«Viva i cani, abbasso la cacca». Ecco il programma di Veltroni per l’Italia

È duro rientrare a Roma dopo aver trascorso le vacanze in località in cui è difficile scovare un pezzetto di carta per terra; in cui non esistono cestini per strada perché la spazzatura si raccoglie a casa e i turisti se la debbono portare via se non hanno un luogo (albergo o affittacamere) dove depositarla; in cui sulle strade carrozzabili si incontra spesso un signore che spazza con la scopa i bordi, casomai ci fosse una foglia secca di troppo. Che tristezza tornare a Roma, la lercia. L’anno scorso decidemmo con mia moglie che la soluzione più indolore era rientrare in città a testa alta. Ma, si badi bene, non in senso morale, ma in senso strettamente fisico. Guardando verso l’alto, o al massimo diritto davanti a te, vedi splendidi monumenti, bellissime chiese, cupole e campanili, l’inconfondibile colore dei pini che si assortisce perfettamente con quello delle rovine antiche. Insomma, Roma è una splendida città, non c’è che dire. Basta non guardare in basso. Però questo si può fare tutt’al più in automobile. A piedi, prima o poi bisogna guardare per terra, altrimenti si fa la fine di Talete. La leggenda dice che cadde in una buca perché camminava osservando il cielo. A Roma si è certi di finire più prosaicamente su una cacca di cane, magari dentro una buca.
Un paio di anni fa il “formidabile” sindaco di Roma Walter Veltroni decise di lanciare una campagna contro lo scempio che affligge i marciapiedi di Roma e lo fece dando una testimonianza del suo stile inconfondibile: fece affiggere sui muri della città un manifesto con la scritta “Viva i cani, abbasso la cacca”. È facile immaginare il successo di questa (non gratuita) iniziativa: neanche i più accaniti coprofili osarono uscire allo scoperto con dei cartelli inneggianti alla cacca. Però, cosa strana, i marciapiedi rimasero come prima. Quanto alle multe, neanche a parlarne! Veltroni “risolve” tutto con il consenso. Perché, come ha spiegato la sua ammiratrice Dacia Maraini, se non funziona il metodo del consenso, vuol dire che non c’è niente da fare. Insomma, se i padroni dei cani non si rassegnano ad essere civili, rassegnatevi a nuotare nella merda.
Dicevo che tornando a Roma dalle vacanze è bene guardare davanti o in alto. Ma senza esagerare. L’ideale è essere miopi e non mettere gli occhiali per percepire la fantastica geometria delle forme architettoniche sul cielo o le macchie di colore dei parchi senza guardare troppo i dettagli. Altrimenti, si rischia di vedere un signore che esce con una busta di plastica da un cespuglio: là dietro c’è un “villaggio” abusivo, con tanto di bagno all’aperto. D’altra parte, senza occhiali rischiate di farvi scippare da qualche turba di zingarelle o di incespicare sulle migliaia di tappeti o di bancarelle di fortuna che vendono di tutto, senza pagare le tasse naturalmente: il che è giusto, visto che i commercianti sono evasori fiscali.
Il centro ridotto a una movida ininterrotta in cui il diritto al sonno è definitivamente abolito, a un tappeto di spazzatura e bottiglie entro una nuvola di cattivi odori. Luoghi splendidi come Piazza Navona o Piazza di Spagna ridotti peggio di un suq, perché i suq sono luoghi di confusione ma ben organizzati al confronto. Feste, balli, urla, bottiglie spaccate, partite di pallone in piazza, cinema all’aperto dovunque anche all’università (dove poi si rubano i computer nelle facoltà), il tutto contrabbandato come cultura. A questo è ridotta la città eterna. Se questo è il modello con cui si intende rimettere in sesto il paese, stiamo freschi. Non basterà guardare in alto. Ci vorrà un pallone aerostatico.

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