Per scaricare Saleh in Yemen gli Usa si comportano peggio di Wikileaks

Di Rodolfo Casadei
08 Aprile 2011
Contro il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh stanno uscendo diverse notizie dannose, in stile Wikileaks, segno che gli Stati Uniti lo vogliono scaricare. Come quella secondo cui le truppe di élites yemenite addestrate dagli americani per combattere i jihadisti sono state invece utilizzate per reprimere l'insurrezione di un clan tribale sciita

Che gli Stati Uniti abbiano deciso di scaricare il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh, fino a poche settimane fa presentato come il più prezioso alleato nella regione nella lotta ad Al Qaeda, si capisce dal flusso di notizie dannose per lui che gli americani stanno lasciando uscire, al di là di quanto Wikileaks aveva già rivelato.

Si è venuto così a sapere che gli Usa stavano per erogare un pacchetto di aiuti economici senza precedenti al regime quando sono esplose le proteste a febbraio. Doveva essere il premio a Saleh per aver permesso al Pentagono e alla Cia di condurre operazioni coperte contro Al Qaeda nella Penisola arabica in territorio yemenita a partire dal 2009, ma è stato congelato a causa della crisi tuttora in corso. In aggiunta ai 200 milioni di dollari destinati alla lotta al terrorismo, (erano stati 155 million nel 2010 e appena 4,6 nel 2006), il pacchetto doveva comprendere una cifra quasi identica per investimenti nello sviluppo e in spesa sociale, come da tempo richiesto da Saleh.

Il pacchetto doveva anche servire a farsi perdonare un attacco americano che nel 2010 aveva colpito degli inviati del governo yemenita anziché i terroristi e a incoraggiare Saleh ad essere più coerente coi suoi impegni. Nonostante la cooperazione americana, infatti, Al Qaeda nella Penisola Arabica può vantare il controllo di almeno l’80 per cento della provincia di Shebwa, corridoio chiave attraverso cui i suoi militanti hanno accesso al mare. Le truppe di élites yemenite addestrate dagli americani per combattere i jihadisti sono state invece utilizzate per reprimere l’insurrezione degli Houthi (un clan tribale sciita) nel nord del paese e oggi per difendere i centri di potere nella capitale Sana’a.

Mentre il presidente ha varie volte tentato di concludere un patto di reciproca non aggressione con Al Qaeda: a questo proposito l’evasione di 26 militanti dell’organizzazione da un carcere di massima sicurezza nel 2006 è sospettata di essere il frutto di un accordo sotterraneo. Nel 2009 Saleh, preoccupato dei gruppi secessionisti nel sud, dell’insurrezione Houthi e della crescente opposizione politica interna, avrebbe rinnovato la sua offerta di armistizio ad Al Qaeda, che l’avrebbe respinta non trovandola utile per sé.

Attualmente l’intelligence Usa è convinta che Al Qaeda stia sfruttando la situazione di stallo politico per consolidare le proprie posizioni e preparare attentati terroristici in Occidente simili a quelli falliti nel 2009. Per questo avrebbero deciso di impegnarsi direttamente nei negoziati ufficiosi per sostituire Saleh, da 32 anni al potere, con un consiglio di leader tribali ed esponenti della società civile che hanno animato le manifestazioni degli ultimi tre mesi.

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