L’autore di questo articolo è presidente del Forum delle associazioni familiari.
Pur di arrivare rapidamente ad approvare la legge contro l’omofobia, la Commissione Giustizia del Senato potrebbe arrivare addirittura a riunirsi di notte e durante le festività natalizie.
Le ragioni di questa fretta non le conosce nessuno. Di certo il Parlamento avrebbe da occuparsi con la medesima lena di ben altre questioni veramente urgenti e che riguardano l’intera società invece di dedicarsi, giorno e notte, a temi che nella migliore delle ipotesi sono divisivi.
Forse quello che spaventa e che si vuole evitare è il confronto aperto e sereno. Del resto i segni di una vera e propria caccia alle streghe si vedono tutti. L’alterità rispetto al politically correct non è consentita né a livello politico, né a livello culturale e tantomeno a livello sociale. L’estromissione di Giancarlo Cerrelli dal dibattito sull’omofobia a Domenica In la dice lunga. Le aggressioni ai tanti dibattiti (dibattiti, quindi forme esemplari di democrazia partecipata) a cominciare da Casale Monferrato e Modena e finire in piazza Montecitorio, sono segnali ancora più espliciti. Atti da teppistelli, si dirà. Forse.
Di certo i linciaggi mediatici di chi osa uscire dal coro non servono a placare gli animi. Lo sa bene Guido Barilla, reo di aver spiegato che la sua azienda ha optato per una comunicazione diretta alle famiglie tradizionali (cioè almeno al 95 per cento degli italiani ed anche questo commercialmente conta). Ma, a quanto pare, un imprenditore non è più libero di scegliere come spendere i propri soldi nelle strategie commerciali più idonee pena un’aggressione virulenta e continuata.
Il cattivo esempio arriva dai palazzi della politica dove ora si progetta di lavorare giorno e notte, ma dove, nei mesi estivi, si è perfino arrivati alla sospensione della democrazia parlamentare quando la presidente della Commissione Giustizia della Camera, Ferranti, ha impedito lo svolgimento di un dibattito aperto anche alla società civile con l’illustrazione di posizioni diverse dalle quelle della comunità Lgbt.
Procedure insolite, inaugurate dall’allora ministro Fornero che ha varato alla chetichella una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, con l’adozione di un piano pluriennale dettato dalle associazioni gay senza alcun dibattito pubblico e senza confronto con altre realtà associative.
In queste condizioni le famiglie italiane chiedono una legge che le protegga dall’omofollia.
Siamo profondamente convinti che sia davvero necessario uno sforzo dell’intera società per combattere qualsiasi tipo di discriminazione e di violenza. Ma quante volte dobbiamo ripeterlo? Di sicuro ripeteremo sempre che ciò non può avvenire a scapito della libertà di espressione della maggioranza dei cittadini, diritto costituzionalmente garantito. Né deve essere utilizzata una legge già molto controversa, la Reale-Mancino, per estendere una tutela privilegiata alle persone omosessuali: per combattere la discriminazione non si deve discriminare altri.
Allora, perché torni la legalità, l’eguaglianza e soprattutto la ragionevolezza, rivolgiamo un appello ai senatori affinché il dibattito sul tema dell’omofobia non sia trattato a porte chiuse e con il favore delle tenebre ma venga affrontato nel confronto delle diverse posizioni, senza ideologia e senza strappi. Non ci sembra proprio di chiedere troppo…