
La nostra canzone per Mosul. Intervista a Francesco Lorenzi (The Sun)

Giovedì 18 giugno è stato pubblicato il nuovo album della band The Sun dal titolo Cuore aperto, che darà inizio al “Cuore Aperto Tour 2015”. Ne abbiamo parlato con Francesco Lorenzi, cantante del gruppo.
Da dove nasce il vostro nuovo album Cuore Aperto? Qual è il messaggio che volete comunicare?
L’album Cuore Aperto vuole comunicare un modo più vero di vivere e di essere umani insieme ad alcuni valori, primo fra tutti quello dell’amore, che vogliamo comunicare anche ai giovani di oggi.
Nel suo blog, nell’intervento intitolato: “Le case di Mosul” dice che «non bisogna essere complici di questo silenzio che uccide». Cosa significa? Perché questo vostro interesse per le persecuzioni in Medio Oriente?
Il fatto che non si parli molto di alcuni avvenimenti non significa che non esistono. Penso che oggi si dia troppo spazio al superfluo, anche nel mondo della musica, ma io credo nella sostanza di certi valori che sono alla base della vita. Oggi vedo una umanità che si è dimenticata della sua natura più alta, il mio scopo è ricordarla, rendere le persone più consapevoli. La canzone: “Le case di Mosul” nasce principalmente dalla storia del professore Mahmoud Al’Asali, docente di legge al dipartimento di pedagogia della università di Mosul. Fu assassinato da alcuni islamisti del califfato semplicemente per avere difeso i diritti dei cristiani e altre minoranze religiose presenti nel suo territorio. Attraverso la sua storia di vita possiamo interrogarci anche su noi stessi, con le nostre canzoni vogliamo utilizzare la musica in modo emozionale ma anche concreto come uno spunto di riflessione. «Il problema non sta nell’Islam, ma nella mancanza di educazione all’Amore, alla verità, al rispetto, alla pacifica convivenza e all’empatia, di generazione in generazione, di epoca in epoca».
Nella canzone “Le case di Mosul” che apre l’album alle domande «dov’è l’amore? La compassione? La verità? La distinzione tra il Bene e il Male?» viene detto: «Nessuno risponde. Ma io credo in Te». Cosa vuol dire concretamente per lei questa frase?
Queste domande molto profonde oggi non se le pone più nessuno, la gente è indifferente e appunto “nessuno risponde”. Noto invece come, in contesti più estremi e difficili, c’era la necessità e l’urgenza di trovare una risposta. Tutto questo emerge bene dai racconti del libro La guerra dei nostri nonni di Aldo Cazzullo e dai dialoghi con i miei nonni. La canzone “Le case di Mosul” nasce anche dalle loro testimonianze. La frase finale «ma io credo in te» ha molti significati. Anche se nessuno risponde c’è una fiducia, un’energia e una speranza innanzitutto nell’uomo che può trovare una risposta. Per me il fatto più grande è che, di fronte alle problematiche, noi ci siamo, l’uomo c’è e può fare una parte, l’altra parte la compie Dio. La vita stessa ci dona esperienze incredibili e, il fatto stesso che ci capitino, è una cosa grandissima. Spesso incontro persone inermi, indifferenti e senza speranza. Noi abbiamo una responsabilità nei confronti di queste persone.
Nella canzone “Non ho paura” descrive un cambiamento avvenuto nella sua vita. Potrebbe brevemente raccontarlo anche a noi?
Tutto è successo in un momento particolare della mia vita: avevo realizzato tutti i miei sogni ma nonostante questo non ero felice. Vivevo un momento di crisi a cui non sapevo dare risposta. Fortunatamente, grazie a una proposta di mia madre, sono andato a un incontro di catechesi nella mia parrocchia nonostante non fossi più credente da tempo; ho deciso di fidarmi. Lì ho incontrato persone che mi hanno dato spunti e raccontato esperienze di vita autentica, erano semplici, entusiaste e sincere. Ho visto un ambiente diverso che ho sempre cercato e desiderato di amicizia e libertà, il loro incontro fu indispensabile per il mio cambiamento.
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