
Attenzione, ora votano per “l’estrema destra” anche donne anziane e persone istruite

Il Guardian lancia l’allarme democratico, l’ennesimo: ora votano per «l’estrema destra» anche persone «che non lo hanno mai fatto e che non ti aspetteresti lo facessero: donne anziane, elettori residenti in città o della classe media istruita». Persone disposte «a barattare la democrazia» con un despota al potere che promette stabilità economica e che sono finite a ingrossare le file dei sostenitori dei partiti anti-establishment che spopolano in Europa.
Lo denuncia Daphne Halikiopoulou, politologa comparata presso l’Università di York e coautrice di PopuList: secondo la ricerca condotta da Matthijs Rooduijn, politologo dell’Università di Amsterdam, che ha visto la partecipazione di oltre cento scienziati politici in 31 paesi, lo scorso anno un terzo degli elettori europei (il 32 per cento) ha votato infatti per un partito populista. Un record: erano il 20 per cento nei primi anni 2000, il 12 per cento nei primi anni 90. Non solo: la metà di questi elettori sostiene l’estrema destra e cresce ogni giorno di più il il numero di quelli che la «tollera», come spiega al Guardian Cas Mudde, professore alla Scuola di affari pubblici e internazionali dell’Università della Georgia (Stati Uniti) e “padre” della definizione “populismo”, «quelli che non voterebbero Le Pen al primo turno delle elezioni presidenziali francesi ma lo farebbero al secondo. Quel gruppo è davvero, davvero cresciuto».
L’allarme del Guardian, l’estrema destra spopola in Europa
Insomma, i partiti tradizionali stanno perdendo voti, i partiti anti-establishment stanno guadagnando terreno, e «quando i populisti ottengono il potere, o influenzano il potere, la qualità della democrazia liberale diminuisce» denuncia Rooduijn, ricordando che «per i populisti, tutto ciò che si frappone tra “la volontà del popolo” e la formulazione delle politiche è negativo. Ciò include tutti quei presidi e contrappesi vitali – stampa libera, tribunali indipendenti, protezione delle minoranze – che sono una parte essenziale di una democrazia liberale».
I partiti di estrema destra, in particolare, «hanno ampliato ulteriormente la loro base elettorale coalizzando elettori con preoccupazioni molto diverse», rincara Halikiopoulou motivando l’ascesa della destra al governo (dall’Ungheria dell’illiberale Viktor Orbán alla Polonia di Diritto e giustizia, da Giorgia Meloni alle coalizioni siglate da politici finlandesi e svedesi con l’estrema destra) e dell’aumento di popolarità del FPÖ in Austria, l’AfD in Germania e di Marine Le Pen in Francia. E se in Spagna Vox ha perso più di un terzo dei suoi parlamentari a luglio, i partiti populisti e ribelli potrebbero decidere alle prossime elezioni i governi di Slovacchia, Polonia e Paesi Bassi. Dal problema centrale dell’immigrazione “l’estrema destra” avrebbe infatti imparato a “diversificare”, «capitalizzando tutta una serie di insicurezze degli elettori»: lockdown e vaccini, gender e dintorni, crisi climatica, caro vita e guerra in Ucraina.
Dagli ai populisti ma pure a Giorgia Meloni
Quest’anno il database di PopuList identifica in tutta Europa la bellezza di 234 partiti anti-establishment, tra questi 165 partiti populisti, 61 partiti classificati come di “estrema sinistra”, 112 come di “estrema destra” (la maggior parte, ma non tutti, populisti). Nel grafico titolato “I partiti populisti hanno ottenuto il 58 per cento dei voti alle ultime elezioni italiane”, Lega e Fdi sono classificati come “far-right populist”, M5s e Forza Italia come “other populist”, il resto (ad eccezione di Rc, “far-left”) è tutto “not populist”. Anche l’inquietantissima immagine di apertura dell’articolo del Guardian è dedicata al «primo ministro italiano di estrema destra Giorgia Meloni durante un comizio elettorale ad Ancona», così come un ritrattone, pubblicato lo stesso giorno della ricerca, del premier: «”Fa la moderata ma strizza l’occhio a chi non lo è”: i tanti volti di Giorgia Meloni».
Diversi giornali italiani hanno visto nel ritrattone un’incoronazione di Giorgia Meloni: secondo le fonti interpellate dal Guardian se una volta era difficile trovare qualcuno che amasse Giorgia Meloni, oggi è difficile trovare italiani che ricordino “uno dei politici più potenti d’Europa” solo per i suoi legami col neofascismo, l’odio per gli immigrati, gli Lgbtq+ o verso chiunque macchiasse «la sua autodichiarata visione cristiana e patriottica dell’Italia». «Ho anche clienti di sinistra che mi dicono: “Tutto sommato mi piace abbastanza”», spiegano i romani del presidente che da fan di Trump e Putin è passata a farsi amici Biden, Zelensky, Sunak, Macron e von der Leyen – senza tuttavia rinunciare ai cavalli di battaglia “Dio, patria famiglia” condivisi con gli alleati Vox e Orbán -, e a incassare gli elogi di Letta e Bonaccini. «Ha un modo di fare le cose molto astuto, anche se rimane fedele ai suoi istinti naturali. Ma l’impatto delle sue politiche è pericoloso poiché sta normalizzando le cose». Più che un’incoronazione un ulteriore “dagli al fascista” travestito da premier presentabile che manda all’aria il piano dei più sinceri democratici: odiarla fino all’ultima minoranza perseguitata. Tra le accuse più mosse a Meloni c’è infatti quella di essere «venuta meno ai suoi impegni sull’immigrazione». Era «salita al potere promettendo di “fermare l’invasione”» e che non avrebbe permesso che l’Italia diventasse «il campo profughi d’Europa», e invece. E invece è scandaloso che tocchi al Guardian e non agli impresentabili populisti italiani a cui Meloni piace tanto ricordarglielo.
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