Cosa pensare del caso di Tiziana Cantone, la ragazza di 31 anni che si è tolta la vita in seguito alla diffusione in rete di alcuni suoi filmati hard? Sui giornali si trova di tutto, anche se – a nostro parere – un discorso che si limiti a chiedere “regole per il web” è importante, ma non sufficiente.
È ovvio che ciascuno di noi rimane sgomento dopo un fatto del genere e i particolari di cronaca che in queste ore emergono aumentano la sensazione di disagio e sdegno. Che si trovino rimedi affinché tali tragici episodi possano essere limitati, è auspicabile. Ma, diciamolo senza infingimenti, tutti noi sappiamo che, anche una volta approvato il miglior regolamento per il galateo sul web, questo non basterà.
NASCONDIMENTO DEL BELLO. E dunque? E dunque ci pare interessante segnalare un articolo apparso oggi sul Giornale a firma dello psicologo Claudio Risè che ci pare non limitarsi al prontuario di “regole utili per orientarsi nella giungla della rete”, né fornire generici richiami al buon costume (prima di girare pagina, fino al prossimo episodio).
Di cosa parla Risè? Parla del pudore e di «quell’aspetto sottile, indispensabile dell’essere umano, al limite tra cultura e la sua base più profonda: l’istinto». Oggi dire “pudore” è dire una parolaccia. È pensare a qualcosa che riguardava i nostri nonni, non noi disinibiti moderni. Ma il pudore è qualcosa di “vecchio” e “antico”, e dunque superato, o è qualcosa di universale, di innato nell’uomo? Recuperando una definizione del filosofo Max Scheler, Risè scrive che il pudore è il «nascondimento del bello», necessario a preservarlo. «Un aspetto, che, come tutto l’istinto cui appartiene, condividiamo in parte con gli stessi animali, che si mostrano solo quando sentono che non corrono alcun pericolo, che l’altro non vuole fargli del male, sono in mani amiche».
TRAGICO ERRORE. Liberarsi del pudore come di un ferrovecchio è un «tragico errore, perché senza la consapevolezza della sacralità del nostro corpo (dopotutto il nostro patrimonio più sicuro e prezioso) è difficile sopravvivere, soprattutto in modo equilibrato. Senza il rispetto del corpo (che il bambino ancora avverte), diventiamo solo testa: miti, slogan, ideologie. Privi di equilibrio e di un territorio fisico e simbolico, personale, nel quale l’altro possa entrare solo se ammesso e profondamente desiderato. Soprattutto mai invitato ad entrare e rapinarci, sperando nella sua attenzione e benevolenza».
SENSO DI SÉ. Il pudore non l’hanno inventato i preti, è in tutte le «culture umane, anche le più semplici, seppure declinato in modi diversi. Certo non ha giovato al pudore l’interpretazione auto repressiva che ne hanno dato il sociologo cui si ispira il “politicamente corretto” (Norbert Elias), e la stessa psicoanalisi freudiana; entrambi d’altronde smentiti dall’antropologia. Adesso, anche per la spinta esibizionistica e invasiva che ormai ogni cellulare possiede, è però urgente riscoprire e valorizzare il sentimento del pudore, ed il mondo degli istinti profondi cui appartiene. Senza pudore non c’è il senso di sé e quindi neppure dell’altro. Si è separati dalla propria fonte di vita, dal proprio territorio affettivo e psicologico, disorientati. Chiusi nel proprio corpo, e si cerca di arrangiarsi con quello, scambiandolo. Ma è un massacro».
Foto da Shutterstock