A Milano, il terzo settore ha messo la quarta

Di Fiorina Capozzi
16 Giugno 2017
Nel capoluogo lombardo si sta sperimentando un modello di credito innovativo dedicato al mondo del sociale. Intervista a Morganti, ad di Banca Prossima

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Milano capitale finanziaria del paese, ma anche pilastro del terzo settore. È nella città meneghina che si sta infatti sperimentando un modello di credito innovativo dedicato al mondo del sociale che in Lombardia è decisamente più sviluppato rispetto al resto d’Italia. «La puntualità nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, la presenza importante di un tessuto di imprese e la buona capacità economica delle famiglie hanno giocato a favore della nascita e della crescita nel no profit lombardo», spiega a Tempi Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima, la controllata di Intesa Sanpaolo dedicata al terzo settore. «Complice la crisi, il no profit è poi diventato progressivamente più rilevante per i cittadini. Ha conquistato sempre più spazio nella cultura, nel commercio e nell’assistenza socio-sanitaria» aggiunge il manager.

In tempi di tagli alla spesa pubblica non c’è da temere che il meccanismo virtuoso s’inceppi privando la collettività di servizi ormai diventati essenziali? Il rischio non si può escludere. Tuttavia da tempo il terzo settore è diventato più forte grazie a una metamorfosi profonda che ha riguardato le fonti di finanziamento. «Recenti dati Istat (2011, ndr) mostrano come ormai solo il 60 per cento del denaro impiegato dal terzo settore provenga dal comparto pubblico e ben il 40 per cento venga da capitali privati», precisa il manager la cui banca dà credito a più di un terzo degli operatori no profit del paese.

Il processo di cambiamento è del resto stato possibile anche grazie al contributo offerto dal mondo del credito. Banca Prossima, ad esempio, ha studiato e messo in atto un modello di credito low profit. Di che cosa si tratta esattamente? In pratica, il gruppo guidato da Morganti ha scelto di destinare il 51 per cento dei suoi guadagni ad un fondo irredimibile da utilizzare a garanzia di finanziamenti destinati a soggetti normalmente esclusi dal credito tradizionale in quanto al di sotto di specifici parametri. «Grazie a questo modello, abbiamo potuto ampliare la base di clienti mantenendo basso il profilo di rischio. Senza contare che il fondo si è trasformato in uno strumento di inclusione sociale che non rinuncia al profitto intelligente». Grazie a questa particolare struttura d’azienda, Banca Prossima ha potuto far credito ad oltre 2.200 imprese che difficilmente sarebbero state finanziate in un istituto tradizionale. «Ne abbiamo monitorato un migliaio rilevando che ben l’85 per cento di quelle aziende che potevano sembrare a rischio sono in realtà in ottima salute». Di conseguenza, Banca Prossima si è ritagliata un’elevata qualità di credito con una quota di deteriorati che si ferma al 2,9 per cento del totale. È questo un segno tangibile che si può dar credito al terzo settore perché può essere al tempo stesso profittevole e socialmente vantaggioso. 

Foto Ansa

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