Tempi, guai andare dietro al carro

Di Redazione
15 Marzo 2011
Pubblichiamo l'intervista di Italia Oggi al direttore di Tempi, Luigi Amicone. Il periodico si è arricchito di firme per fare opinione. E c'è anche il contributo del Papa. Amicone: «Il settimanale deve imporre i temi, oppure è vecchio»

Pubblichiamo l’intervista al direttore di Tempi Luigi Amicone realizzata da Andrea Secchi e uscita su Italia Oggi del 15 marzo 2011.

In un mondo in cui le notizie vengono bruciate immediatamente l’unico modo per sopravvivere come settimanale è distinguersi, cercare di imporre i temi, le idee. Per questo Luigi Amicone, direttore di Tempi, ha voluto con sé firme di peso, in grado di fare opinione, per non andare dietro al carro. Così come ha voluto stampare e distribuire in allegato il settimanale dell’Osservatore Romano arrivando, in un certo senso, ad avere il Papa fra le sue firme.

Domanda. È passato quasi un anno e mezzo da quando Tempi si è emancipato dal Giornale per andare in edicola da solo, un anno di crisi per l’editoria, com’è andata?
Risposta. Con nostro grande stupore e, imprevedibilmente, nonostante la crisi, abbiamo retto bene. Mi dicono che siamo cresciuti di 2 mila abbonamenti arrivando a 12 mila, in edicola il venduto soltanto nostro è di 10 mila copie, ma in totale arriviamo a 40 mila perché in Sardegna, Sicilia e Puglia usciamo ancora con il Giornale.

D. Non deve essere stata una scelta facile staccarvi dal quotidiano di via Negri…
R. Sapevamo però di avere uno zoccolo duro di lettori, come li possiamo chiamare, militanti? Questo era il punto di partenza e la garanzia che, male fosse andata, partivamo da una realtà non troppo aleatoria.

D. Stiamo parlando del popolo di Comunione e Liberazione?
R. I due terzi sicuramente, tenendo presente che noi non siamo organo di Cl. Certo io non ho mai nascosto identità e provenienza (Amicone fra le altre cose è stato al Sabato, la rivista del movimento). Poi, però, c’è un terzo di lettori curiosi che si sono avvicinati spontaneamente.

D. I conti come vanno?
R. Sono in pari. Per il primo anno accediamo ai contributi delle cooperative ma abbiamo già programmato di sfilarci dai sussidi nel giro di due anni. Ragioniamo per essere autosufficienti.

D. Oggi Tempi ha un sito rinnovato e persino una web radio. Svolta multimediale?
R. La radio l’abbiamo ereditata da formigoni.it (www.formigoni.it, ndr), il sito di Roberto Formigoni che ha scelto di sviluppare diversamente lo spazio su internet. Stiamo sperimentando, la radio web ha dimensioni ridotte attualmente ma mi dicono che il giorno in cui si potrà ascoltare in macchina diventerà un mezzo importante. Il sito esisteva già, ma ci abbiamo lavorato per renderlo vivo. Su internet bisogna esserci ma io credo nella carta.

D. Come mai la scelta di allegare il settimanale dell’Osservatore Romano?
R. È stupendo, non c’è stato nessun progetto. Ho visto Vian (Giovanni Maria Vian, direttore del quotidiano della Santa Sede, ndr), siamo stati a pranzo e mi ha raccontato di questo settimanale che raccoglie i discorsi del Papa. È tradotto nelle varie lingue e spedito ai parroci di tutto il mondo. Vian aveva avuto l’idea di trovare sinergie per farlo conoscere, per esempio allegandolo al quotidiano spagnolo, La Razon, e in Italia all’Eco di Bergamo. «Potremmo farlo con Tempi», gli ho detto, e ha aderito subito volentieri. Per noi è un costo per noi perché riceviamo in pdf e stampiamo, ma è un investimento di immagine.

D. Come avere un editorialista di gran peso…
R. (ride) Esatto. Quando il Papa tocca temi importanti per tutti crea un gran dibattito.

D. Papa a parte, fra le firme ha Oscar Giannino, Giorgio Israel, Lodovico Festa, Marina Corradi…
R. Gente che ha un peso nel giornalismo. Sono personalità, ognuno nel suo settore, tranne forse Giannino, verrebbe da dire, che è enciclopedico. Israel è un professore universitario, saggista di rara intelligenza, Corradi (editorialista di Avvenire, ndr) è la miglior penna femminile in Italia con tutto il rispetto per le altre. Festa è un analista politico di prim’ordine, in 1.800 caratteri, per dire, riassume la storia del Pc negli anni 70.

D. Altri ingressi?
R. Abbiamo chiesto a quattro grandi firme di collaborare. Mattia Feltri che riscriverà sulla cronaca, per esempio il prossimo articolo è su Fli e Fini, Mattia Ferraresi, che è corrispondente Usa del Foglio, che scrive sulla storia americana. Poi ci sono altri due di cui dobbiamo mantenere l’anonimato: Berlicche (dal nome del diavolo in un racconto di Clive Staples Lewis, ndr) e Fred Perri. Quest’ultimo scrive di sport, Berlicche su temi religiosi e morali, sul calco del libricino che scrisse Lewis in cui il diavolo consigliava suo nipote su cosa fare per conquistare le anime della gente.

D. Uno dei temi di Berlicche potrà essere le feste di Arcore?
R. Beh, noi abbiamo ribadito più volte che al ministro dei trasporti chiediamo di far funzionare i treni non le fidanzate, e neanche i bordelli. Non siamo i cattolici che sono passati da sgomento a scandalo. Certo, se ci si chiede un parere diciamo che non condividiamo quello stile di vita. Ma noi siamo più preoccupati di coloro che vogliono imporre il proprio stile onesto.

D. Ma non le capita di non essere d’accordo con qualcuno dei suoi commentatori?
R. Mi è capitato con Yasha Reibman. Allora ho fatto una cosa che non si dovrebbe fare: non ho censurato nulla ma ho pubblicato una postilla che chiariva la mia posizione. Yasha, di impostazione radicale, aveva scritto su temi eticamente sensibili all’opposto rispetto alla nostra linea.

D. I settimanali hanno perso diffusioni negli ultimi anni, persino i newsmagazine non se la passano bene.
R. Fare un settimanale oggi con le notizie che circolano più che in tempo reale non è facile. Rischi di fare un quotidiano vecchio: o ti specializzi in un senso tecnico oppure prescindi. Devi farlo sulla base di quello che tu vuoi o cerchi di imporre come temi o idee. Se vai dietro al carro, arrivi sempre vecchio.

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