
Turchia, elezioni: violenze per l’annullamento della candidatura di 12 curdi
Potrebbe finire molto male la campagna elettorale per le elezioni politiche previste per il prossimo 12 giugno in Turchia: la Commissione elettorale ha squalificato 12 candidati di etnia curda dalle liste, e violenti incidenti con scontri fra manifestanti e polizia e danneggiamenti a proprietà private e pubbliche sono seguiti a Istanbul, Diyarbakir, Van, nella provincia di Mersin e nei distretti di Şırnak’s e Cizre.
Particolarmente colpiti dal provvedimento i candidati del Bdp, Partito della Pace e della Democrazia che nel Parlamento uscente poteva contare su 22 deputati, tutti eletti come indipendenti in altre liste. La legge turca prevede uno sbarramento del 10 per cento – il più alto d’Europa – per un partito che voglia portare deputati in Parlamento sotto le sue insegne, ed è universalmente noto che una soglia così alta è stata escogitata proprio per cercare di impedire la presenza formale di un partito curdo all’interno delle istituzioni. Il Bdp aveva in passato aggirato l’ostacolo presentando i suoi candidati nelle liste di altri partiti, e poi riunendoli nel gruppo parlamentare degli indipendenti una volta eletti.
La mutilazione decisa dalla Commissione elettorale rischia di ridurre gli eletti del Bdp a poco più di una decina (in luogo della trentina che il partito era convinto di poter ottenere dal prossimo responso delle urne), che non potrebbero costituire un gruppo con gli altri pochi indipendenti, né tanto meno dominarlo come accaduto nella legislatura che si sta concludendo.
Le ragioni addotte dalla commissione elettorale per le sue bocciature sono in parte di carattere tecnico, e in parte si rifanno a una norma che vieta la candidatura a chi ha subìto condanne giudiziarie. I curdi in questione sono stati giudicati per contiguità col Pkk, il movimento armato che negli anni Settanta e Ottanta ha sfidato il governo centrale con una guerriglia repressa al prezzo di 40 mila morti, e che ancora opera nel sud-est del paese con attentati che anche nel corso del 2010 hanno causato decine di morti, principalmente fra i militari stazionati nella regione. Altri gruppi curdi diversamente denominati hanno continuato a compiere attentati a Istanbul e in altre località non curde della Turchia. Fra gli esclusi l’ex deputata Leyla Zana, condannata nel 1994 a dieci anni di carcere come fiancheggiatrice del Pkk, ma nota soprattutto per aver pronunciato parte del proprio giuramento in lingua curda alla seduta d’apertura della legislatura nel 1991, quando era stata eletta al parlamento e l’uso della lingua curda in assemblee pubbliche era ancora vietata. Nel 1995 il Parlamento europeo l’aveva insignita del Premio Sakharov per la libertà di pensiero.
Il Bdp sta ora valutando la possibilità di boicottare le elezioni e ritirare tutti i suoi candidati. Ad avvantaggiarsene sarebbe soprattutto l’Ak, il Partito della Giustizia e dello sviluppo del premier Erdogan già pronosticato vincitore nei sondaggi. Il boicottaggio turco potrebbe però coincidere con un’escalation di violenze di piazze e di attentati terroristici che metterebbero alle corde la fragila democrazia turca. Il Partito repubblicano del popolo (Chp), principale forza d’opposizione, come soluzione di mediazione ha proposto che il Parlamento uscente approvi fulmineamente un provvedimento che abbassi la soglia per l’ingresso in Parlamento, permettendo così al Bdp di presentarsi apertamente e con altri candidati.
Quel che le forze politiche curde decideranno dipenderà anche dagli incontri che alcuni loro esponenti stanno avendo con Abdullah Öcalan, il leader supremo del Pkk arrestato nel 1999, che da allora sconta la pena dell’ergastolo nella prigione dell’isola di Imlari. I curdi rappresentano il 18 per cento della popolazione della Turchia e sono massicciamente presenti in tutte le grandi città del paese, oltre che maggioritari nel sud-est.
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