Come hanno scritto ieri tutti gli organi di informazione online, il Tar del Lazio ha stabilito che né i prefetti né il ministero dell’Interno possono annullare i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero e registrati in Italia dai sindaci dei comuni di residenza, perché il compito spetta solo all’autorità giudiziaria.
LO SCONTRO. Il tribunale amministrativo ha dunque accolto il ricorso di alcune coppie omosessuali contro il decreto emesso il 31 ottobre dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro che disponeva l’annullamento della trascrizione delle loro nozze nell’apposito registro istituito dal sindaco Ignazio Marino con notevole fanfara mediatica. Il decreto di Pecoraro dava seguito alla circolare del ministro dell’Interno Angelino Alfano che invitava espressamente i rappresentanti del governo sul territorio a esigere dai sindaci la cancellazione di quegli atti compiuti extra legem. A quella circolare e ai conseguenti interventi dei prefetti, i sindaci – Marino e Pisapia a Milano in testa – hanno risposto scatenando un violento scontro fra poteri dello Stato che adesso è giunto a una (non) soluzione.
LA SENTENZA. Se è vero infatti – come ha scritto il Segretariato generale della giustizia amministrativa nella nota in cui si riportano le motivazioni della sentenza del Tar del Lazio – che «l’annullamento di trascrizioni nel registro dello stato civile di matrimoni contratti da persone dello stesso sesso, celebrati all’estero, può essere disposto solo dall’Autorità giudiziaria ordinaria», e che quindi «il ministero dell’Interno e le prefetture non hanno il potere di intervenire direttamente annullando le trascrizioni», è vero anche che, osserva Avvenire citando sempre lo stesso comunicato, «nel decidere tali controversie, il giudice amministrativo ha eseguito una ricognizione della normativa comunitaria e nazionale e della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, giungendo ad affermare che l’attuale disciplina nazionale non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e, conseguentemente, matrimoni del genere non sono trascrivibili».
A CHI TOCCA INTERVENIRE? Proprio così. È illegale trascrivere i matrimoni fra persone dello stesso sesso ma il governo non può far rispettare la legge. È il «paradosso da giustizia “all’italiana”» descritto da Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare e vicepresidente della commissione Affari sociali della Camera, nella sua dichiarazione in merito al verdetto del tribunale: «I matrimoni omosessuali trascritti dal sindaco Marino sono, secondo il Tar, assolutamente illegali, visto che nel nostro paese non esiste una legge che riconosca le nozze tra persone dello stesso sesso. Il Prefetto però, che è intervenuto per far rispettare la legge, sempre secondo il Tar, non può annullare l’atto del sindaco. Chi farà quindi rispettare la legge? Perché rimanere impantanati o cercare soluzioni macchinose quando è evidente, secondo lo stesso tribunale, che la trascrizione è illegale?».
QUEL VECCHIO RETROSCENA. Parte della risposta alla domanda di Eugenia Roccella, forse, si può desumere andando a rileggere il curioso retroscena ricostruito da Repubblica addirittura prima che il prefetto Pecoraro rovinasse lo show di Marino. Pare – secondo Repubblica – che i magistrati della procura di Roma sapessero fin dall’inizio che sarebbe toccata a loro, e a loro soltanto, la facoltà di sollevare la questione presso il tribunale civile. Pare che ne avessero parlato chiaramente con il prefetto medesimo, e pare pure che gli avessero comunicato di non avere «alcuna intenzione» di muoversi contro l’illecita registrazione. Insomma, ricapitolando: secondo il Tar trascrivere i matrimoni gay contratti all’estero è illegale, ma non tocca al governo far rispettare la legge, perché solo la giustizia ordinaria ne ha facoltà; peccato però che la giustizia ordinaria, almeno a Roma, non sembra intenzionata a intervenire.
INTANTO ALL’ONU… Nel frattempo, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, il governo Renzi si sarebbe impegnato davanti all’Onu a fare passi concreti per adottare «le leggi necessarie a dare seguito all’annuncio del premier Renzi sul riconoscimento delle unioni same-sex» e a «riconoscere legalmente il matrimonio e la civil partnership tra persone dello stesso sesso». Si tratterebbe dei contenuti di un documento che sarà presentato questo mese dall’Italia nell’ambito dello Universal Periodic Review delle Nazioni Unite sul rispetto dei diritti umani nel nostro paese. Roma, sempre secondo l’Ansa, avrebbe insomma accettato di seguire le raccomandazioni rivolte all’Italia dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu nell’ottobre scorso, su sollecitazione particolare dell’Olanda, del Regno Unito e dell’Irlanda del Nord, ansiosi di vedere assicurati anche nel nostro paese «eguali diritti alle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender».