«Non smetterò finché il mio utero non sarà prolassato». Ha partorito una coppia di gemelli a gennaio, ma entro l’anno Tara Sawyer vorrebbe essere di nuovo incinta. Nell’Inghilterra dove la maternità surrogata è legale dagli anni Ottanta, la storia di questa 37enne di Wimblington, non lontano da Cambridge, rientrerebbe tra le tante delle madri che hanno prestato il proprio utero per la gestazione di figli altrui. Ma a renderla diversa è il numero di maternità che la donna ha portato a termine in questi anni: 7, di cui 4 per partorire figli concepiti col marito e tenuti poi regolarmente in casa e 3 con nascituri di altre coppie. Non solo: sono state soprattutto le motivazioni addotte dalla donna ad attirare l’attenzione dei media.
ORMAI LO FA GRATIS. Intervistata dal Daily Mail, Tara ha descritto la sua maternità come una vera e propria dipendenza: «È una grande corsa dal momento in cui il test risulta positivo. È un sentimento incredibile regalare un figlio a chi disperatamente ne desidera uno, e io mi sento al meglio quando sono incinta». Tanto che ormai Tara, per fare questo, è arrivata al punto di rifiutare le 15 mila sterline che le spetterebbero per legge per ognuna delle gravidanze portate a termine. Senza troppi pensieri, con una superficialità al limite dell’imbarazzante, Tara parla di vera e propria «brama per la maternità», cominciata quando i suoi due gemelli Jack e Noah, che ora hanno 4 anni, erano appena nati. Il parto era stato difficile, i due erano stati portati alla luce alla 29esima settimana attraverso taglio cesareo, dopo che avevano sviluppato una sindrome da transfusione feto-fetale. «Mi sentivo privata nella gestazione. Non volevo più avere bambini, ma desideravo disperatamente la maternità».
«NON STAVO RINUNCIANDO A UN BAMBINO». Così la surrogata le è sembrata la soluzione perfetta: rimango incinta, ma non di figli miei. Anzi, posso pure essere altruista. E suo marito, Matt, camionista, l’ha supportata senza troppi problemi: «Sapeva che mi sentivo così desiderosa di maternità, e sapeva che avevo un buco dentro che dovevo riempire». È andata su Facebook, ha iniziato a cercare tra le pagine dedicate all’utero in affitto e, in poche settimane, ha rintracciato una coppia omosessuale che cercava un figlio. Si sono accordati e Tara ha accettato, portando in grembo per nove mesi una bambina che biologicamente era anche sua. Quando poi la neonata è stata partorita e si è trattato di darla alla coppia gay, la donna non ha fatto storie: «Non sentivo che stavo rinunciando a un bambino, semplicemente sentivo che glielo davo indietro. Dare la piccola nelle mani dei suoi due papà è un sentimento come nessun altro».
«SE NON SONO INCINTA MI SENTO VUOTA». Visto il successo della prima esperienza, Tara ha pensato di andare avanti. Ormai praticamente non lavora più: cura la casa e i figli, e in più porta avanti maternità per altri. «Quando sono incinta mi sento fisicamente meglio. Prendo vitamine, vado a nuotare, faccio yoga e mangio più sano. Non ho fatto così tanta fatica con le mie maternità, ma la responsabilità è ben maggiore con i figli di altri». E aggiunge: «Amo avere il pancione e la gente felice per quel piccolo dono lì dentro». Così, sempre su Facebook, ha trovato un’altra coppia che cercava di avere figli: il 4 gennaio scorso sono nati altri due gemelli, subito consegnati ai legittimi proprietari. «Ma ho già parlato con un’altra coppia gay e spero di iniziare una maternità per loro entro la fine dell’anno. Quando non sono incinta mi sento vuota, e solo un bambino può riempire quello spazio».