Donald Trump ha autorizzato la realizzazione di due grandi oleodotti: il Dakota Access, contestato perché attraversa le terre sacre dei Sioux, è un progetto da 3,8 miliardi di dollari della Energy Transfer Partners. Il Keystone XL è il serpentone progettato dal consorzio Transcanada per trasportare 800 mila barili di petrolio al giorno dal Canada alle raffinerie di Texas e Louisiana.
«LA NOSTRA CREDIBILITÀ». Soprattutto quest’ultimo progetto era stato bloccato da Barack Obama perché ritenuto troppo inquinante. Nello specifico, John Kerry disse nel 2015: «Portarlo avanti minerebbe la nostra credibilità come guida nella lotta al cambiamento climatico». E giù applausi dai verdi di tutto il mondo, che hanno invece aspramente criticato Trump per la sua insensibilità sul tema.
Se il neo-presidente può sicuramente essere accusato di sordità a ogni richiesta ambientalista, sono ingiustificati gli osanna a Obama come protettore del Pianeta. Al di là dei suoi magnifici discorsi sulla necessità di combattere inquinamento e cambiamenti climatici, l’amministrazione democratica non ha fatto molto per Madre Terra. Al contrario ha un piccolo, anzi enorme e soprattutto sporchissimo, segreto.
70 PROGETTI INQUINANTI. «Il cambiamento climatico è un dato di fatto. E quando i figli dei nostri figli ci guarderanno negli occhi e chiederanno se abbiamo fatto tutto il possibile per lasciare loro un mondo più sicuro, più stabile e con nuove fonti di energia, dobbiamo essere in grado di dire di sì, lo abbiamo fatto». Quando Obama, nel gennaio del 2014, pronunciò queste commoventi ed efficaci parole nel discorso sullo Stato dell’Unione, un’agenzia interna alla sua amministrazione aveva già finanziato con 34 miliardi di dollari oltre 70 progetti tra i più inquinanti al mondo.
È questo il risultato di un’inchiesta condotta dal Guardian e dall’University’s Graduate School of Journalism’s Energy & Environmental Reporting Project. Dal 2009 la US Export-Import Bank ha concesso prestiti a tassi risibili a imprese e governi stranieri «per costruire, espandere e promuovere progetti a base di combustibili fossili all’estero». I finanziamenti sono il triplo di quelli concessi durante la presidenza di George W. Bush e il doppio di quelli approvati durante i governi di Reagan, Bush padre e Bill Clinton messi assieme.
164 MILA METRI CUBI DI CO2. L’obiettivo, secondo il Guardian, era aiutare l’America a «uscire dalla crisi» finanziaria. Secondo l’inchiesta, quando questi progetti saranno terminati e pienamente funzionanti, rilasceranno nell’atmosfera la bellezza di 164 mila metri cubi di Co2 all’anno. L’impatto sull’inquinamento sarà in realtà certamente superiore di quello stimato, visto che tra le decine di migliaia di transazioni bancarie spulciate dal giornale, e rese pubbliche grazie al Freedom of Information Act, ce ne sono 600 molto ingenti che non riportano il progetto finanziato.
CENTRALI A CARBONE PIÙ GRANDI DEL MONDO. Tra le opere che saranno costruite grazie ai soldi stanziati dall’amministrazione Obama ci sono anche le due centrali a carbone più grandi del mondo: la Eskom’s Kusile del Sud Africa e la Reliance Energy’s Sasan dell’India. Queste, da sole, emetteranno 56 milioni di tonnellate di Co2 all’anno. Per dare una prospettiva a queste cifre, una centrale a carbone americana produce in media 3,5 milioni di tonnellate di Co2 all’anno.
EREDITÀ AMBIENTALE INQUINATA. Il risultato di questi investimenti è paradossale. Obama, infatti, per ridurre l’inquinamento degli Stati Uniti ha approvato il contestatissimo Clean Power Plan, per tagliarle le emissioni del 30 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Se fosse rispettato a partire da quest’anno, cosa improbabile al momento visto che moltissimi Stati si sono opposti per via legale, nei prossimi 15 anni ridurrebbe le emissioni Usa di circa 2,5 miliardi di tonnellate. Un ottimo risultato, che però è esattamente ciò che produrranno negli stessi 15 anni i progetti finanziati dalla sua amministrazione. Resta lo «storico» accordo di Parigi, che però non è stato ancora implementato, né dagli Stati Uniti, né dalla Cina. Alla prova dei fatti, Obama è stato un presidente più grey che green e la sua eredità ambientale è molto più inquinata di quanto si creda.
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