Nel giorno in cui è stata approvata alla Camera la fiducia sulle unioni civili, sono usciti sui quotidiani diversi articoli e interviste che vale la pena di sottolineare. Quello più interessante lo firma, a nostro avviso, Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera che, già dal titolo (“«Bigamia» consentita e altri vuoti del testo”), fa capire quanto la cosiddetta legge Cirinnà sia un gruviera.
«FASCISMO STRISCIANTE». Prima di vedere l’articolo del Corriere merita di essere letta l’intervista che Repubblica ha fatto all’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi. «Credo davvero che aver posto la fiducia sia un fatto del tutto negativo per la nostra democrazia», spiega. «Argomenti così delicati e importanti necessiterebbero infatti di altri approcci. Con la fiducia, piuttosto, il Parlamento viene imbavagliato. E in questo modo non si tiene conto che esiste una grande fetta del Paese che questa legge non la vuole. A mio avviso questo modo di fare è fascismo strisciante, un qualcosa che in nessun modo condivido». Pennisi difende Alfio Marchini, il candidato romano che ha dichiarato di non voler celebrare nozze fra omosessuali: «Di fronte a una legge ingiusta è lecito esercitare questo diritto. Se dall’alto lo Stato impone leggi che non si condividono, si può obiettare». Chi si oppone non “fa barricate”, vuole solo «dire che i diritti delle persone conviventi si possono tutelare in altro modo», ad esempio con «un testo unico sui diritti. Un testo che elenchi e ribadisca quanto l’ordinamento italiano già prevede, esplicitamente o implicitamente, per le persone impegnate in convivenze».
La legge sulle unioni civili voluta da Matteo Renzi ha «un portato ideologico»: «Mi sembra che dietro questa legge, dietro le forze che l’hanno sostenuta e portata in Parlamento, vi sia una cultura specificatamente contraria alla famiglia naturale. Quando, infatti, attraverso una decisione politica, vengono giuridicamente equiparate forme di vita differenti – come la relazione tra l’uomo e la donna e quella tra due persone dello stesso sesso – non si riconosce la specificità della famiglia. Questo è il punto, a mio avviso».
EFFETTI COLLATERALI. Luigi Ferrarella sul Corriere scrive che la norma ha «una montagna di effetti indiretti». Una montagna che Gian Luigi Gatta, professore di diritto penale alla Statale di Milano, è arrivato a contare in «29 effetti penalistici “indiretti e inconsapevoli” delle nuove norme».
«Un’amnesia» con «esiti paradossali» la definisce il Coriere che, elencando gli effetti collaterali nel penale della nuova legge, ne smaschera tutte le falle. Infatti, poiché il testo «premette che le disposizioni che contengono la parola “coniuge” si applicano “anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”, ma “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile”», accade che, in alcuni specifici casi, vi sia una disparità di trattamento tra i coniugi dell’unione matrimoniale e quelli dell’unione civile.
Ferrarella fa l’esempio dell’omicidio, «la cui pena base 21-24 anni sale a 24-30 anni se si uccide il coniuge: ma poiché l’omicidio non è certo norma a rafforzamento “degli obblighi derivanti dall’unione civile”, l’aggravante non potrà pesare su assassini legati da unioni civili alla persona assassinata, mentre continuerà a valere per mariti e mogli. Stesso schema nei sequestri di persona: quando il pm blocca i beni utilizzabili dal coniuge per pagare il riscatto, il blocco non potrebbe essere imposto al coniuge legato da unione civile con il rapito». E così la «bigamia, che finirebbe per non avere rilevanza penale in relazione alle unioni civili tra lo stesso sesso, mentre la manterrebbe solo tra coniugi uomo e donna».
Ma si profilano anche «discriminazioni al contrario», spiega Ferrarella, cioè dove siano sfavoriti i contraenti delle unioni civili, cioè più sfavorevoli per le unioni civili, per quanto riguarda la «punibilità per chi fa falsa testimonianza», il «reato di assistenza ai partecipi di associazioni per delinquere o con finalità di terrorismo», la «non punibilità del furto o della truffa ai danni del partner non legalmente separato». Infine, «il fatto poi che “l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione” sia stabilito dalla nuova legge solo per le unioni civili e non anche per le convivenze di fatto, discriminerà i partner della prima categoria che, diversamente da quelli della seconda, nel penale rischieranno l’accusa di omicidio o lesioni personali per l’eventuale medesima condotta di “mancata prestazione di cure o di alimentazione”».
CERTE LOBBY… Su Libero si intervista Annamaria Bernardini De Pace, avvocato, tra i massimi esperti in Italia di diritto familiare. Bernardini De Pace si proclama genericamente a favore delle unioni gay, ma non alla legge Cirinnà che, spiega, «è scritta male». «Il risultato è una norma che apre il campo a un’infinità di ricorsi e darà molto lavoro in più agli avvocati. Sembra scritta apposta per accontentare certe lobby…». Bernardini De Pace fa una serie di esempi su cui il testo fa acqua (la casa, i figli, le separazioni) concentrandosi soprattutto su quelle norme che riguardano le convivenze. Una serie di pasticci che avrà un sicuro effetto: «Io temo che la legge Cirinnà possa aprire la strada a una serie di soprusi se non proprio di truffe. Il rischio è concreto. Sa come si dice: fatta la legge, trovato l’inganno».
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