguente conclusione: «In tali condizioni i risparmiatori finiscono, quasi sempre, per avviare l’operatività senza una reale e preventiva comprensione e valutazione dell’effettiva portata dei rischi ad essa connessi e per perdere tutto o gran parte di quanto hanno investito».
Il settore del trading assomiglierebbe a una giungla da cui stare alla larga. Eppure, fino a qualche anno fa l’offerta era concentrata nelle mani di un numero abbastanza ristretto di operatori con alle spalle gruppi bancari vigilati dalla Banca d’Italia (per esempio, Directa, Fineco, WeBank, Banca Sella IwBank). Poi i broker hanno cominciato a moltiplicarsi e, grazie al passaporto europeo, in tanti hanno scelto come sede un paradiso fiscale come Cipro ma avendo libero accesso al mercato italiano (è il caso, per esempio, di Plus 500 e di quasi tutte le piattaforme di opzioni binarie). Infine, sono arrivati gli operatori extra Ue, come per esempio l’australiano Pepperstone, con sede a Melbourne. Tutto legale, per carità, e non si può generalizzare, ma solo chi è molto ben informato comprende un punto fondamentale: nel caso in cui un operatore estero non abbia una sede anche in Italia risponde del suo corretto comportamento non alla Consob ma alle autorità di vigilanza del paese di origine. Infine, c’è il nodo delle mancate licenze, che è ancora più grave.
Standard e intermediari
«Se non fosse per la vigilanza della Consob, l’Italia sarebbe il paese ideale per l’offerta abusiva di trading on line. Per due fattori: l’elevata propensione al risparmio delle famiglie e la scarsa cultura finanziaria», spiega Gianluigi Gugliotta, segretario generale di Assosim (l’associazione intermediari dei mercati finanziari). «Molti broker sprovvisti delle necessarie autorizzazioni cercano di approfittare di questa situazione per operare attraverso modalità che peraltro non rispettano gli standard richiesti dalle normative europee per valutare se i clienti hanno adeguate conoscenze ed esperienze per fare investimenti in prodotti complessi».
Un consiglio? Sul sito della Consob si trovano informazioni utili su intermediari e piattaforme di investimento, nonché su offerte abusive dall’Italia e dall’estero. Gugliotta suggerisce: «Se, per esempio, si comincia a operare su una piattaforma on line, conviene sempre verificare a quale operatore appartiene e se questo è compreso negli albi degli operatori autorizzati e vigilati da un’autorità di un paese dell’Unione Europea. Nelle scelte di investimento di medio lungo periodo è poi consigliabile farsi sempre seguire da un consulente e, in ogni caso, approfittare dei servizi di educazione finanziaria messi a disposizione dagli intermediari e dai gestori autorizzati». Morale: il trading non è un gioco e non è per tutti.
Foto Ansa
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