Abolite le province? «No. Restano tutte e 107, cambiano solo nome. Risparmi? Solo 32 milioni»
«L’abolizione delle provincie italiane è un annuncio, niente di più: nei fatti, le 107 province italiane restano intatte, ma avranno altri nomi». Lo conferma a tempi.it Antonino Saitta, presidente della provincia di Torino e dell’Upi (Unione province italiane). Benché militi nel Partito democratico guidato dal premier e segretario, Matteo Renzi, è molto critico sull’efficacia del decreto Delrio. «Il testo di legge votato dal Senato ieri – spiega – è mediocre. Si limita trasferire alcune funzioni a Regioni e Comuni e delle province cambia solo il metodo elettivo dell’organismo di governo, che non sarà più scelto dai cittadini».
Qualche risparmio lo porterà?
C’è una differenza sostanziale fra le dichiarazioni che si leggono sulla legge e il testo. I cambiamenti introdotti porteranno a un risparmio di 32 milioni di euro, secondo i calcoli. È una cifra irrisoria rispetto alle necessità dello Stato. Bisognerebbe accorpare le province e tagliare gli uffici degli organismi periferici dello Stato: prefetture, motorizzazioni, provveditorati e così via. Cioè quanto intendeva fare il governo di Mario Monti, che aveva calcolato un risparmio di 5 miliardi di euro.
Come mai Renzi ha deciso di abbandonare quel piano?
Forse è stato considerato troppo ambizioso. Bisognerebbe affrontare i grandi burocrati e i localismi. Monti non era riuscito a fare passare il decreto anche per la loro forte opposizione e non soltanto per alcuni vizi di incostituzionalità.
Perché?
Ogni volta che è nata una nuova provincia si sono create nuovi sedi e nuovi stipendi. Lo stesso vale per le sedi degli organismi periferici. Più ce ne sono, più aumentano i dirigenti e la spesa pubblica cresce.
A sentire i media, sono le provincie il problema e non lo Stato centrale.
A livello mediatico le province sono ritenute uno dei mali del paese, ma le cose non stanno in questi termini. A parte il fatto che incidono sull’1,3 per cento dei bilanci, mentre lo Stato centrale incide per il 60 per cento, se non esistessero le province, le loro funzioni dovrebbero ricoprirle altri enti. Chi si occupa delle strade, altrimenti? Come ho detto, bisognerebbe risparmiare sui livelli provinciali dello Stato e non tanto sulle province.
Senza province non si risparmierebbe?
Intanto le provincie ci sono in tutta Europa. Visto che è di moda parlare di efficienza tedesca ricordo che la Germania ne ha 400. Anche lì, le competenze delle provincie riguardano ciò di cui non possono occuparsi i comuni, come le strade, i termovalorizzatori, le tariffe per i servizi pubblici, l’edilizia scolastica. Tornando a noi, la Corte dei Conti ha già detto che la spesa per le funzioni ripartite a comuni e regioni a scapito delle province crescerà. Infatti a livello comunale e regionale molte di quelle funzioni hanno costi maggiori.
Perlomeno, non bisognerà pagare i consiglieri provinciali.
Sì, se si crede che i consiglieri provinciali, in quanto sindaci o consiglieri comunali, non percepiranno un’indennità aggiuntiva. Tuttavia bisogna ricordare che l’elezione di secondo grado ha un suo difetto: riduce la visibilità e la responsabilità del potere. Faccio un esempio: se oggi c’è una frana nella provincia di Torino, e la provincia non provvede, i media chiamano me e mi fanno domande. Io sono costretto a rispondere. Sono un politico e posso essere bocciato alle elezioni. Che cosa accadrà se i consiglieri non saranno eletti dai cittadini ma nominati dai politici? Sarà tutto molto più opaco.
Cosa dovrebbe fare il Governo?
Accorpare le provincie più piccole, tagliare gli uffici degli organi periferici e mettere mano all’area grigia delle società pubbliche a cui gli enti hanno affidato funzioni tipiche della politica.
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4 commenti
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Le province? Un capro espiatorio. Non c’è più populismo e demagogia di una tale riforma. A parte che un parlamento che è stato eletto tramite il “porcellum” (strumento elettorale dichiarato dalla Corte Costituzionale come illegittimo) non poteva e non doveva rottamare le province a suon di legge ordinaria, visto che in ogni caso alla data odierna le province esistono e sono riconosciute dalla Costituzione. Non si può giocare e interpretare la Costituzione della Repubblica Italiana a seconda delle convenienze e sbandierarla a piacimento. Resto basito. Un governo, tra gli altri, che non è espressione del popolo perché un presidente nominato dovrebbe fare le cose più urgenti e al massimo vedere come fare per cambiare questa anomala legge elettorale già dichiarata fuori le righe e che fa? Si preoccupa di tagliare quelle che sono istituzioni esistenti da 15o anni e che incidono per l’ 1 % sul bilancio dello stato, quando regioni e stato centrale sono al 70%. Mi chiedo poi chi e come eserciterà le funzioni provinciali, i comuni o le unioni_? uno spezzatino al ragù che amministrerà territori orograficamente, culturalmente, economicamente e storicamente completamente differenti già a pochissimi chilometri? Le regioni forse? Istituzioni elefantiache e centraliste che hanno delegato tutte le funzioni operative proprio alle province! Ma se il problema erano i costi della politica (irrisori e già ampiamente tagliati negli anni) si poteva tranquillamente dimezzarli o come dice Saitta, accorpare le province più piccole che molti di quei politici che oggi sbandierano vittoria, hanno creato per tornaconto politico nei rispettivi territori di appartenenza. Ecco perché non sono credibili questi signori. Caos, confusione istituzionale, aumento dei costi e da tre anni circa, hanno buttato 60.000 dipendenti nel limbo dell’incertezza, si parla di tutto ma mai uno che si è preoccupato di capire che fine faranno persone che si alzano tutte le mattine e fanno i proprio dovere dopo aver vinto un concorso pubblico e non essere stati NOMINATI! L’Italia per questo e per miliardi di altri motivi non è credibile, se in Germania esistono 400 province, sarà che adesso noi vogliamo essere più intelligenti dei tedeschi, abolendole completamente? Poi qualche politicuccio dice: “non abbiamo abolito nulla, solo un riordino”…e intanto dall’altra sedia il discorso è l’abolizione con iter costituzionale…chissà se tra di loro parlano!!! POVERA ITALIA…ps: i voti si perdono e non si guadagnano con gli spot e gli slogan!!!
Stando così le cose, non sarebbe più serio ritornare a province (e, perché no, anche regioni) com’erano 60 anni fa?
Lei ha completamente ragione. La gente non é stata informata bene. A chi interessa far fuori le province?
Ma perché non si ritorna alle 91 province che c’erano quando ho studiato io la geografia alle elementari? C’erano 19 regioni (pure suddivisioni geografiche, senza le costosissime amministrazioni regionali, a parte quelle a statuto speciale) e 91 province: lo ricordo benissimo dopo tanti anni, anche perché quei due numeri “speculari” facilitavano la memorizzazione anche ai bimbetti, com’ero io allora.