Che mondo sarebbe senza Tim Burton? Se l’è chiesto anche l’International Herald Tribune, che ha dedicato due pagine al regista americano, famoso per le ambientazioni oscure e gotiche dei suoi film. Dave Itzkoff è andato a trovarlo nella sua casa a nord di Londra, “una residenza vittoriana che una volta apparteneva all’illustratore di libri per bambini, Arthur Rackham”. Un posto in cui le atmosfere burtoniane si respirano tutte, tra ritratti di Boris Karloff e Christopher Lee, bambole assassine e modelli di guerrieri scheletrici e dove intervistatore e intervistato danno vita a una conversazione fuori dal comune (ma non potrebbe essere altrimenti). L’occasione è data dall’uscita del suo prossimo film, Frankenweenie, realizzato in stop-motion e 3D, in arrivo negli States il 5 ottobre e in Italia il 13 gennaio 2013 (fine del mondo permettendo).
FRANKENWEENIE. Il film nasce da un cortometraggio che lo stesso Burton realizzò nel 1984 e racconta del piccolo Victor e del suo inseparabile cagnolino Sparky. «Quanto della sua infanzia si cela dietro l’isolamento di Victor?» – gli chiede Itzkoff. «Mi sentivo come un reietto. Ma allo stesso tempo, mi sentivo più o meno normale. Penso che un sacco di ragazzi si sentano soli e isolati nel loro mondo. Non credo che le mie sensazioni fossero uniche. Ci si può sedere in un’aula a scuola e sentirsi come se nessuno ti capisse, come Vincent Price in La caduta della casa degli Usher (racconto di Edgar Allan Poe, ndr). Credo che molti bambini si sentano spesso come Vincent. Io invece mi sentivo più tormentato durante l’adolescenza. Ecco da dove nasce Edward mani di forbice. Probabilmente ero clinicamente depresso e non lo sapevo». Burton racconta anche della sua non passione per lo sport («ci provai da piccolo, ma lo trovavo molto frustrante»), e del suo amore per il disegno che gli piacque da subito.
BURTON E JOHNNY DEPP. Quando si parla di Tim Burton la mente corre veloce ai suoi due attori feticcio, Johnny Depp e la compagna Helena Bonham Carter. Di Depp, conosciuto per la prima volta in occasione di Edward mani di forbice, Burton dice: «Si trattava di un ragazzo che veniva percepito come idolo delle teenager. Ma capii la sua levatura, come uomo e non come personaggio, mentre giravamo. Eravamo in Florida con un caldo pazzesco e non lui poteva usare le mani, indossava un vestito di pelle ed era coperto di trucco dalla testa ai piedi. Sono rimasto impressionato dalla sua forza e dalla sua resistenza. Sono sempre stato colpito dagli attori disposti a mascherarsi perché un sacco di star non vogliono coprire “lo strumento” […]. Nel lavoro tra me e Johnny c’è sempre stata una scorciatoia, perché lui è in grado di decifrare le mie divagazioni. Per me lui è più simile a un tipo di attore alla Karloff Boris, è un caratterista più che un protagonista. L’unica cosa che cambia nel nostro rapporto – e questa è una cosa a cui cerco di non prestare attenzione – è come il mondo ci percepisce. “Oh, sta lavorando con Johnny di nuovo?” “Oh, come mai non stai lavorando con lui, questa volta?”. Non si può vincere. Mi arrendo».
BURTON ED HELENA BONAM CARTER. Su Helena Bonham Carter, sua compagna e madre dei suoi due figli: «Quando l’ho conosciuta aveva già una carriera ben avviata. Lei è disposta a fare cose che non sono necessariamente glamour e io l’ammiro per questo. Per quanto riguarda Sweeney Todd era abbastanza agitato. Nessuno degli attori era anche un cantante, così ho fatto moltissimi provini e anche lei lo ha sostenuto. È stata una lotta». «Nei suoi ultimi due film l’ha cucinata e l’ha spedita sul fondo del mare» – «Lo so, ma è successo anche in altri film. La stanno bruciando viva ultimamente e io, anche in questo caso, ho impostato un’altra tendenza».
LE DELUSIONI. «Dark Shadows è stato ritenuto un fallimento ma non lo fu davvero. Non avrà sbancato il botteghino ma ha comunque incassato più di altre pellicole. Alice è stato stroncato dalla critica, eppure ha incassato più di un miliardo, credo. Ed Wood, al contrario, ha avuto una critica eccellente. E poi, lì fuori, tutto trova lo strano modo per equilibrarsi».
PERCHE’ FARE CINEMA. «La cosa che mi interessa di più è l’aver fatto qualcosa che ha avuto un impatto sui fan. La gente per strada con il tatuaggio “Nightmare”, le bambine che amano dire “Sweeney Todd”, o le persone che ad Halloween si vestono da La sposa cadavere o da Cappellaio Matto o Sally. Questa non è critica, non è box office. È quello che sei riuscito a trasmettere alle persone».