«Vi spiego come è nato in Lombardia il carrozzone Aria»
«Formigoni sta al governo attuale della Lombardia come Max Allegri sta alla Juve di oggi: sei passato da una situazione dove il gioco non piaceva a tutti, ma fioccavano i successi, a una dove ci si è concentrati sull’estetica del gioco, ma i risultati latitano! E allora guardi indietro con rimpianto». In Regione Lombardia dirigenti dell’era Formigoni ce ne sono ancora tanti, ma non ci tengono a esporsi sulla vicenda di Aria, l’Agenzia regionale per l’innovazione e gli acquisti finita sotto accusa per le sue inefficienze nell’organizzazione delle vaccinazioni contro il Covid. Solo uno accetta di parlare, ma con la garanzia dell’anonimato e senza entrare nel merito della vicenda delle mancate comunicazioni ai vaccinandi, «sulla quale non ho elementi specifici per pronunciarmi».
La fisionomia attuale di questa società regionale si è formata fra il 2018 e il 2020, quando prima sono state accorpate Arca (l’Azienda Regionale Centrale Acquisti) e Lombardia Informatica, poi ad esse è stata aggiunta pure Lombardia Infrastrutture, depotenziata dopo le inchieste giudiziarie del 2014. Le tre entità, che sotto Formigoni funzionavano alla grande, salvo poi inciampare in inchieste giudiziarie piuttosto sovradimensionate, messe insieme non hanno dato i risultati attesi: le vertenze con la giustizia si sono rarefatte, ma nello stesso tempo sono venute meno le eccellenze che in passato facevano gonfiare il petto ai lombardi. Dietro all’usbergo dell’anonimato, il nostro dirigente non modera i termini: «Quando sull’onda del populismo metti insieme tutto in nome del risparmio, il risultato è che crei un carrozzone dove la specificità dei servizi e le professionalità vanno a ramengo. La grande società unica che si mette a fare di tutto è un’assurdità, quando si pretende di crearla artificiosamente non si riesce più ad attirare o a trattenere le professionalità che sono necessarie a organizzare al meglio i diversi servizi».
Ma di chi è la colpa principalmente? Dei politici, della Corte dei Conti regionale che ha incoraggiato le fusioni, o delle inchieste giudiziarie che hanno buttato via il bambino con l’acqua sporca?
Sicuramente siamo davanti a un insieme di cause. Dopo le inchieste che hanno colpito i suoi uomini migliori, gente che aveva fatto veramente qualcosa di importante, da Lombardia Infrastrutture le professionalità più qualificate rimaste se ne sono andate, e sono rimasti i quadri amministrativi e i burocrati. È vero che la Corte dei Conti regionale è intervenuta affermando che i compiti di Lombardia Informatica e di Arca si accavallavano e quindi creavano costi non necessari, ma non per questo eri obbligato a fondere le due entità: bastava un piano di razionalizzazione interno alle due entità, che eliminasse gli incroci di competenze. La Corte dei Conti non avrebbe detto di no a una soluzione del genere. Ma si è trovato più facile e conveniente non mettersi a discutere, adeguarsi per dare l’impressione che si tagliavano dei costi». «Nel caso di Lombardia Infrastrutture si sono sovrapposti due elementi: la moda dei piani di razionalizzazione ispirati esclusivamente al contenimento dei “costi della politica” che si è imposta nella seconda metà di questo decennio, e la “lotta alla corruzione”, di cui quella società regionale sarebbe stata un vettore. La tesi era che unificando e semplificando si sarebbero risparmiate le risorse che si perdevano nelle duplicazioni e nelle “turbative d’asta”. Ma sfido chiunque a dimostrare che in questi anni si è risparmiato rispetto ai tempi in cui Lombardia Infrastrutture funzionava a piano regime! I soldi grossi li abbiamo risparmiati quando quella società era al centro delle operazioni che hanno permesso la costruzione di nove ospedali in 14 anni, di infrastrutture della viabilità in project financing, e così via».
Di recente la Corte dei Conti regionale è tornata in campo, ha avviato un’indagine nei confronti di Aria riguardante la “Programmazione e gestione degli acquisti di beni e di servizi in ambito sanitario”. I magistrati contabili stanno analizzando gli effetti della “concentrazione” di funzioni in un’unica società in termini di efficienza economica.
Ed è probabile che riscontrino delle carenze, perché quando fai questo genere di fusioni risparmi qualcosa a livello di Consiglio di Amministrazione, ma crei entropie amministrative che rallentano i tempi di realizzazione dei progetti, e quindi comportano costi aggiuntivi. È facile raccontare ai giornali che si sono tagliati dei costi perché da due Consigli di amministrazione si è passati a uno, ma poi l’inefficienza della macchina amministrativa dovuta alle sovrapposizioni ti smentisce.
Però abbiamo visto anche ai tempi di Formigoni e vediamo tutt’oggi non solo in Lombardia ma anche nelle altre Regioni fusioni di società, razionalizzazioni, riorganizzazioni, ecc. Sono state e sono sempre scelte peggiorative?
Certo che no, ma la questione decisiva è l’ottica in cui le riorganizzazioni vengono realizzate: se si tratta di strategie industriali o se si tratta di decisioni meramente politiche, per compiacere la moda del momento. Quando la motivazione alla base di una razionalizzazione è solo quella di ridurre la spesa pubblica, sicuramente il progetto fallirà. Perché le società regionali devono rendere dei servizi, e allora l’impostazione giusta è avere un piano industriale che consenta alla società di realizzare i suoi obiettivi: il risparmio sarà una conseguenza del fatto che la società funziona, e che tutti richiedono i suoi servizi. Non viceversa! Ma questo la cultura politica odierna più diffusa si rifiuta di capirlo, e inganna la gente raccontando una storia che non corrisponde alla realtà.
Qualcuno sussurra che queste operazioni condotte dai successori di Formigoni servissero a de-ciellinizzare le società regionali, dove un certo numero di figure di rilievo era riconducibile in qualche modo a Cl…
Che fossero riconducibili al mondo di Cl oppure no, le figure dirigenziali erano scelte sulla base della loro professionalità, soprattutto sulla base della competenza specifica per la cosa che erano chiamati a fare. Più recentemente invece il criterio della scelta è quello dell’affinità politica, del legame personale, della fedeltà alla linea di partito. Sotto questo aspetto, come sotto quello della creazione di carrozzoni pubblici che devono fare tutto e non sanno fare bene niente, sembra di rivivere stagioni del passato, che non sono quelle di Formigoni, ma dell’epoca precedente.
Foto Ansa
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