In Spagna si vota il 20 dicembre e la situazione politica è «frammentata», spiega a tempi.it Cristina Lopez, conduttrice radiofonica di radio Cope ed editorialista del quotidiano La Razon. I buoni risultati economici non sembrano sufficienti a convincere gli spagnoli a riconfermare la fiducia al partito popolare che «manca di una proposta politica chiara». Infatti, sebbene la recessione si sia fermata e sia stato creato un milione di posti di lavoro in un anno, «gli scandali e la corruzione interne al partito del presidente uscente, Mariano Rajoy, si sono aggiunti al tradimento di una certa visione antropologica, riducendo i consensi al 27 per cento. Oggi i socialisti sono fermi al 21 per cento insieme al partito Ciudadanos di Albert Rivera, che è al 20. Mentre il consenso verso i “grillini spagnoli” di Podemos si aggira intorno al 14 per cento».
CHIESA E ANTICLERICALI. Se i popolari non esultano, nemmeno possono farlo i socialisti, il cui candidato, Pedro Sanchez, per recuperare voti ha rispolverato la “linea zapatera” sui temi etici. Ma questo, più che consensi, gli ha procurato grane interne al partito. «Dopo che il leader socialista ha annunciato la volontà di supportare una legge a favore dell’eutanasia – spiega Lopez –, e sopratutto dopo che ha dichiarato l’intenzione di abolire l’insegnamento della religione cattolica all’interno delle scuole sia pubbliche sia private, Susana Diaz, l’altra anima del partito e governatrice dell’Andalusia, ha preso le distanze». Sono molti, infatti, i cattolici socialisti della Regione «che difficilmente accetterebbero un programma così radicale. Inoltre, se è vero che la Spagna è stata sconvolta dalla legislazione fortemente progressista di Zapatero, contraria alla famiglia e a favore dell’aborto, in questi anni di crisi economica e sociale la Chiesa ha riguadagnato in credibilità grazie all’attività della Caritas che ha aiutato due milioni di disoccupati. Ecco perché un atteggiamento palesemente anticlericale non ripagherebbe la sinistra come in passato».
L’ASTENSIONE. Il partito popolare ha deluso una grande fetta dei suoi sostenitori cattolici. Le promesse di mitigare le riforme di Zapatero non sono state mantenute. In molti non hanno dimenticato le dimissioni cui è stato costretto il ministro della giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, che sosteneva la necessità di rivedere la legge sull’aborto, legale dalla quattordicesima settimana.
«Oggi in Spagna – spiega Lopez – nessuno si batte più per i princìpi che la Chiesa considera non negoziabili. Inoltre, anche se vincessero i popolari, questa volta dovrebbe governare con Ciudadanos, un partito conservatore dal punto di vista economico ma favorevole all’abolizione dell’insegnamento della religione nelle scuole e convinto che la Chiesa debba pagare più tasse».
È per questo che, come accaduto nelle elezioni municipali, tantissimi cattolici si sono astenuti consegnando alla sinistra la capitale e città importanti come Barcellona, Valencia o Santiago. Se si verificasse ancora tale fenomeno, vincerebbero i socialisti «che potrebbero governare con Podemos o Ciudadanos». Secondo Lopez tutto dipende da come si risolverà la questione catalana: «Nei giorni scorsi il parlamento regionale ha votato una mozione chiedendo l’indipendenza. Se Rajoy fermerà i separazionisti usando l’articolo 155 della Costituzione per sospendere il governo locale, potrebbe riguadagnare parte della popolarità perduta».
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