
Bosetti: «Facciamo chiarezza: ecco perché il nucleare è sicuro, pulito ed economico»
«Se nel campo della tecnologia ci si fosse fermati al primo incidente oggi vivremmo ancora all’età della pietra. Non si può fare a meno del fuoco solo perché si ha paura degli incendi. Siamo circondati dalle centrali nucleari, siamo costretti a comprare energia, dobbiamo pagarla agli altri perché siamo completamente dipendenti dall’estero e, se ci fosse un disastro in uno di questi paesi, noi subiremmo tutti i danni senza averne i vantaggi».
Così si è espressa Margherita Hack al Tg5 del 20 marzo, 9 giorni dopo il tremendo disastro che si è abbattuto sul Giappone. Un terremoto di 8,9 gradi della scala Richter, una delle 10 scosse più forti che si siano mai registrate. Nonostante la violenza, gli edifici avevano retto. I primi dati parlavano di soli 2 morti e una manciata di feriti. Poi il terremoto ha provocato uno tsunami gigantesco, mostruoso, inarrestabile. Fukushima era una città di 290 mila abitanti con una centrale nucleare composta da 6 reattori. Oggi della città non resta nulla. Della centrale quasi.
Quattro dei sei reattori hanno subito gravi danni: gli impianti di raffreddamento si sono bloccati portando al surriscaldamento delle barre di combustibile. Nei giorni seguenti il mondo ha tremato, la paura di una nuova Chernobyl ha influenzato ogni fonte di informazione e ogni governo nazionale che adotta – o in procinto di adottare – il nucleare per il proprio fabbisogno energetico. «Quello che è successo in Giappone non ha nulla a che vedere con il disastro del 1986. Quello di Chernobyl è l’unico incidente nucleare di livello 7, quello di Fukushima è di livello 4/5». A ridimensionare l’accaduto è Silvio Bosetti, direttore generale della Fondazione Energy Lab. Naturalmente l’incidente rimane molto serio, ha spiegato a Tempi, ma bisogna fare in modo che si diano le giuste informazioni.
Ingegner Bosetti, ci può spiegare come sono classificati i reattori oggi esistenti e quelli che si vogliono costruire in Italia?
Esistono reattori di prima generazione, quelli costruiti tra il 1950 e il 1969. La seconda generazione è stata costruita tra il 1970 e il 1979. La terza generazione è quella del ventennio 1980-2000. Quelli che si vogliono costruire in Italia sono di III generazione avanzata. Nel mondo ci sono poche società che sono in grado di realizzarli: i francesi di Areva NP che realizzano reattori EPR (ad acqua pressurizzata); quelli americani di General Elettric; i russi della Rosatom che hanno appena presentato il loro modello. Nel mondo si stanno realizzando impianti di questo tipo. Hanno livelli di sicurezza intrinseca elevatissimi in grado di mettere al sicuro gli impianti in modo autonomo, senza bisogno dell’intervento degli impianti di raffreddamento. Per farvi capire, sostanzialmente è aumentato il numero delle componenti che garantiscono la sicurezza, dove prima c’era una valvola che serviva a bloccare i flussi, adesso ce ne sono quattro.
Un altro tema di dibattito è quello sui costi del nucleare. Molti studiosi affermano che le energie alternative stanno crescendo a ritmi imprevedibili e i loro costi si stanno progressivamente riducendo. Riesce a fare un po’ di chiarezza?
È vero, quello dei costi è un tema significativo e va affrontato seriamente. Il nucleare ha dei costi di investimento (di capitale) molto elevati mentre quelli di combustibile e di gestione sono molto inferiori rispetto alle centrali ad olio, gas o carbone. Il costo di produzione di energia con le centrali nucleari è di 45/60 euro a MW/h; col carbone il costo è pressapoco uguale e viaggia sui 50/60 euro; con olio e gas (influenzato dai costi molto più volatili) si sale verso i 60/70 euro. Il dibattito è legato a due fattori: da una parte bisogna considerare la durata degli impianti e quindi i tempi di ammortamento dell’impianto; dall’altra bisogna considerare i costi nascosti, cioè quelli di smantellamento a fine vita degli impianti, dello smaltimento delle scorie e quelli assicurativi (obbligatori, coprono in caso di incidenti). Soprattutto su questi ultimi tre costi c’è un forte dibattito. Però, nei costi che ho citato prima sul MW/h queste spese sono già incluse!
Qualche cifra?
Una caverna geologica per lo smaltimento dei rifiuti costa all’incirca 2 miliardi di euro (come quella che si sta realizzando in Finlandia), mentre una centrale da 1.500 MW di ultima generazione costa tra i quattro e i cinque miliardi di euro. I costi per lo smantellamento dell’impianto sono a carico del gestore che è obbligato per legge ad accantonare una certa somma di denaro che servirà per smantellare l’impianto o in gergo tecnico riportarlo a prato. Sul tema assicurativo sono anche in questo caso i gestori a pagare delle assicurazioni che coprono in caso di incidenti. Da ultimo, ma importantissimo, bisogna sapere che in Italia, come nel resto del mondo, la costruzione delle centrali è a carico dell’operatore. In questo momento da noi il candidato unico è Enel. Questo vuol dire che le bollette degli italiani non subiranno rincari. Gli incentivi concessi per le rinnovabili nel nucleare non sono previsti. Le energie rinnovabili che sono state finanziate in Italia coprono forse il 3 per cento del nostro fabbisogno e ci costano cinque miliardi di euro all’anno da qui fino al 2020. Mi vien da dire che con gli stessi sodi faremmo una centrale nucleare all’anno in grado di coprire il 15 per cento del nostro fabbisogno annuo.
Sta dicendo che le rinnovabili costano troppo per poterci puntare davvero?
Cerco di essere più chiaro possibile. Il fatto che i costi delle rinnovabili siano in diminuzione è un qualcosa di auspicato che oggi non accade ancora. Anzi, gli impianti che si stanno costruendo oggi saranno sovvenzionati per i prossimi 20 anni. È presumibile che gli impianti che andremo a costruire fra 6 anni costeranno meno perché la tecnologia migliora sempre, intanto, però, noi abbiamo già impegnato il nostro paese per i prossimi 20 anni. Ma attenzione, io non sono contro. La comunità europea ha già fatto la sua scelta, le rinnovabili sono una strada che si deve percorrere, però bisogna essere onesti e dire che da sole non sono in grado di coprire tutto il fabbisogno energetico che serve al nostro paese. E poi bisogna tenere presente che le rinnovabili funzionano a intermittenza, il fotovoltaico funziona 1.500 ore l’anno e l’eolico 2.200 mentre in un anno ci sono 8.760 ore! L’energia non è ancora accumulabile in modo adeguato. Sono sicuramente a favore di questi sistemi, ma per rispondere a piccoli bisogni, come quelli delle abitazioni. Per muovere un Frecciarossa, invece, servono almeno 4 Megawatt di potenza e l’energia proveniente dalle fonti alternative non può bastare. A meno che non si decida di tornare a muoversi con le biciclette.
Altre correnti sostengono che bisogna puntare sul risparmio energetico?
La commissione europea ha imposto che ogni paese riduca del 20 per cento i propri consumi attraverso iniziative di efficienza energetica, quindi questo più che un obiettivo è una linea a cui ogni paese deve adeguarsi. Detto questo, il fabbisogno dell’Italia è di circa 340 TeraW/h e al 2030 è ipotizzato che arrivi a 400 TeraW/h. Già oggi di quei 340 che utilizziamo il 20 per cento arriva da Francia, Svizzera e Slovenia (e molta di questa energia proviene dal nucleare), quindi l’Italia è già in deficit. Inoltre, molti degli impianti di gas e olio presenti nel nostro territorio nel 2030 saranno obsoleti e quindi andranno sostituiti. Tra 20 anni come faremo a produrre l’energia necessaria ai nostri figli? Un’energia naturalmente rispettosa dell’ambiente e allo stesso tempo sostenibile dalle tasche degli italiani. Fatta chiarezza su tutto questo, bisogna essere onesti e dire che il quadro governativo sul nucleare non è ancora definito. Hanno costituito l’agenzia ma non le sono stati dati i fondi, sono necessari dei regolamenti ma non sono ancora stati stabilite le norme sulla sicurezza.
Nel resto del mondo sembra che tutti vogliano fare dei passi indietro rispetto al nucleare, la Germania è stata la prima. E ora anche l’Italia ha deciso di fermarsi.
Va bene, fermiamoci pure a riflettere, ma non smettiamo di lavorare a questi progetti. Austriaci e italiani non hanno mai voluto il nucleare però intorno ai loro confini, a volte a meno di 50 km di distanza, ci sono centrali nucleari di altri paesi, quindi il fatto di non avere reattori non ci allontana da possibili pericoli. Infatti, il mondo dei cosiddetti movimenti ambientalisti è diviso, la metà di loro è arrivata a riconoscere che l’energia nucleare di III generazione avanzata è una grande possibilità per il futuro e tra i sui vantaggi c’è che non ha emissioni di Co2 e di combustione. Torno a ripetere che tra le percentuali di energia che compriamo all’estero quella che proviene dal nucleare è altissima. La Francia la produce a 25/30 euro al MW/h e la rivende a 60 euro.
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