
Storia di Victorie, dal Congo all’Italia. Una chef che si mette al servizio dei poveri

Sei grandi chef internazionali per sei portate che mischieranno i sapori del mondo con quelli italiani, domenica 18 ottobre per il pranzo benefico organizzato a favore dell’Opera San Francesco di Milano, in collaborazione con Identità golose (il più prestigioso “congresso” di cucina italiana). I sei cuochi aspettano il pubblico nella storica mensa dei poveri di via Concordia 3 per un’iniziativa gustosissima, “Cuochi all’opera”, a cui si potrà partecipare a fronte di una donazione minima da 100 euro (la raccolta andrà interamente devoluta alla storica mensa, che ogni anno offre quasi 860 mila pasti gratuiti, cioè più di 2.800 al giorno, e cura 40.188 persone).
Sarà un’esperienza anche interessante perché permetterà, attraverso i piatti, di vedere gli chef all’opera, dall’italiano Cesare Battisti (del Ratanà) all’uruguaiano Juan Lema (Trattoria Mirta), passando per il giapponese Haruo Ichikawa (Iyo), il cinese Guoqing Zhang (Bon wei), alla francese Alice Delcourt (Erba brusca) a Victoire Gouloubi, chef congolese ormai attiva da dieci anni in Italia, dove ha collaborato anche con alcuni chef stellati tra i più noti del nostro paese.
«LA MIA GRANDE, GROSSA FAMIGLIA». Victoire Gouloubi è entusiasta dell’avventura che l’attende domenica e per nulla intimorita dal lavorare in tandem con altri grandi nomi: «La cucina è condivisione, e tra cuochi usiamo lo stesso mezzo di comunicazione, il cibo. È una vera lingua, che non usa lettere, ma che ci unisce. Di di recente ho collaborato anche con Massimo Bottura e Giorgio Nava, con cui ho “interpretato” l’Africa per un evento organizzato ad Expo da Identità golose e Eataly».
A tempi.it Victoire anticipa anche che il suo piatto «sarà un omaggio alla Puglia e alla mia terra: proporrò una crema di mais allo zenzero, con del baccalà essiccato, molto croccante, e poi alcuni ingredienti a sorpresa». Sapori che la riportano con la memoria a tanti anni fa, quando viveva tra Brazzaville e Pointe Noire con la sua grande, grossa famiglia africana: «Siamo 18 fratelli, e per me è stata casa il primo “ristorante”. Appena tornavo da scuola, mi mettevo a cucinare per i miei fratelli e sorelle, e per le loro famiglie e figli. Usavamo un fuoco unico, a legna o carbone e dovevo preparare almeno per 45 persone. Iniziavo al pomeriggio e finivo intorno alla mezzanotte, quando tutti mi aspettavano a tavola per mangiare. Con un’aspettativa del genere, se sbagliavo un piatto diventava un dramma, ma è stato divertente. Usavamo ingredienti semplici della nostra terra, come fagioli, riso, manioca o platano. Ma si mangiava con gioia, si condivideva. Esattamente gli stessi sentimenti che ho visto in atto all’Opera San Francesco. Perciò, quando sono stata scelta e mi hanno proposto di cucinare domenica, ho accettato anche io con felicità».
«I PIGMEI CI HANNO SALVATI». Victoire ha alle spalle una vita avventurosa, che l’ha resa una donna forte: dopo aver vissuto l’adolescenza tra le due principali città del suo paese, a causa della guerra civile scoppiata alla fine degli anni ’90, è stata costretta a fuggire con la sua famiglia e i Gouloubi sono riusciti a salvare la vita solo grazie all’aiuto delle tribù pigmee e ad una lunga fuga in marcia tra le foreste. Poi Victoire e un fratello sono riusciti a partire per l’Italia, con un permesso di studio.
«Mio padre voleva che studiassi giurisprudenza – racconta a tempi.it –, forte dell’esperienza di una sua sorella, che è presidente di corte d’Appello in Congo e come tale molto rispettata. Mi iscrissi a questa facoltà una volta arrivata a Milano, ma dopo due mesi ho lasciato perdere, con la scusa che le spese erano troppo alte e non avevo una borsa di studio. I primi sei mesi in Italia, io e mio fratello non sapevamo come sopravvivere. Fu uno zio sacerdote a sostenermi e a suggerirmi: “Devi tirare fuori il talento che hai dentro, questo è uno dei paesi migliori dove imparare a cucinare”. Mi sono iscritta alla scuola alberghiera di Feltre, la scuola della federazione nazionale cuochi. Dopo alcuni mesi, lo chef della scuola mi ha notata e scelta per mandarmi in un hotel per un primo stage. Mi ha detto: “Io vedo qualcosa in te. Se ti impegni so che ci parleremo da colleghi”».
CHEF STELLATI. Victoire ha continuato a migliorarsi, lavorando per chef come Claudio Sadler (due stelle Michelin) o il giovane Fabrizio Ferrari (una stella), e in ristoranti come l’Acanto dell’Hotel principe di Savoia di Milano. Nel 2014 ha realizzato il sogno di aprire un ristorante tutto suo, sempre a Milano: «Era ciò che desideravo di più, mettermi alla prova da sola. È stata un’esperienza intensa. Purtroppo a causa di grossi problemi, ho dovuto chiudere lo scorso luglio. Da piccoli, ci sentiamo sempre chiedere cosa vorremmo fare da grandi. Da adulti, quando abbiamo realizzato il nostro sogno, ci sentiamo chiedere ancora: “Ora cosa farai?”. Io il mio sogno l’ho realizzato ed è un fatto indelebile. Ho in mente nuovi progetti, nuove avventure esplosive e soprattutto che ora farò e sarò Victoire. Quando hai un’identità, non hai bisogno di improvvisare».
È sempre con questo spirito che Victoire domenica sarà ai fornelli dell’Opera San Francesco: «A questa mensa dei poveri ho visto lo stesso spirito che amo osservare dalle cucine dei ristoranti più buoni. Ci sono persone che non si conoscono, ma che si siedono agli stessi tavoli e si ritrovano a condividere un momento insieme. Ciò che li unisce è lo stesso semplice bisogno, la fame. Ecco perché voglio sostenere quest’esperienza».
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1 commento
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Mamma mia!, sleggiucchiando i miei occhi i sono posati sul numero 45….Mi vergogno per le mie lamentele sul mio numero quotidiano di 7, quasi sette volte tanto!