Le unioni civili passano l’esame del Senato. Ieri è stata votata la fiducia e il testo è passato con 173 sì e 71 no. Nel pomeriggio, il portavoce del comitato Difendiamo i nostri figli, Massimo Gandolfini, aveva parlato ai giornalisti ribadendo la propria completa contrarietà alla legge sulle unioni civili. «Il maxiemendamento su cui il governo si appresta a porre la fiducia – aveva detto Gandolfini – è frutto di una strategia antidemocratica e di una cultura menzognera. Il popolo del Family Day non si riconosce in esso e constata irritato che si è rimasti sordi alle sue richieste. Il maxiemendamento tradisce le richieste del Family Day perché, di fatto, introduce il matrimonio gay in Italia».
Di seguito pubblichiamo il testo dell’intervento in aula del senatore Maurizio Sacconi (Ncd) che, così come alcuni suoi colleghi di partito, tra cui Roberto Formigoni che l’aveva preannunciato a tempi.it, non ha votato la fiducia, e così l’ha motivata:
Prendo la parola per annunciare, in aperto dissenso con il gruppo di appartenenza, che con altri colleghi non voterò la fiducia per ragioni di metodo e di merito. Già le prime sono più che politiche in quanto nascono dalla più aperta violazione delle regole sostanziali del diritto parlamentare nel momento in cui, tra commissione e assemblea, è stato impedito l’esame analitico del provvedimento ed il voto di fiducia sottrae a molti la possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero formato su singoli contenuti normativi. Invito i colleghi della sinistra ad interrogarsi su ciò che essi stessi avrebbero fatto nel caso di una analoga forzatura parlamentare ad opera del Presidente Berlusconi. Esprimo un sincero rispetto per i colleghi del gruppo Cinque Stelle per avere anteposto ad un obiettivo perseguito con determinazione e convinzione un principio di democrazia parlamentare.
Le ragioni di merito traggono origine da un testo che mani esperte hanno redatto in funzione della giurisprudenza successiva al fine di agevolarne l’obiettivo di una rivoluzione antropologica attraverso l’accettazione della produzione, anche nelle forme più odiose, di bambini disancorata da un atto naturale d’amore, il riconoscimento della genitorialità omosessuale, la formazione della famiglia artificiale. Quel testo è figlio di minoranze ideologiche che i nuovi Ghibellini hanno qui assunto a loro riferimento nonostante il diverso avviso della parte maggioritaria della società, quale è stato evidenziato da tutte le rilevazioni campionarie. La mediazione realizzata tra i due partiti di governo sarebbe stata buona cosa se non fossero in gioco principi che possono essere salvaguardati solo nella loro interezza. Le correzioni non hanno potuto rovesciare un impianto costruito sulla sovrapposizione tra unioni e matrimoni in modo da offrire a qualunque giudice interno o europeo il presupposto per l’equiparazione delle prerogative a partire dall’accesso alle adozioni. Le unioni infatti si costituiscono attraverso un rito identico a quello del matrimonio, ne hanno le stesse cause impeditive, danno luogo al cognome comune, determinano la presunzione di comunione dei beni, consentono il comune indirizzo familiare – e sottolineo familiare -, inducono nel caso di eredità la quota di legittima oggi riservata al coniuge, oltre agli ascendenti e discendenti, beneficiano della pensione di reversibilità peraltro negata alle stabili convivenze eterosessuali con figli perché, appunto, non sposate. A nulla valgono quindi le timide barriere formali tra i due istituti perché, come recita un proverbio, se miagola come un gatto, non può che essere un gatto.
Questo voto mi spaventa per le implicazioni democratiche e antropologiche che ho descritto. Ma mi spaventa ancor più perché lacera una nazione già fragile violando principi largamente condivisi dal suo popolo. Per il Governo non è una responsabilità di poco conto. Questa non è tuttavia una resa al peggio. Come fu scritto su molti muri nella mia gioventù: «Non è che l’inizio, continua la lotta!».
Foto Ansa