
La preghiera non è l’ultima parola, ma la prima

Caro direttore, volevo solo dirle che ho capito meglio la sua risposta alla mia lettera di qualche mese fa.
Dopo aver seguito la Consacrazione di Russia e Ucraìna al cuore di Maria, e in particolare aver visto quelle bellissime immagini dell’infermiera ucraìna Irina e della studentessa russa Albina, quello sguardo potentissimo che si sono scambiate mentre tenevano insieme la croce, ho pensato proprio che il cristianesimo sia ancora convincente. Non voglio essere provocatoria, veramente. Vede, non che la mia insofferenza, sofferenza e le mie domande che le facevo siano sparite, ma proprio per questo motivo e sentendomi impotente, in questi mesi ho letto con ancor più ragionevolezza e grandezza i gesti del Papa.
È per aver visto un legame profondo tra la fede e la ragione che a 14 anni avevo iniziato a seguire un gruppo di amici cristiani, e per questo stesso motivo che oggi, tra i miei mille tentennamenti e domande, mi viene da dire davanti ai gesti del Papa: «Che potenza il cristianesimo».
In questi mesi non ho visto persona più ragionevole di lui.
Tanto che, guardandolo, non si riesce non a pensare che la preghiera non sia l’unica cosa che rimane da fare, ma la prima. Come un gesto che serve ad aprire tutto il proprio orizzonte e non a chiuderlo.
Non voglio soffermarmi sulle polemiche antecedenti al gesto di ieri, ma veramente il Papa poteva fare di tutto: poteva scegliere una famiglia ucraìna, bambini ucraìni, infermieri ucraìni… insomma solo ucraìni. E nel silenzio pregare anche per i russi.
E, invece, non solo ha voluto sfidare la fede del proprio popolo, ma anche la ragione.
Per questo non mi ha convinto una lettera di padre Antonio Spadaro per spiegare il gesto di ieri. Sono d’accordissimo sul fatto che quello che è successo ieri sia stata una forza scandalosa, uno «scandalo», come dice lui, «una preghiera scandalosa». Nel dire però che non è un politico ma un pastore, ci ho trovato una sorta di giustificazione.
Trovo che un gesto simile avrebbe potuto e potrebbe farlo anche Biden, anche l’Europa, e ogni persona.
Non serve essere cristiani per riconoscere la potenza del gesto di ieri. Nel riconoscere la ragionevolezza dell’amicizia che viene prima di un conflitto. Ha messo due amiche insieme. Cosa c’è di così spirituale e irragionevole?
Scegliere di continuare ad amare un amico, di non creare altro odio, scegliere di non aizzare questa guerra, scegliere di non odiare i russi soltanto perché russi, scegliere di non semplificare i fatti, scegliere di rimanere cauti nel parlare di queste situazioni, ma soprattutto scegliere di aiutare a far finire la guerra, è una questione di ragione prima che di fede. È ciò che ci distingue dagli animali.
Ma questa sfida l’ha lanciata solo il Papa.
E allora è per questo che mi convince ancora di più la fede. Perché tratta la ragione forse meglio di uno scienziato. E quella croce che, riconosciuta e portata, rende se stessi e allontana da male.
Gloria Amicone
Foto Ansa
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