Kiev ha ordinato lo sgombro degli edifici istituzionali occupati da due giorni nelle regioni orientali da manifestanti filorussi. Ieri sera è stato messo in atto con successo un blitz delle unità speciali di polizia nel parlamento di Donetsk, oggi un nuovo blitz ha sgomberato la sede del governo regionale di Kharkiv, e i filorussi sono stati cacciati. Il ministro dell’Interno Arsen Akarov ha spiegato che «sono stati arrestati una settantina di separatisti» e che il blitz è avvenuto «senza ricorso alle armi da fuoco».
LEGGE “ANTI TERRORISMO”. Intanto ieri il Parlamento ucraino ha approvato alcuni emendamenti al codice penale per inasprire le condanne per i reati contro lo stato. Il presidente Olek Turchynov ha spiegato che i militari separatisti saranno considerati «terroristi» e quindi perseguiti «con tutta la forza della legge».
MOSCA: «RISCHIO GUERRA CIVILE». La tensione in tutto il paese resta comunque alta. Nell’Ucraina meridionale, a Mikolaiv, stanotte sono rimaste ferite 15 persone nel corso degli scontri tra filorussi e filogovernativi scoppiati nelle notte. Undici di queste persone sono state ricoverate, complessivamente si contano anche 20 arresti. Malgrado il tentativo di Kiev di sedare le insurrezioni nelle varie regioni del paese, oggi da Mosca è arrivato un pesante ammonimento, tramite il ministro degli Esteri Serghey Lavrov, secondo il quale «è possibile una guerra civile». Lavrov, con un comunicato, “ha invitato il ministro degli Esteri ucraino Andriy Deshchytsia ad adottare misure urgenti per porre le basi per un dialogo a livello nazionale che coinvolge tutte le forze politiche e le regioni di Ucraina, e di attuare una profonda riforma costituzionale, dimostrando il dovuto rispetto verso gli interessi di tutti i popoli”. Nel comunicato si legge anche che “Lavrov ha ribadito la disponibilità della Russia a sostenere questo processo insieme all’Unione europea e agli Stati Uniti”.
LA NATO: «MOSCA FACCIA UN PASSO INDIETRO». Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha invitato la Russia a fare «un passo indietro nella crisi ucraina. Un ulteriore intervento rappresenterebbe un errore storico».