
Chi mette in onda le rivolte
I sollevamenti popolari, che ultimamente hanno scosso il mondo arabo, hanno avuto due attori fondamentali: le emittenti satellitari Al Jazeera e Al Arabiya. Al Jazeera è stata lanciata nel 1996, rivoluzionando il settore del giornalismo in Medio Oriente. Per la prima volta, infatti, Al Jazeera ha rotto i tabù esistenti, trattando apertamente le problematiche sociali e politiche dei paesi arabi. Prima di allora, parlare di “notizie in tv” era un ossimoro: le varie emittenti di Stato trasmettevano soltanto immagini del governante con musiche celebrative. Per capire però la linea editoriale di questa emittente, come anche quella di Al Arabiya, è necessario analizzare i suoi contorni storici e geo-politici.
Al Jazeera, che ha sede a Doha, nasce per volontà dell’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al Thani, che dopo aver deposto il padre con un colpo di Stato, decide di investire 140 milioni di dollari per lanciare un emittente satellitare. La mossa rientra nel tatticismo dell’allora giovane sovrano per salvaguardare se stesso e la piccola appendice di terra che forma il suo emirato. Dopo il golpe contro il padre, infatti, tutto il mondo arabo, soprattutto l’Arabia Saudita, avrebbe voluto eliminarlo. Per contrastare questa minaccia, l’emiro mette in essere tre strategie. La prima, dopo che gli Stati Uniti erano stati mandati via dall’Arabia Saudita a causa della prima guerra del Golfo, è stata di offrire a Washington una base militare. In questo modo, gli Stati Uniti sono diventati garanti della sovranità del Qatar, che rischiava di essere risucchiato dalle potenze della regione. La seconda mossa è stata invece quella di proteggere la propria economia dalla competizione dei paesi vicini, formando delle partnership con grandi compagnie petrolifere americane come la Chevron. La terza strategia, infine, è stata quella di lanciare la rivoluzionaria Al Jazeera, come strumento mediatico da guerra fondamentalmente contro l’Arabia Saudita, al quale il lembo di terra del Qatar è attaccato e la cui frontiera è stata spesso minacciata. Al Jazeera può essere quindi considerata uno strumento governativo del Qatar e per questa stessa ragione nei programmi dell’emittente non sarà mai possibile trovare critiche contro il regime del paese.
Al Arabiya nasce invece nel 2003 come risposta agli attacchi di Al Jazeera. L’emittente ha sede a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, ma è di proprietà saudita. Nei primi anni, Al Arabiya si concentrava infatti a criticare la mancanza di diritti umani in Qatar e gli scandali sessuali della famiglia reale. Ma è stato forse nel 2006 con la guerra in Libano, che ha coinvolto Israele, che lo scontro tra le due emittenti è diventato più acceso. L’Arabia Saudita per anni è stata la protettrice del campo sunnita libanese e sostenitrice della rivoluzione dei cedri, seguita all’assassinio nel 2005 dell’ex primo ministro Rafik Hariri, amico di Ryadh. Il Qatar in tutta risposta si è schierato con i nemici dei sunniti in Libano ovvero: Hezbollah, Siria e Iran. Da un lato pertanto, durante la guerra, Al Jazeera difendeva e aizzava Hezbollah, mentre Al Arabiya attaccava e metteva in cattiva luce il movimento sciita, affermando che stava facendo pagare alla nazione libanese un prezzo troppo alto. Nel 2007, grazie a un “rapprochement” diplomatico tra Arabia Saudita e Qatar i toni tra i due paesi si sono abbassati, ma i campi di posizionamento sono rimasti sempre gli stessi.
Nelle ultime rivoluzioni in Nord Africa e negli scontri che si stanno protraendo in Medio Oriente, Al Jazeera ha giocato un ruolo molto più importante di Al Arabiya, che in alcuni casi ha mantenuto un profilo basso. Al Jazeera non appena sono iniziate le proteste in Tunisia, ha immediatamente fatto eco alle rivendicazioni del popolo tunisino, cercando anche di riprendersi una rivincita contro l’ex dittatore Ben Ali, che aveva fatto chiudere gli uffici dell’emittente, a seguito di un programma sulla mancanza di democrazia nel paese. Fu proprio Al Jazeera infatti, nel 2006, a causare anche la rottura dei rapporti diplomatici tra la Tunisia e il Qatar, ripresi poi a stento nel 2008.
Un’emittente contro l’altra
La forte presa di posizione di Al Jazeera contro Ben Ali e successivamente contro il presidente Hosni Mubarak va interpretata in due modi. In primo luogo, i due ex rais, per propri fini politici, avevano combattuto i movimenti islamisti, mentre Al Jazeera si è ritrovata a far da sponda proprio a vari gruppi fondamentalisti. Questo suo posizionamento nasce sempre dalla rivalità con l’Arabia Saudita. Negli anni, infatti, l’emittente ha dato voce a tutti i nemici di Riyadh, in particolar modo agli islamisti, incluse le figure leader di al Qaeda come Osama bin Laden e Ayman al Zawahiri, che vorrebbero la fine della famiglia reale saudita. Inoltre, il Qatar dando spazio ai movimenti islamisti ha voluto incrementare le proprie credenziali religiose vis à vis sempre con l’Arabia Saudita e anche l’Iran, le due maggiori autorità nel mondo islamico. Inoltre è importante osservare che i media arabi sono dominati da giornalisti egiziani, palestinesi e libanesi (nella stampa scritta anche sudanesi), nei cui servizi non è difficile vedere messa in risalto la linea editoriale appena definita.
Al Arabiya nel caso della Tunisia e dell’Egitto, paesi alleati dell’Arabia Saudita, si è mantenuta defilata, ma quando sono iniziate le rivolte contro il dittatore libico Muammar Gheddafi si è unita ad Al Jazeera nell’appoggio ai manifestanti. Riyadh ha infatti vari conti aperti con Gheddafi che aveva pianificato l’uccisione del sovrano saudita Abdullah din Abdelaziz, perché in un summit si era sentito da lui offeso. Il Qatar non ha avuto diatribe personali con la Libia, ma l’emittente cavalca adesso un sentimento generale nel mondo arabo contro Gheddafi, che vorrebbe vederlo cadere.
Il rais libico, infatti, non ha amici in Medio Oriente, dato che aveva persino cercato di uccidere il deceduto sovrano Hassan II del Marocco ed espulso lavoratori immigrati di paesi con i quali aveva accordi politici, tra questi palestinesi, tunisini e sudanesi, confiscando i loro beni e gettandoli come oggetti in pieno deserto alla frontiera con l’Egitto. La posizione contro Gheddafi è forse l’unica che accomuna le linee editoriali delle due emittenti. Ma forse ne hanno anche un’altra che li unisce ancora di più: quella di non criticare e soprattutto di non accennare a possibili rivolte nei governi che rappresentano, rispettivamente il Qatar e l’Arabia Saudita.
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