
Adhd, studio italiano conferma: le stime sono esagerate. «Colpa dell’allarmismo e di diagnosi troppo generiche»

Si chiama Adhd, che sta per disturbo da deficit di attenzione e iperattività, e negli Stati Uniti si è già candidato a morbo de secolo, data l’enorme mole di diagnosi che coinvolgono ormai milioni di pazienti anche in tenerissima età (la maggior parte dei casi si segnala nella fascia tra i 6 e i 18 anni), i quali spesso e volentieri, almeno oltreoceano, sono sottoposti a pesanti cure a base di psicofarmaci. Qualche allarmato interrogativo su questa gigantesca “epidemia” di Adhd (vedi in proposito questo articolo uscito un mese fa su Tempi) si è naturalmente diffuso anche al di qua dell’Atlantico, e nel nostro paese negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi: l’ultimo in ordine tempo, pubblicato lo scorso 3 novembre e svolto da un team dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano sul progetto di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza avviato dalla Regione Lombardia, ha avuto risultati sorprendenti. «Secondo le stime dei precedenti studi svolti in Italia con vari metodi – spiega a tempi.it uno degli autori, Maurizio Bonati, responsabile del dipartimento Salute pubblica del Mario Negri – si dovrebbero prevedere in Lombardia almeno 15 mila pazienti di Adhd. Invece in tutta la regione, seguendo rigidi criteri standardizzati, sono stati diagnosticati 753 casi. Un discostamento tra i dati che apre parecchie domande».
Dottor Bonati, nel vostro studio concludete che «la prevalenza osservata, 3,51 per mille, è inferiore rispetto a quanto precedentemente osservato a livello nazionale e internazionale (con una prevalenza prevista tra l’1 e il 12 per cento)». Che cosa significa?
Significa sicuramente che i dati finora riportati nella letteratura scientifica italiana sono molto eterogenei. Hanno considerato popolazioni di bambini di varie età, con questionari compilati ora solo da insegnanti, ora da insegnanti e genitori, oppure con valutazioni solo cliniche. In questo studio per la prima volta invece abbiamo tenuto conto contemporaneamente del giudizio dei genitori, degli insegnanti e del personale clinico (psicologi e neuropsichiatri). Tutti hanno usato inoltre gli stessi strumenti (appositi test previsti dagli standard internazionali) e il medesimo quadro di valutazione clinico, a differenza di tutti gli altri studi precedenti sui pazienti italiani in cui venivano usati metri diversi.
Ma le come si spiega l’enorme differenza tra le stime e la realtà?
Nell’ambito della Lombardia un bambino sospetto Adhd, che necessita di un inquadramento e di un trattamento, deve passare per forza da una rete di 18 centri pubblici. Nel nostro studio abbiamo analizzato 1290 casi sospetti arrivati in questi centri nel biennio 2012-2013: fino a settembre 2014 abbiamo avuto modo di analizzare i dati dell’apposito registro Adhd della Regione, istituito di recente. Probabilmente ci sono molti altri casi oltre a quelli sinora diagnosticati, ma non potrebbero mai raggiungere numeri delle dimensioni attese dagli studi passati. Quindicimila piccoli pazienti in una regione è una cifra assurda, basta il buon senso per concludere che è un dato irreale. Altrimenti cosa dovremmo aspettarci per altri disturbi più diffusi, come la dislessia? Se quelle stime fossero reali, ci dovremmo attendere un disturbo per ogni bambino.
È possibile secondo voi che ci sia un eccessivo allarmismo sull’Adhd?
Certo. Molto probabilmente sotto l’etichetta Adhd si raggruppano altri problemi. Tutti questi bambini soffrono sicuramente di disturbi dell’apprendimento , ma avere l’ansia, per esempio, non vuol dire soffrire di Adhd. È questo che è emerso dal nostro studio. Non appena si mettono paletti precisi alle ricerche su questa malattia, non solo di diagnosi ma anche di studio, i numeri cambiano. Non tutti quelli che sono definibili Adhd in realtà soffrono di questo disturbo. Dove sono i 15 mila pazienti potenziali lombardi?
Che caratteristiche hanno i piccoli pazienti lombardi di Adhd?
Sono bambini con un’età mediana intorno agli 8 anni, soprattutto maschietti, e molto spesso presentavano anche altri disturbi. Con notevole frequenza alla diagnosi di Adhd sono associate alcune caratteristiche: essere figlio unico o adottato, avere una familiarità positiva per l’Adhd, la nascita da parto eutocico, il ritardo del linguaggio. Inoltre molti di loro avevano già l’insegnante di sostegno.
Si legge nelle vostre conclusioni: «In uno studio italiano che ha valutato 1891 bambini di età compresa tra i 6 e i 7 anni, attraverso scale di valutazione compilate dagli insegnanti, è stata osservata una prevalenza superiore (7,1%)». Cosa significa? È possibile che gli insegnanti tendano a segnalare casi di Adhd anche quando il disturbo non c’è, magari a fronte della normale iperattività del bambino?
Nel nostro studio abbiamo preso in considerazione i giudizi di soggetti diversi: insegnanti, genitori e operatori clinici. Per la stragrande maggioranza dei bambini davvero malati di Adhd c’è consenso. Ma dato che nell’Adhd ci sono più disturbi e più fasi, abbiamo anche notato che ognuno degli operatori stressa aspetti diversi. La scuola segnalerà più facilmente che il bambino non fa bene i conti o si distrae, mentre sarà probabilmente la famiglia ad accorgersi della sua iperattività o dei disturbi dell’umore. Può darsi che in altri studi privi valutazioni stringenti qualche criterio sia prevalso sugli altri, facendo poi propendere per la diagnosi di Adhd.
Come sono stati curati i pazienti lombardi?
Il trattamento farmacologico viene somministrato solo nei casi più gravi e sempre in accompagnamento al percorso psicologico, che coinvolge anche le figure di adulti, i genitori e i docenti. Questa terapia psicologica è offerta invece a tutti i pazienti, anche ai casi meno gravi. C’è una profonda differenza rispetto a quel che avviene ad esempio negli Stati Uniti, dove è molto più diffusa la sola terapia farmacologica, che sicuramente ha efficacia più immediata, ma con risultati che non durano nel tempo.
Conosce il film Adhd – Rush Hour della regista Stella Stavino sulla situazione americana?
Non l’ho visto, ma quella degli Stati Uniti non è la situazione italiana. Posso assicurare che siamo il paese dove i neurofarmaci vengono usati meno, anche rispetto a paesi europei come la Gran Bretagna o la Svezia. C’è maggiore attenzione e non c’è una propensione al ricorso agli psicofarmaci per l’Adhd, anche perché ci sono controlli fortissimi prima della somministrazione delle medicine: un medico non può prescriverli senza dichiarare in appositi registri nazionali o regionali che lo sta facendo. Questo chiaramente pone dei limiti a tutela dei bambini.
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3 commenti
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Il solito ennesimo articolo qualunquista.
sono contrario alla somministrazione di farmaci ai bambini se non come estrema ratio, anche se questo comporta percorsi più lunghi ed impegnativi per tutti, i genitori in primis. Preferisco lavorare sulle cause e possibilmente rimuoverle, piuttosto che usare la bacchetta magica delle medicine per eliminare solo le conseguenze
La cosa migliore sarebbe educarli, questi bambini, invece di lasciarli crescere come degli animalini selvatici. Permettimi di raccontarti un aneddoto: l’altro giorno, al parco, una madre voleva dare la pappa alla figlioletta di due-tre anni. La figlioletta, invece, non solo non ne voleva sapere, ma è pure partita la scenetta tragicomica con la bimba che sgambettava a giro allegramente e la madre che sbraitava di tornare da lei, completamente ignorata dalla prima però. Un tempo sarebbe stata presa per un braccio e riportata al tavolo, magari avrebbe preso una bussa per aver disobbedito al genitore, oggi invece è stata lasciata libera di fare quello che voleva e, successivamente, di mangiare quello che voleva. Siamo passati dalle bacchettate sulle mani allo scusare i figli per tutto senza vie di mezzo, e questo è il risultato: ragazzini che, una volta cresciuti, si rivelano edonisti ed incapaci della benché minima scolarizzazione, o anche solo di stare ad ascoltarti più di due minuti. E poi si dichiarano avere la Adhd, quando in realtà, spesso, a fianco di situazioni patologiche si hanno semplicemente bambini e ragazzini mancanti di una educazione.