
Portogallo, elezioni: si rischia un pericoloso stallo in Parlamento
Spagna, Irlanda, Francia, Germania, Italia, ecc.: in tutti i paesi dell’Unione Europea dove si è votato negli ultimi mesi, qualunque fosse la natura della elezione (politica o per il rinnovamento di Enti locali o di governo del territorio) i partiti di governo sono usciti con le ossa rotte. Anche la Cdu di Angela Merkel, architrave di un governo che ha regalato ai tedeschi tassi di crescita del Pil del 3,5 per cento annuo, ha perso tutte le elezioni comunali e regionali dal 2009 ad oggi. I tagli alla spesa pubblica, l’altalena dell’euro, gli aiuti finanziari a Grecia, Irlanda e Portogallo che hanno distolto preziose risorse ai bilanci nazionali in tempi socialmente difficili hanno seminato scontento negli elettorati.
Unica eccezione che si profila all’orizzonte è quella del Portogallo, il terzo paese della Ue dopo Grecia e Irlanda ad usufruire di un piano di salvataggio finanziario in gran parte pagato con soldi degli altri paesi dell’Unione. A Lisbona domenica prossima si terranno elezioni politiche anticipate, innescate dal declassamento del debito nazionale, e i sondaggi parlano di un testa a testa fra il partito del primo ministro socialista uscente Josè Socrates (che attualmente capeggia un governo di minoranza incaricato di portare il paese al voto) e quello del suo principale oppositore, il socialdemocratico Pedro Passos Coelho (in Portogallo i socialdemocratici sono identificati col centrodestra).
Gli ultimi dati prima del silenzio elettorale parlano di un 35-38 per cento di intenzioni di voto per il Partito socialdemocratico e di un 30-32 per cento per il Partito socialista, mentre i centristi che potrebbero allearsi coi socialdemocratici viaggiano poco sopra il 10 per cento e l’estrema sinistra attorno al 7 per cento. Ma oltre un terzo degli elettori si dichiara ancora indeciso, e gli astenuti insieme alle schede bianche potrebbero totalizzare alla fine un valore attorno al 40 per cento.
Il rischio è che si ricrei una situazione simile a quella che ha portato alle elezioni anticipate, ma a parti invertite: due anni fa aveva ottenuto la maggioranza relativa il Partito socialista, e ciò aveva permesso l’avvio di un secondo mandato da primo ministro per Josè Socrates (al potere dal 2005), ma il suo governo per ben tre volte non ha trovato in parlamento i voti necessari per l’approvazione di un piano di austerità economica attraverso il quale il Portogallo avrebbe cercato di affrontare la crisi senza ricorrere agli aiuti finanziari internazionali. Lisbona ha poi ottenuto dalla Ue l’impegno per un pacchetto di salvataggio pari a 78 miliardi di euro, che però verranno sborsati a condizioni draconiane: riduzione della spesa pubblica, introduzione di nuove tasse e riforme strutturali per incrementare la competitività economica del paese.
Ora si profila il rischio che ad attuare i gravosi impegni assunti dal Portogallo a Bruxelles sia un governo dai numeri risicati come quello che lo ha preceduto, con l’unica differenza che a dirigerlo ci sarebbe il socialdemocratico Passos Coelho. La cosa non mancherebbe di avere ripercussioni sulla stabilità dell’intera area dell’euro. Insomma, ancora una volta il destino della Ue e delle prospettive di ripresa dei paesi che ne sono parte dipenderà dalle vicende politiche di un piccolo paese ai margini geografici del continente.
L’incertezza e la diffidenza dell’elettorato portoghese si spiega con l’andamento della campagna elettorale, che ha visto i principali partiti sorvolare sui concreti dolorosi provvedimenti che dovranno prendere all’indomani del voto per adempiere agli impegni sottoscritti con la Ue in cambio degli aiuti. Socrates, ottimo oratore e propagandista, ha martellato due concetti: che il Portogallo ha dovuto far ricorso agli aiuti finanziari internazionali perché l’opposizione gli ha impedito di governare la crisi restando in ambito nazionale, e che i socialdemocratici una volta saliti al potere praticheranno una vera e propria macelleria sociale su grande scala.
In realtà la strada da percorrere dopo il voto è segnata, e le differenze di politica fra le due coalizioni sono molto poche: Socrates vuole mantenere nelle mani dello Stato la principale banca del paese, la Caixa Geral de Depositos, mentre Passos Coelho vuole parzialmente privatizzarla; il socialista vuole continuare a costruire infrastrutture mentre il socialdemocratico propone un congelamento dei progetti per non essere costretti ad aumentare troppo le tasse. Lunedì si saprà se la rassegnazione dell’elettorato portoghese avrà prodotto una soluzione politica chiara o avrà creato nuove complicazioni per le prospettive di ripresa economica dei paesi della Ue.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!