Lettere dalla fine del mondo

Se a muovere la mia vita non fosse Gesù Cristo ma i poveri, sarei un idiota

Articolo tratto dalla rubrica di padre Aldo Trento nel numero di Tempi di novembre

Caro padre Aldo, siamo un gruppo di responsabili dell’Azione cattolica ragazzi della diocesi di Belluno-Feltre e vorremmo porti una domanda, conoscendo il tuo lavoro missionario in Paraguay: quale è la ragione per cui sei andato in missione e dove trovi la forza per portare avanti quello che tutti chiamano “villaggio della carità”? Conosciamo le tue difficoltà ed anche la nostalgia che senti verso le tue e nostre montagne che ti hanno visto protagonista fin da piccolo come scalatore, e questo a maggior ragione ci spinge a chiederti il perché della tua scelta di continuare fino alla morte la tua missione laggiù, così lontano dal tuo paese.

Lettera firmata

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Vincent van Gogh, Sulla soglia dell'eternitàAmici, la risposta è molto semplice: il mio amore a Gesù, lo stesso amore che a undici anni mi ha spinto ad abbandonare la mia famiglia e le mie montagne per andare nel seminario dei Padri canossiani.

Ogni altra ragione sarebbe riduttiva e incapace di resistere alla usura del tempo. Ci si muove, e questo vale anche per ogni piccola scelta, solo per Gesù. Solo così si vincono le inevitabili difficoltà o i sensi di frustrazione che inevitabilmente la vita ci riserva. È solo un grande amore, è solo Gesù che infonde nel mio cuore una passione e una energia sconosciute e al di là delle mie capacità.

«Caritas Christi urget nos», l’amore di Cristo ci spinge, afferma san Paolo, e questa esperienza vissuta esistenzialmente è il cuore della Chiesa. Non si va in missione per i poveri, si va solo perché chiamati da Dio, per annunciare la buona novella: il Mistero si è fatto carne e vive fra noi. L’amore ai poveri è solo una conseguenza.

Se ciò che muove la mia vita non fosse Gesù ma i poveri, sarei un idiota, perché non è facile vivere con i poveri, spesso pieni di pretese, maleducati e anche sprezzanti verso chi li aiuta. È facile, come fanno certi preti o frati, riempirsi la bocca gridando dal pulpito l’amore ai poveri mentre i poveri sono lontani o anche vicini ma non si vedono; non costa nulla, quando non ci si immischia con loro.

Dopo ventinove anni di missione “ad gentes” mi è chiarissimo che se non fosse Gesù a muovermi avrei buttato via inutilmente la mia vita. Mentre la gioia di non avere mai perso il nesso con Gesù e la Madonna mi fa sentire compiuto.

Guardo con i miei amici che formano il Consiglio della Fondazione questo villaggio della carità, che accoglie 600 persone fra bambini e vecchi abbandonati e ammalati terminali, e il nostro cuore si riempie di gioia, perché brilla in ognuno di loro, come in ogni dettaglio, la bellezza di Gesù. Ed è questa bellezza che attrae molte persone, permettendo loro di conoscere Cristo. Per cui questo villaggio della carità si trasforma in una presenza missionaria che suscita la domanda: da dove nasce tutto questo e come si mantiene in piedi dopo tanti anni, anche economicamente? La risposta sempre vecchia e sempre nuova è Gesù, il mio grande amore.

Come vorrei che anche in Europa, sempre più pagana e inumana, prendessero sul serio quanto detto dal servo di Dio don Luigi Giussani dopo la sconfitta nel referendum sull’aborto in Italia: «Dobbiamo partire da Uno, da Gesù». Rispondeva così agli amici del settimanale Il Sabato, che avevano scritto sulla copertina «si riparte da 32», che era la percentuale di coloro che avevano votato contro l’aborto. Dobbiamo ripartire da Uno, perché così è nata la Chiesa sulle rive del Giordano. Senza questa coscienza, le nostre battaglie, le nostre dialettiche, le nostre teologie sono inutili o, come diceva il fondatore di Comunione e liberazione, sono “flatus vocis”.

Ne sono convinto perché ho visto con i miei occhi che l’uomo di oggi, per quanto alienato sia, ha estrema necessità di Gesù e quindi di pastori appassionati che l’annuncino. Il cuore dell’uomo, dalla sua origine fino alla sua morte, è sempre lo stesso, ha sempre le stesse domande ed esigenze alle quali solo Gesù, il volto del Mistero, può rispondere, per cui non c’è ideologia che possa ucciderlo senza uccidere l’uomo.

In questi anni mi sono sorpreso nel vedere come non solo la povera gente, ma anche il presidente della Repubblica, come pure il Congresso della nazione paraguayana sono stati attratti da ciò che Gesù genera con la sua bellezza, con il suo fascino; uomini di estrazioni ideologiche differenti, eppure grazie alle opere generate dalla fede è stata suscitata in loro tanta curiosità, per cui hanno stabilito con me una relazione di amicizia. Per questo sono sicuro che l’annuncio di Gesù, Via, Verità e Vita, è l’unica novità di cui l’uomo, magari inconsciamente, ha estrema necessità, perché il suo cuore – come scriveva Giuseppe Ungaretti, «chiuso fra cose mortali. (Anche il cielo stellato finirà). Perché bramo Dio?» – è fatto per l’infinito.

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