
Unioni civili. Il voto segreto e i tribunali (ci vorrebbe un Giustizia Day)

Unioni civili, tutti a fare calcoli. Il ddl Cirinnà è al Senato e sui giornali si fa la conta fra i parlamentari per capire quante possibilità abbia il testo di passare (la maggioranza è 161). Nessuno, però, si sbilancia troppo, essendo varie le incognite. A guardare il pallottoliere, il ddl una maggioranza ce l’ha, ma nel Pd ci sono una trentina di senatori contrari all’utero in affitto, nel M5S si conta qualche dissidente (pochi, o 3 o 5), si mormora di qualche favorevole in Area popolare, si dà per scontato l’appoggio dei senatori di Ala (Verdini). Questione poi da non sottovalutare è il ricorso al voto segreto. Favorirà chi è contrario o chi è a favore del testo? Inizialmente, pareva essere una carta in mano a coloro che erano contrari, ma ora – dopo l’uscita di Beppe Grillo che ha lasciato libertà di coscienza ai suoi – potrebbe valere il ragionamento opposto.
VOTO SEGRETO. Da questo punto di vista, è interessante leggere oggi la lettera che Eugenia Roccella, deputata di Idea, ha scritto oggi ad Avvenire. Roccella rileva, giustamente, come in ballo col testo Cirinnà non ci sia solo la questione della stepchild adoption e dell’utero in affitto, ma tutto l’impianto della legge, «pasticciato, incostituzionale, denso di contraddizioni e fattori di discriminazione». «Basti pensare – scrive Roccella – che i conviventi omosessuali avranno diritto alla reversibilità della pensione mentre gli eterosessuali no, che i bambini adottati da coppie etero avranno diritto alla conoscenza delle origini mentre quelli adottati con la stepchild no, che i conviventi gay potranno adottare il figlio del partner mentre gli etero no, e così via».
Una legge così, dovrebbe tornare in Commissione, e senza troppe discussioni. «Ma siccome la legge non è mai stata, se non per finta, di iniziativa parlamentare, siccome il governo c’è entrato con tutte le scarpe, questo non sarà permesso: Matteo Renzi vuole presentarsi subito al suo elettorato con una legge in tasca. La stepchild adoption è un falso obiettivo: se anche si eliminasse, nessun tribunale dei minori negherebbe più l’adozione a una coppia gay, in mancanza di una normativa che rafforzi il divieto di “maternità surrogata”, come viene pudicamente denominato l’utero in affitto, e preveda sanzioni non solo per gli operatori, ma anche per chi vi ricorre».
Dopo il via libera di Grillo, Roccella chiede quindi che si voti senza il ricorso al segreto, che servirebbe «se non per inquinare le scelte, consentire giochi obliqui e scaricare le colpe su qualcun altro. Meglio condurre una battaglia a viso aperto, difendere le proprie convinzioni, rispondere agli elettori delle scelte che si fanno».
UTERO IN AFFITTO. Sempre su Avvenire, venerdì abbiamo letto un articolo interessantissimo. Il titolo era “Utero in affitto, il Viminale non chiarisce”. L’autore, Marcello Palmieri, partiva da un dato di fatto: già ora, anche senza stepchild adoption, esistono coppie che espatriano, ordinano un figlio, ricorrono alla maternità surrogata, tornano a casa col bambino. Come è possibile? Perché «una volta rientrati in Italia, l’ufficiale di stato civile trascrive il certificato di nascita. E quand’anche le Procure avviano a carico dei genitori committenti un procedimento penale i giudici assolvono».
La legge 40 vieta la pratica, ma lo fa, e prevede sanzioni, se questa avviene in Italia. Ma le coppie che vi ricorrono aggirano facilmente l’ostacolo (vero senatore Lo Giudice?) andando all’estero. Poi ci pensano i giudici e la burocrazia italiana a fare il resto. La coppia si rivolge al consolato mostrando l’atto di nascita che viene inviato in Italia per la trascrizione in Comune. C’è il sospetto che il figlio sia nato da maternità surrogata? Benissimo, il consolato invia i certificati avvisando la procura territoriale competente. Risultato: «Ecco allora che la pubblica accusa contesta solitamente l’alterazione di stato civile di minore, ma altrettanto spesso i giudici assolvono. Conseguenze pratiche: l’utero in affitto produce i suoi effetti, e chi vi ha dato corso rimane impunito».
Questo è un problema che esiste già ora, senza che la legge Cirinnà sia ancora passata. È per questo che il senatore Pd Gianpiero Dalla Zuanna ha proposto di emendare il ddl prevedendo dei correttivi che obblighino i funzionari consolari a verificare a fondo le richieste di trascrizione.
GIUDICI E BUROCRAZIA. Tutto ciò basterebbe? Lasciateci essere dubbiosi. Il giornalista di Avvenire, infatti, ci spiega di aver chiesto lumi al ministero dell’Interno, il quale «il 4 giugno 2014 faceva sapere che, dopo “le recenti sentenze del Tribunale di Milano (tra i primi ad assolvere i “committenti surroganti”, ndr), le istruzioni date ai consolati avrebbero potuto cambiare”. Non si sa come. Testuali parole: “Poiché trattasi di questione delicata, la stessa costituisce attualmente oggetto di ulteriore approfondimento e in particolare della predisposizione di una richiesta di parere al Consiglio di Stato”. Ma è passato oltre un anno e mezzo, e al supremo organo amministrativo non risulta giunto dal Viminale quesito alcuno».
A parole e sulle carte, il ricorso alla maternità surrogata è vietato in Italia. Già, a parole e sulle carte. Poi ci pensano i tribunali e la burocrazia a rendere tutto più malleabile e fuligginoso. Qui ci vorrebbe un Giustizia Day.
Foto Ansa
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4 commenti
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e ci vorrebbe una bella passata di varechina sulla LINGUA: UNIONI CIVILI. perchè gli altri sono CAPRONI?
E USARE LA BELLA LINGUA ITALIANA ( quella si la più bella del mondo! ). e vergogna infinita sulla RAI e sui cantanti mentecatti come la Pausini ( se siamo simili , siamo anche uguali……).
…….e voialtri siete troppo occupati a soddisfare il vostro fondoschiena.
Guardate, con calma mi leggerò poi anche tutto l’articolo; ora chiedo solo di perseverare nella preghiera.
Una grande potenza.