Caso Ruby: tentativo di una rocciosa arringa in difesa della libertà, legalità e democrazia

Di Luigi Amicone
20 Gennaio 2011
La verità è che non si ammazza così nemmeno Berlusconi. L'editoriale di Luigi Amicone

Nella furba farraginosità delle leggi italiane risulta discusso ma non oscuro, a chi ha retta ragione e non ciurla nel manico, lo spirito del dettato dell’articolo 114 comma 2 del Codice di procedura penale: «E’ vietata la pubblicazione anche parziale degli atti non più coperti dal segreto fino a che non si siano concluse le indagini preliminari. Ovvero fino all’udienza preliminare». Che le indagini sul presidente del Consiglio siano ancora in corso lo dimostra il puro e semplice fatto che i magistrati hanno richiesto al Tribunale dei Ministri l’autorizzazione a perquisire ambienti di pertinenza del Presidente stesso.

Ora, acclusa alla richiesta di autorizzazione inviata al Tribunale dei Ministri
e, per visione, al Capo dello Stato, ci sono 389 pagine così titolate: “Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano. Invito alla presentazione di persona sottoposta a indagini”. Dentro questo faldone c’è di tutto e di più: interrogatori, nomi, telefoni, fatti e dichiarazioni, supposizioni dei dichiaranti, descrizione puntuale di atti sessuali eccetera. E’ evidente la distanza che corre tra l’articolo citato del Codice penale e il fatto che questa (prima?) enciclopedia dell’accusa circoli in tutte le redazioni, nei più svariati siti, blog, facebook eccetera, e si trovi oggi pubblicata, sebbene a spizzichi e bocconi (che è, se possibile, cosa anche peggiore della pubblicazione integrale, visto che ognuno può così giocare al ritaglio che più confermi la propria linea, sia essa colpevolista o garantista) su siti, giornali e tv.

Ecco cosa intendevamo quando in risposta a una nostra lettrice, spiegavamo che, dal punto di vista del cittadino e della democrazia, della Costituzione italiana e di qualsiasi Costituzione civile, la prima immoralità gravida di minacce per la libertà e la democrazia in questo paese, non sono le donnine o supposte tali del presidente del Consiglio, ma la consuetudine ormai invalsa di sospendere le garanzie democratiche (diritto al giusto Processo) e costituzionali (presunzione di innocenza) dovute a qualsiasi imputato (addirittura ai terroristi e agli stragisti detenuti a Guantanamo, come si sono sforzati di convincerci coloro i quali fino a ieri sono stati giustamente garantisti con chi è accusato di aver ammazzato o collaborato ad ammazzare 5 mila civili alle Torri Gemelle, ma non lo sono mai stati con Silvio Berlusconi).
 
Dicevamo: esiste un paese al mondo dove il segreto istruttorio
e il rispetto delle garanzie per l’imputato è violato in maniera così spudorata, ipocrita e sistematica? Esiste un sistema giuridico che, come di fatto è il nostro, equivocando sulle interpretazioni giurisprudenziali, consente la pubblicazione di tutto, ma proprio tutto il materiale accusatorio, e soltanto accusatorio? Esiste al mondo un sistema così pervasivo di origliamento e pubblicizzazione di ciò che, ben si intende, si vede del tuo avversario nel buco della serratura giudiziario? Sì, ci siamo risposti. Esisteva nell’Afghanistan talebano dove leggevano le accuse di adulterio allo stadio e poi procedevano a sparare in testa alle donne “peccaminose” (ci sono ancora fimalti di questo genere in giro su Internet, e che non risalgono agli anni ’90, ma al 2010). Ripetiamo: non è la stessa cosa, ma è la stessa logica.
 
Bene. “Questo schifo” (Giuliano Ferrara) è cominciato coi baci e le affettuosità telefoniche di Bettino Craxi e i suoi familiari riversati sulle prime pagine dei giornali e rotocalchi televisivi (di destra e di sinistra) allorché l’ex potente Bettino era nelle mani della Procura borrelliana di Milano. Questo schifo arriva al caso Ruby e, ben si intende, viene propalato con la complicità dei media (di destra e di sinistra) che ancora due mesi fa “insorgevano” per difendere questo stato di cose presenti che non è “libertà di informazione” ma “libertà di gogna”. Ora basta.
 
Certo, “basta” lo possiamo dire noi o Il Foglio che dal primo articolo della prima pagina di di 15 anni orsono (30 agosto 1995, copertina: “Il processo”. Autore: Giuliano Ferrara) all’ultimo di oggi, abbiamo combattuto a mani nude e in posizione particolarmente minoritaria la partitocrazia giudiziaria. Gli altri non possono dirlo ma possono e devono ora convincersi del fatto che, messe le due cose sulla bilancia, è meglio rinunciare a qualche copia di tiratura piuttosto che rischiare di perdere la democrazia, la pace e il benessere dei cittadini. Poiché, tira e ritira, la corda si spezza. E quando qualcosa diventa insopportabile (nel nostro caso il diciassettennale squilibrio tra i due poteri costituzionali dello stato, il sostanziale svuotamento della politica e la sostanziale politicizzazione della giustizia) non si sopporta più.
 
Ai cattolici, come vado ripetendo a chi mi chiede, dico solo questo e, più avanti, anche qualcos’altro. Dico, primo: state tranquilli, anche se fosse tutto provato quello che ci viene schifosamente anticipato, dite agli amici libertini di Repubblica&Co.: ma non siete voi quelli che sostengono e propagandano ogni santo giorno la morale relativista, non siete voi che denunciate ogni santo giorno la “morale sessuofoba della chiesa” e “la chiesa che si infila nelle lenzuola dei cittadini” eccetera? Non siete voi che insegnate ai giovani ad accoppiarsi liberamente e in tutti i modi possibili tanto meglio è? Non siete voi che dite: accoppiatevi e in caso di “incidente” abortite? E abortite al primo, al secondo, al terzo, al quarto e perfino (versione democrat inglese) al settimo mese?  Bene. Eccovi serviti. Ci venite a parlare di “peccato”, voi? Ma, insomma, cosa avreste moralmente da chiedere al Silvio relativista, emancipato sessualmente, privo di senso del limite e del peccato? Che con tutto questo non ha fatto un solo spot a favore del condom?
 
“Ma quello è un Presidente del Consiglio, decoro e quant’altro” si dice. Certo che sì. Certo che ha rilievo “decoro e quant’altro”. Ma “decoro e quant’altro” è, anzitutto, processo regolare e giusto. Processo regolare e giusto che, confesso, è solo una mia opinabilissima osservazione, ormai è reso quasi impossibile dall’incredibile fuga di notizie e caos mediatico a cui stiamo assistendo. Cattolico è anche questo: io non giudico sulla base dei soli documenti d’accusa e non mi infoio per odio antiberlusconiano. Non lo devo fare con Berlusconi come non l’ho fatto con Marrazzo.

Ricordo inoltre che non dobbiamo agitarci troppo, cari fratelli cattolici, perché con san Paolo abbiamo imparato che, anche nei momenti difficili in cui la carne delle ragazze serviva per nutrire le belve del circo e le orge di re e senatori romani, i cristiani che per ovvie ragioni pure non potevano apprezzare l’ideale morale di certi loro capi di governo che li portarono in catene al Colosseo per la contentezza delle fiere affamate, non pregavano il Padre Nostro affinché cambiasse la morale ai re e principati. Magari han fatto anche questo. Ma soprattutto, raccomandano le lettere di Paolo, i cristiani pregano non per cambiare la morale ai re, ma perché i re, libertini o empi che siano, sappiano ben governare. Paolo a Timoteo, paragrafo 2: «Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità».
 
E veniamo all’osso (dico, per noi cattolici): se si considera tutta la parabola politica del personaggio in questione e del suo esatto opposto, le gesta straordinarie (anche in negativo) dell’uno e l’ordinaria supponenza (anche in positivo) dell’altro, a mio modestissimo avviso è dirimente anche solo questo: da una parte, anche il solo atto di governo come il decreto per graziare Eluana da morte per fame e per sete, firmato dal reprobo in barba a ogni doxa, logica e consenso ormai ultramaggioritari nell’intero Occidente. Dall’altra, notizia che non è morta ieri e che non morirà tra i posteri, un premier cattolicissimo, adulto e potente che, in quel di Roma, su territorio italiano, per invito di istituzioni italiane, in un tempio della libera ricerca e della sapienza scevri da ogni politicanteria qual è o dovrebbe essere l’Univeristà, non è stato capace nemmeno di garantire la libertà di parola al Papa.
 
Postilla. E se volete sapere cosa ne penso io nel merito del sexgate, ecco le parole di cui tendo a fidarmi perché scritte da un cittadino di sinistra che ha esaminato a fondo, sine ira ac studio (almeno così mi pare) le suddette 389 pagine che dovevano andare al Tribunale dei Ministri e che invece sono andate al tribunale dell’opinione di tutti… e così, ognuno al suo partito, olé, vinca il più forte!

Ecco dunque il testo postato nel blog di Luca Sofri (non propriamente quel che si dice un berlusconiano). E per quanto riguarda la sintesi del tutto, sottoscrivo l’editoriale di Giuliano Ferrara qui allegato in forma abbreviata. Per l’integrale, vedere qui.

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