Vatileaks all’Infedele. «Nessuno scoop sul “corvo” e Nuzzi mi provocava nei fuorionda»

Di Daniele Ciacci
04 Settembre 2012
Angela Ambrogetti, giornalista, ospite ieri alla trasmissione di Gad Lerner rivela i retroscena dei fuorionda di Gianluigi Nuzzi, autore di "Sua Santità". «Continuava ad attaccarmi, ma alle sue opinioni rispondevo con i fatti».
«Ieri sera ho partecipato alla prima puntata della nuova stagione dell’Infedele, su La7 – dice a tempi.it Angela Ambrogetti, giornalista freelance che collabora anche con Tempi –.  Tra gli  ospiti: Antonio Socci, Gianni Vattimo, Adriano Prosperi e Gianluigi Nuzzi. Uno dei temi della discussione riguardava il caso Vatileaks, “il corvo” Paolo Gabriele accusato di aver violato le carte segrete del Papa, eccetera. Gianluigi Nuzzi ha venduto uno scoop: un’intervista integrale all’ex-maggiordomo di Benedetto XVI Paolo Gabriele. Altro non era che la versione completa di uno spezzone già apparso, sempre su La7, alla trasmissione “Gli intoccabili” nel febbraio scorso».
Beh, sembra davvero uno scoop.
Già, se non fosse che la mirabolante intervista si è rivelata una bufala cosmica. Altro non era che il vecchio servizio leggermente ampliato, con aggiunta di parti tagliate inizialmente perché “venute male” e messe a rimpolpare un dialogo che non aggiungeva alcun contenuto a quanto già si sapeva. Se non che Paolo Gabriele appariva come una persona confusa.
E dopo il filmato?
La discussione ha preso il via con uno scatenato Nuzzi che accusava il Vaticano d’aver tenuto Paolo Gabriele in isolamento nelle chiuse vaticane. Come a dire: ci mancava che lo cibassero a pane e acqua, e sarebbe stato il compimento perfetto. Io gli ho risposto: «Guarda che Paolo Gabriele poteva essere visitato dai familiari – la moglie andava a trovarlo ogni giorno –, riceveva assistenza medica e spirituale. L’hanno pure visto, scortato dai gendarmi, mentre si reca a una farmacia del Vaticano. È vero: Gabriele era da solo nelle celle vaticane, per due ragioni: le celle sono singole. In secondo luogo, la prigione, arrivato Gabriele, non conteneva alcun detenuto. Cosa doveva fare il Vaticano, arrestare una persona a caso perché lui potesse socializzare?
Quindi?
Ho cercato di rimettere in ordine le cose. C’è stato uno stacco pubblicitario. Allora Nuzzi è venuto da me, insieme a tre o quattro persone del pubblico, a far  polemica. Voleva che io reagissi alle sue provocazioni. Mi ha detto che non potevo non chiamare isolamento la prigionia di Gabriele. “E poi ci sono tutti quelli che vengono arrestati nei Musei Vaticani e poi portati in Italia…”. Come a dire che, se volevano, qualcuno da mettere in galera lo trovavano. Peccato che i reati reati minori, come furterelli nei negozi di souvenir o piccoli atti vandalici, sono reati d’ammenda, non di carcere, e il Vaticano, secondo i Patti Lateranensi, può decidere se istituire un processo nei suoi confini o demandarlo all’Italia. Anche il caso dell’attentato a Giovanni Paolo II è stato affidato all’Italia, perché di rilievo internazionale. Il reato di Gabriele  – di un cittadino vaticano, su documenti vaticani, ai danni del capo di stato vaticano – è interno ai confini dello Stato, che non ha voluto delegare il processo perché direttamente interessato.
Mi pare una cosa di buon senso.
In Vaticano si segue il codice penale di Zanardelli, e il Papa è capo di uno Stato, quindi ci sono reati contro lo stato che rispondono a quel codice. Risposta nuzziana: «Per forza, è un codice dell’Ottocento». Come se il Vaticano si sia macchiato di un’onta incredibile perché non adopera il codice Rocco. Inoltre, nel fuori onda, il “pubblico” di Nuzzi cercava di provocarmi. «Non sia così aggressiva» mi dicevano. «Ma siete venuti voi ad attaccarmi, io sono calmissima». Risposta: «Non è vero, lei è aggressiva nel tono della voce».
Nel “tono della voce”…
Già. In trasmissione sono rimasta calma. Avevo capito la strategia. Voleva farmi imbestialire nel fuori onda per rendermi più fragile nel momento della diretta. Una mossa ridicola e assolutamente non professionale. Capito questo, è stato semplice: bastava non rispondere alle sue provocazioni, rispondere con i fatti alle opinioni distorte e alle falsità che Nuzzi diceva, e rimanere calma. Infatti, è stato poi lui a innervosirsi.
Perché?
Metà delle cose che Nuzzi diceva erano proprio campate per aria, ed io smontavo le sue tesi con i fatti, non con le opinioni. Come quella sulle date del processo. Nuzzi diceva che tale processo non si sa se ci sarà. Ma non è vero: secondo regolamento, il processo ci sarà, bisogna solo attendere la data perché i giudici vaticani tornano il 20 settembre. Sarà pubblico e si assisterà secondo la capienza dell’aula, che è molto piccola. Si faranno dei turni perché possano entrare tutti. Neanche in Vaticano possono fare nulla per la legge fisica sulla compenetrazione dei corpi.
Ci manca solo un laboratorio scientifico all’avanguardia nel sottoscala del Vaticano.
Nuzzi voleva creare aloni di mistero su cose palesi e pubbliche, che si trovano sul sito del Vaticano o nei briefing tenuti da padre Federico Lombardi. Se Nuzzi non frequenta sito e conferenze stampa pubbliche, certo che poi scrive romanzi di fantascienza, non inchieste. Insomma, ho cercato di dimostrare che le sue opinioni non si basavano su un’attenta disamina dei dati, che io portavo con tanto di prove. E mi pare di averlo messo in difficoltà. Anche se provocare un ospite nel furionda non risponde per nulla all’etica professionale.

@danieleciacci

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9 commenti

  1. Fabio

    Grande Angela! Occorre fare come hai fatto tu in maniera sistematica a tutti i livelli, perché non se ne può più di quei cornuti che inquinano capillarmente attraverso i media la coscienza delle persone.

  2. Anna

    Son cattolica e mi piace Benedetto, il libro non l’ho letto. Però in carcere il poveraccio c’è stato. Per carità gabbia dorata ma gabbia. Un passo falso da parte della Chiesa per poche lettere di bisticci interni.

  3. Silvana

    ho visto la trasmissione… che strazio!!!! ma il docente universitario dove ha studiato storia della chiesa sulla settimana enigmistica? e il teologo? era l’espressione della depressione… e ne sa di più mia nonna di catechismo! per quanto riguarda nuzzi sembrava più un politicante di bassa lega che un giornalista d’inchiesta. che pena! e gad lerner con quella barba dove pensava di essere? ma che razza di trasmissione era? mi sembrava il circo di rai3 del sabato sera! secondo me sono in tanti ad essersi bevuti il cervello con sta storia del wikileaks, la partecipazione democratica e la libertà di parola.
    invece brava la signora angela che non avevo mai visto, la giusta dose di umiltà, grinta e ironia per arrivare al punto e mettere nell’angolo “il nemico”.

  4. Saverio

    Il Codice Zanardelli del 1922 ???? Allora aveva ragione il povero cardinal Martini a dire che la Chiesa è indietri di due-trecento anni 🙂 !!!!!

    1. Alberto

      Ti piace di più il nostro codice Rocco, che risale solo al 1930, firmato dal Presidente del Consiglio Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini?

  5. Gian

    Se questa è informazione, io la trasmissione l’ho vista! la figura più penosa era Il professore storico della chiesa…? Lui insegna all’università. Mamma mia meglio tutti i figli ignoranti!!! Ciao è meglio che gli scheletri uno se li cerchi nel proprio cuore.

  6. Cagliostro

    Non facciamo confusione.
    Il caso dell’attentato a Giovanni Paolo II non è stato «affidato all’Italia» come afferma la giornalista Angela Ambrogetti.
    Sebbene Piazza San Pietro sia parte dello Stato del Vaticano, rimane l’autorità della Polizia italiana che può infatti circolare liberamente (deve fermarsi ai piedi della scalinata).
    I reati commessi in Piazza San Pietro (quando aperta al pubblico) sono perseguibili dall’autorità giudiziaria italiana senza necessità di autorizzazione da parte della Santa Sede.

    1. Penso che il caso sia un filino più complicato visto che l’attentato è stato fatto al capo dello Stato del Vaticano all’interno dello Stato del Vaticano (anche se in una zona in cui la polizia italiana ha ancora autorità) e non a un pinco pallino qualunque all’interno dello Stato del Vaticano. Poi per ignoranza mia non mi pronuncio più di tanto.

  7. francesco taddei

    l’etica professionale di un giornalista risponde alla propria coscienza, ne esistono tre o quattro onesti ma ci vuole la lente d’ingrandimento.

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