Gheddafi parla alla Libia in Tv: «Non mi dimetto, contro i ribelli sarà una nuova Tiananmen»

Di Redazione
23 Febbraio 2011
Il leader libico Muammar Gheddafi parla al paese nord-africano attraverso la Tv di Stato: «Vogliono rovinare la vostra immagine nel mondo, la vostra immagine è distorta nei mass media arabi per umiliarvi. Io sono il leader della rivoluzione, non un presidente che si dimette, morirò qui come un martire». Poi annuncia nuove riforme. Eni sospende la fornitura di gas da Greenstream

Muammar Gheddafi, leader della Libia, ha parlato alla nazione attraverso la Tv di Stato: «Vogliono rovinare la vostra immagine nel mondo» ha detto, «la vostra immagine è distorta nei mass media arabi per umiliarvi». Il Colonnello ha promesso di restare in Libia fino alla fine dei suoi giorni. «Sono il leader della rivoluzione, non un presidente che si dimette» ha avvertito, «morirò qui come un martire».

Gheddafi parla dalla sua residenza-caserma di Bab al Azizia, a Tripoli, dove si è asserragliato col crescere della rivolta nel paese. Il complesso ospita gli uffici e la dimora del Colonnello e fu bombardato dal presidente Usa Reagan nel 1986. «Quelli che attaccano le caserme inermi e le nostre famiglie» continua Gheddafi «sono giovani drogati, giovani che vogliono imitare l’Egitto. Dietro di loro c’è un gruppo di persone malate infiltrate nelle città che pagano questi giovani innocenti per entrare in battaglia».

Occhiali, turbante color cammello e casacca con mantella intonata, Gheddafi è apparso molto accalorato. Ha parlato in piedi, gesticolando e usando toni forti, urlati. «Uscite dalle vostre case e attaccate i manifestanti. Le famiglie dovrebbero iniziare a raccogliere i loro figli. A uscire dalle loro case se amano Gheddafi». Poi afferma: «Non abbiamo ancora utilizzato la forza e la useremo in conformità con le leggi internazionali». Gheddafi ha poi esortato anche l’esercito e la polizia a «schiacciare la rivolta» e ha ricordato che la legge libica prevede la pena di morte.

Nel sedare i ribelli, la risposta sarà simile a «a un’altra Tiananmen». Ha poi annunciato la possibilità di nuove riforme: «Non ho nulla in contrario al fatto che il popolo scriva una nuova Costituzione e nuove leggi. Domani, se così si desidera, può nascere una “nuova Giamahiria” (repubblica) nel Paese. I libici sono liberi perché il potere è in mano al popolo».

Dopo i pesanti scontri di ieri, durante i quali sono morte 250 persone a Tripoli per i bombardamenti sulla folla operati dai caccia, anche oggi sono andate avanti le proteste della popolazione. Sarebbero più di mille i morti a Tripoli a causa delle bombe sganciate dai caccia anche oggi secondo il presidente della Comunità del mondo arabo in Italia (Comai) Foad Aodi.

Intanto, la regione orientale della Libia non è più sotto il controllo del regime di Muammar Gheddafi: lo hanno riferito da Tobruk alla Reuters alcuni militari passati dalla parte dei manifestanti. «Ora tutte le regioni orientali sono fuori del controllo di Gheddafi, la popolazione e l’esercito sono mano nella mano», ha assicurato un ormai ex maggiore dell’esercito, Hany Saad Marjaa. Alcuni residenti hanno confermato che Tobruk è ormai da sabato sotto il controllo dei manifestanti. Il fumo che sovrasta la città proverrebbe da un deposito di munizioni bombardato da truppe fedeli a uno dei figli di Gheddafi.

A causa delle rivolte, Eni ha diramato una nota in cui informa che “in seguito alla temporanea sospensione di alcune attività di produzione di gas naturale in Libia, la fornitura di gas attraverso il gasdotto Greenstream è sospesa“. Eni “conferma di essere in grado di far fronte alla domanda di gas da parte dei propri clienti. Attualmente la Libia fornisce circa il 10% del fabbisogno italiano di gas”.

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