
Il preside ricorda: si entra a scuola alle 8.10. E si ritrova il picchetto all’ingresso

Scattano le otto e dieci. La campanella suona. Gli studenti si attardano fuori dall’istituto. Ancora pochi minuti e poi tutti di corsa a sedersi in classe, ché la lezione è già cominciata. Una scena di ordinaria routine più o meno per qualunque scuola, tranne che per l’Istituto tecnico turistico Pasolini di Milano, dove il problema dei ritardatari cronici è ormai tale da impedire lo svolgimento regolare delle lezioni. Così il dirigente Francesco Paolo Marra ha pensato di scrivere una scolastica per ricordare a tutti che l’inizio delle lezioni è fissato appunto alle 8.10, ma ha la sua decisione ha scatenato una reazione che non si sarebbe mai aspettato.
IL PICCHETTO. È lo stesso dirigente scolastico a raccontare l’episodio a tempi.it: «Il regolamento dell’istituto, contenente gli orari delle lezioni, è in vigore dall’inizio dell’anno scolastico. Arrivando a piedi da casa mi sono accorto che erano sempre di più le mattine in cui i ragazzi erano ancora fuori dal cancello ben oltre le 8.10. Il Pasolini ha sei piani, alcune classi sono agli ultimi, ci vogliono diversi minuti di cammino prima di raggiungere al proprio banco. È logico che per farsi trovare seduti in classe in orario, bisogna entrare anche prima che la campanella suoni». Anche alcuni genitori si erano accorti del problema e l’avevano segnalato al professor Marra, già intenzionato a richiamare i ragazzi all’ordine: «La circolare è stata inviata ai ragazzi il 3 maggio, e il giorno successivo, il 4 maggio, sono arrivato a scuola e ho trovato un picchetto di studenti. Non riuscivo a crederci: protestavano per la circolare».
SOGLIE DI TOLLERANZA. L’istituto tecnico Pasolini si trova nella periferia est di Milano, quartiere dell’Ortica, area molto “trafficata”. È facile che alcuni studenti, a seconda delle zone di provenienza, arrivino a scuola in ritardo a causa di disservizi dei mezzi pubblici o dell’intasamento di qualche strada. Ma sono eccezioni. Spiega Marra: «Ci sono alcuni studenti che possono usufruire di un permesso speciale, che consente una tolleranza di 5 minuti di ritardo. Per tutti gli altri, alle 8.10 si chiude il cancello. Si riapre alle 8.15 per fare entrare i ritardatari, dopo di che alle 8.20 ci sono le ultime entrate, per le quali i docenti devono chiedere la giustificazione il giorno successivo. Gli ultraritardatari vengono accettati, ma devono passare dalla presidenza».
ASSENZA INGIUSTIFICATE. Niente di strano, insomma, la circolare del preside mirava solo a ricordare ai ragazzi un’ovvietà di cui erano già tutti a conoscenza. Invece, è partita la protesta, portata avanti dal collettivo “Cosp”, e l’ingresso della scuola è stato coperto dal cartellone “Succursale del carcere di San Vittore”. «Chi aveva organizzato il picchetto – riferisce il dirigente scolastico – impediva agli altri studenti di entrare, perciò sono stato costretto a chiamare la polizia, per portare avanti il servizio pubblico che i genitori si aspettano da noi. In breve tempo comunque i ragazzi si sono dispersi, la maggior parte è entrata entro la seconda ora, mentre i più accesi nella protesta sono stati ricevuti nel mio ufficio. Mi hanno detto che avrei dovuto avvisarli dell’imminente circolare: un po’ paradossale, visto che non ribadivo nulla che non sapessero già». Arrivare in ritardo e risultare assente alla prima ora può rappresentare un rischio nel conteggio totale delle presenze dell’alunno, ricorda il preside: «Per essere ammessi all’anno successivo occorrono i tre quarti delle presenze».
“PRESIDE TESTARDO”. Per il preside comunque il fatto è da considerarsi chiuso, spera che quello che resta dell’anno scolastico proceda regolarmente. La vicenda – al netto degli articoli usciti sulla stampa locale e delle relative repliche – è più o meno archiviata anche per quelli del collettivo che hanno innescato la protesta, come scrivono sulla loro bacheca di Facebook: «L’unico che non si è accorto dell’importanza del nostro gesto a quando pare (sic) è solo il dirigente scolastico, l’amatissimo e carissimo Sig. Francesco Paolo Marra. Sta mattina noi rappresentanti abbiamo avuto un colloquio con lui, in cui ha detto che non avrebbe ritirato la circolare e che si stupiva di tanto scalpore visto che la circolare ribadiva esclusivamente regole già esistenti con la “semplice e banale” aggiunta della chiusura delle porte. (…) Il preside ha in oltre aggiunto che la situazione non sarebbe cambiata finché gli studenti non avrebbero presentato “un’alternativa valida” alla regola in atto. Per questo a breve sarà convocata un’assemblea d’istituto con tutti voi per elaborarne una e parlare della questione. Detto ciò vi comunichiamo anche che la protesta mattutina non andrà avanti, visto che abbiamo un preside talmente testardo e burocrata che si ostinerebbe a non ascoltarci facendoci solo perdere tempo e accumulare assenze della prima ora».
Foto da Facebook
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23 commenti
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Eccovi i collettivi! Culla dei centri sociali rossi.
Chissà perché mi viene in mente il toro inutilmente infuriato che gira e rigira inseguendo la spada che lo trafiggerà…
Studenti che non sanno scrivere in italiano e che si lamentano, a maggio, di regole giuste e in vigore dall’inizio dell’anno! Non c’è altro da aggiungere. Questa è la generazione che stiamo preparando.
Finché esisteranno genitori così, i quali sembrano solamente aumentare, le battaglie per la priorità educativa rispetto la scuola sarà sempre inutile oltre che non giustificata!
Non si può dire agli altri cosa non si può insegnare ai propri figli se i primi a non insegnargli un minimo di educazione sono proprio i genitori…
Anche te hai fatto la scuola pubblica?
I genitori sono quelli che dal 68 in poi avete voluti che diventassero. La colpa è sempre della solita gentaglia e spazzatura culturale.
Spero vivamente che almeno questa volta i genitori siano dalla parte del preside
Eh caro Nino, si vede che non lavori nel mondo della scuola…Io invece vedo già orde di genitori presentare faldoni di giustificazioni e di richieste “speciali” per il loro povero figliolo…
Se vuoi te ne racconto un paio, sperimentate personalmente quando ero vicepreside, da rotolarsi per terra dalle risate…Non vorrei che ti facessi male, però…
Non se ne parla mai, almeno a me non è mai capitato di leggere sui giornali o su internet qualcosa a riguardo, ma per la mia esperienza e quella di tanti miei amici, genitori e insegnanti, sono aumentati in modo spaventoso, i giorni di assenza “strategici” , e spesso anche le ore strategiche di assenza, coperti dai genitori.
Questa possibilità, insieme ad altre coperture simili, trasforma gli studenti, fin dalle medie, in ragazzi che invece di interessarsi allo studio, si interessano soprattutto al modo di evitarlo il più possibile, con la complicità dei genitori. E, in fondo, anche con la complicità degli insegnanti, richiamati spesso dai dirigenti a non essere troppo severi, per non perdere alunni.
Mi è capitato pure più volte, mentre ero in attesa per colloqui con gli insegnanti dei miei figli, di vedere, durante la ricreazione o il cambio dell’ora, parecchi gruppetti di ragazzi che erano di posta presso vari professori per chiedere loro dei favori, tutti attinenti a rinvii di compiti e interrogazioni, con le scuse più improbabili.
Questo fenomeno ci sarà sempre stato, ma vedere questi giovani che hanno come loro principale preoccupazione di scantonare la fatica , è proprio brutto.
Torna la domanda : perché fare questa fatica , se niente ha senso ?
D’altra parte , quando ero al liceo, gli studenti eletti in consiglio d’istituto si preoccupavano con assillo del Guatemala, oggi si preoccupano di organizzare feste e tornei sportivi: qualcosa vorrà dire !
“D’altra parte , quando ero al liceo, gli studenti eletti in consiglio d’istituto si preoccupavano con assillo del Guatemala, oggi si preoccupano di organizzare feste e tornei sportivi: qualcosa vorrà dire!”
Giovanna, scusami, ma con quest’esempio non capisco se vuoi far intendere che gli studenti di oggi sono meno tonti di quelli di ieri o viceversa.
Sarà che io ho frequentato un istituto tecnico, ma più che al Guatemala, ai miei tempi i rappresentanti degli studenti trattavano argomenti più terra-terra (riscaldamento spento, aule fatiscenti, bagni indecenti ecc.).
In effetti, caro Giannino, anche io me lo chiedo ! Approfitto per correggere: ripensandoci meglio, non era il Guatemala, ma il Nicaragua.
E comunque, nella mia scuola eravamo quasi tutti molto dediti alla politica, sia a destra, che a sinistra, che al centro e di sicuro non ci era permesso ne’ da genitori ne’ da insegnanti di fare assenze strategiche come se piovesse. Ci si occupava pure della palestra fatiscente, ma i rappresentanti di classe e di istituto non avevano come unica missione quella di far evitare interrogazioni e organizzare feste in discoteca. Ti dirò’ di più’, ci piaceva persino studiare.
Anche agli allievi di Don Milani piaceva.
Con certi docenti, che considerano il loro mestiere una vocazione invece di un mezzo per sbarcare il lunario grazie ai calci nel sedere ottenuti con la tessera del partito, è più facile amare lo studio, e non servono le assenze strategiche.
Che non sia tutta colpa dei genitori?
Ad un bambino di prima media un simpatico professore ha dato nientemeno che “zero” perché il suo pur ben eseguito compito non era stato adeguatamente ricopiato in “bella”.
Al malcapitato bimbo che ha osato chiedere spiegazioni per un trattamento così incomprensibilmente drastico, il prof. ha risposto “ti ho voluto dare una lezione di vita”.
Al di là del fatto che impartire “lezioni di vita” non spetta ai professori ma ai genitori (in effetti per la legge sono essi a rispondere delle malefatte del pargolo, non i suoi insegnanti), direi che se gli intendimenti del prof. rimangono questi, gli conviene informarsi su come stipulare una bella polizza assicurativa e su dove reperire un avvocato molto in gamba.
Mercoledì: giorno libero settimanale. Vado lo stesso a scuola ma un po’ più tardi. Durante il tragitto scorgo, alle nove circa, un alunno assente e ritardatario cronico, allegramente e beatamente a spasso per la città. Arrivo a scuola e chiamo la mamma:
– “buongiorno, signora, la chiamo perché anche oggi suo figlio non è entrato a scuola”
– “sì lo so, è in camera sua perché è malato”
-“ma è sicura? ”
-“si, gli ho apena misurato la febbre e ce l’ha a 38″
-” ma signora, guardi che l’ho visto tre minuti fa, a spasso ai giardini”
…20 secondo circa di silenzio imbarazzato… e poi:
-“eh, si vede che è uscito e non me ne sono accorta”.
(per la cronaca: da casa dell’alunno ci vogliono almeno tre quarti d’ora di pullman per arrivare in città, e non ce n’è a tutte le ore…).
– “vabbè, buongiorno. E auguri”
-“buongiorno. Ma perché gli auguri?”
-“niente, lo capirà fra qualche anno”.
(Per dire che gli avvocati hanno una clientela variegata)
Ai tempi del liceo, quella che sarebbe diventata mia moglie abitava fuori città e, in qualche occasione, si faceva accompagnare a scuola in auto da quella che sarebbe diventata mia suocera.
In una di queste circostanze, a causa di un imprevisto (un incidente sulla statale) arrivò a scuola con un ritardo di cinque minuti e, sulla scalinata di accesso all’istituto trovò la vicepreside impettita che col ditino alzato si mise a sciorinare alle malcapitate futura moglie e futura suocera una ramanzina in cui ella asseriva che, quando si trattava di andare a scuola in orario, si dovevano prevedere pure gli imprevisti.
Nel bel mezzo della concione ecco arrivare, tranquilla e beata, una compagna di classe della mia allora futura consorte, allora abitante a poche decine di metri dalla scuola e, nonostante ciò, sistematicamente in ritardo.
Vedendo che essa veniva ignorata dalla vicepreside, la mia futura suocera (l’ingenua!) osa domandare, alludendo alla suddetta signorina: “E lei, allora?”
La vicepreside a questo punto bofonchiò qualcosa sull’educazione e la mia futura moglie, rimasta in rassegnato silenzio fino a quel momento tagliò corto:
“l’educazione, grazie al Cielo, me la insegnano i miei genitori, e lei mi sta solo facendo perdere tempo”.
A questo punto uno si domanda: ma perché la compagna di classe ritardataria cronica veniva ignorata dalla vicepreside petulante a corrente alternata?
si diverta il lettore a scegliere tra le seguenti ipotesi:
1) la signorina soffriva notoriamente di una rara patologia invalidante che la rendeva indifferente al suono della sveglia
2) la signorina era figlia di un boss mafioso col vezzo di sciogliere nell’acido i professori maldisposti verso costei
3) la signorina era la figlia di un insegnante collega e accidentalmente “ganzo” della vicepreside.
Mi si scusi la grammatica, ma ho potuto frequentare solo scuole statali.
Poverino Gianninooo! quante sofferenze hai dovuto patire!
RIDICOLO
Da’ retta “Giulia”, le “sofferenze” che ho patito io son ben poca cosa di fronte alla croce che devi portare te.
Lascia perdere la grammatica, Gianni’, qui si discute una cosa semplicissima: se gli alunni debbano entrare in orario (fatti salvi ovviamente i casi di forza maggiore) e se il preside (o chi per lui) debba far rispettare gli orari.
In un paese normale la questione è di una ovvietà disarmante. E, sempre in un paese normale, i genitori dovrebbero capire che si tratta di una questione anche educativa di rispetto delle regole e delle persone.
Gli esempi che hai citato (del professore “che mette zero” o della vicepreside lassista nei confronti dell’alunna “figlia del ganzo”) c’entrano assai poco. Anche perché se ne potrebbero citare a iosa di analoghi in tutti i settori lavorativi, nessuno escluso.
Non mi fraintendere Sebastiano, il preside ha perfettamente ragione e francamente anche a precisarlo mi vien da piangere.
Io ho voluto fare solo un po’ di par condicio con gli aneddoti.
Della serie: chi è senza peccato…
Io la vedo più come un “Della serie: un colpo al cerchio e uno alla botte”…mah…
Cerchio, botte e damigiana, visto che la responsabilità è di tutti.
Quello che è successo a tua moglie succede regolarmente ai miei due figli. Prendono l’autobus alle 7. All’arrivo in città la fermata è distante dalla scuola per cui lungo tratto a piedi. Se alla prima ora c’è la prof di italiano e quella di matematica (4 giorni su 6) ed arrivano anche con un minuto di ritardo (e non è una esagerazione) gran cazziatone con minaccia di voto in educazione.
L’ altro lato della medaglia:
la mia figlia più piccola, scuola media, ha il compagno che durante la lezione legge in bella mostra un rivista di motori . La prof chiede :
“Che stai facendo?”
Risposta del pargolo: “Non lo vedi? …sto leggendo.”
Prof: “posa la rivista”
Risposta: “Mi sento male… chiamate mia madre”
Il bidello chiama la madre che all’arrivo aggredisce la professoressa , colpevole assieme all’istituzione scolastica, di “aver rovinato” (testuale) il suo figliolo.
A mio parere la funzione di professori non è inferiore per inportanza sociale a quella dei medici o di altre categrie. Li pagherei di più , ma pretenderei una selezione e un monitoraggio, più attento. Ma su come farlo, e considerando il rischio dei selezionatori arcobalenati, non ne ho la più pallida idea.
non a caso ho scritto “almeno questa volta” … era una speranza che sapevo già essere vana 🙁