Parsi: «L’Italia deve intervenire contro Gheddafi. Saremo comunque colpiti»

Di Chiara Rizzo
18 Marzo 2011
Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali, spiega a Tempi.it perché l'Italia deve intervenire a fianco della comunità internazionale: «Se non lo facciamo, avremo due nemici: i ribelli di Bengasi e i paesi dell'Onu. Anche se Gheddafi non attaccherà le nostre basi come nel 1986, che vinca o meno, non farà più scambi economici con noi: ci rimettiamo in ogni caso»

Ieri l’Onu ha approvato la risoluzione 1973, che prevede l’uso della forza contro le forze di Muammar Gheddafi in Libia, per proteggere i civili. E’ stato anche deciso, con l’appoggio della Lega Araba, che verrà istituita una no-fly zone sui cieli della Libia. La Francia ha dichiarato che un’incursione potrebbe avvenire «nel giro di poche ore». Gheddafi, dopo aver promesso di «rendere infernale la vita» a chi attaccherà il suo paese, ha deciso di sospendere le offensive contro i ribelli. La situazione, però, resta incerta. Vittorio Emanuele Parsi, docente ordinario di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano spiega a Tempi.it le conseguenze che la risoluzione dell’Onu potrebbe avere per il nostro paese.

Cosa cambia per l’Italia con la risoluzione Onu 1973, tanto più che una delle basi americane, Sigonella, si trova in Sicilia?

Il nostro paese dovrà decidere cosa fare, cioè quale sarà il suo livello di partecipazione alla risoluzione, che così com’è lascia ai volonterosi l’onere della partecipazione. Visto che c’è già una mozione approvata dalla Lega araba che apre le porte alla no-fly zone, è auspicabile che l’Italia chieda esplicitamente alla Lega Araba di poter intervenire [per non essere accusata, poi, di essere una potenza neo-coloniale. La richiesta servirebbe da “garanzia”, ndr].

All’Italia conviene intervenire?

La vittoria di Gheddafi sarebbe la peggiore iattura per noi, perché dovremmo poi affrontare una sicura ritorsione: Gheddafi non sarebbe più “l’amichetto” ma diverebbe un guappo di cartone. Sarebbe un disastro per noi: se scegliessimo di mantenere una posizione defilata oggi, oltre allo sfregio della comunità internazionale, avremmo il disprezzo delle forze che da Bengasi hanno appoggiato la rivolta. Ci faremmo comunque due nemici, insomma. Mentre se mettessimo a disposizione delle basi, anche quelle navali, e le nostre forze aeree, con regole d’ingaggio che si possono concordare con la comunità internazionale, rendendo chiaro che non ci tiriamo indietro, per la prima volta non useremmo due pesi e due misure.

Quali saranno le reazioni di Gheddafi nei confronti dell’Italia?
A parte sbraitare, potrebbe cercare di colpire le nostre basi, come avvenne già nella famosa crisi del 1986 (quando la Libia lanciò due missili Scud contro l’isola di Lampedusa, ndr), per cui dovremmo alzare la guardia: ma questo dobbiamo farlo comunque. Qualsiasi cosa scegliessimo di fare oggi, intervenire con la comunità internazionale o meno, comunque subiremmo delle ritorsioni. Se infatti Gheddafi vincesse ci colpirebbe economicamente. È chiaro che per noi è molto costoso questo conflitto per gli affari che l’Italia ha intrecciato con la Libia, ma dobbiamo renderci conto che abbiamo già perso tutto quando è scoppiata la rivolta. Dobbiamo dare per scontato che tutto ciò che poteva esserci per noi a livello economico, con gli interscambi infrastrutturali che si stavano avviando con la Libia, non ci sarebbe comunque più anche se Gheddafi rimanesse al potere.

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