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Mediaset, Berlusconi «è l’ideatore della frode fiscale», ma «ridurre l’interdizione»

Si è conclusa, davanti alla sezione feriale della Suprema Corte di Cassazione, la prima parte dell'udienza del processo Mediaset. Domani o dopodomani la sentenza definitiva

Redazione
30/07/2013 - 20:02
Politica
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Valide le accuse di evasione fiscale in capo a Silvio Berlusconi. Si è conclusa, davanti alla sezione feriale della Suprema Corte di Cassazione, la prima parte dell’udienza del processo Mediaset, nel quale i giudici stanno discutendo il ricorso presentato dai legali dell’ex premier, condannato per frode fiscale (poco più di 7 milioni evasi nel 2002 e nel 2003) dalla Corte d’Appello di Milano lo scorso 8 maggio a quattro anni di reclusione, tre dei quali coperti da indulto, e a cinque di interdizione dai pubblici uffici.
La relazione introduttiva è stata svolta dal consigliere Amedeo Franco e a rappresentare la Procura c’era il sostituto procuratore generale Antonio Mura che così ha esordito nella requisitoria: «Compito della Corte di Cassazione è quello del controllo» e «non è questa è la sede per esprimere un giudizio di valore sulla sentenza impugnata»; «aspettative e passioni devono rimanere confinate fuori dallo spazio dell’aula giudiziaria». Tuttavia «la pena della reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici, occorre ricondurre questa sanzione accessoria ai termini di legge» dai cinque ai tre anni.
Il dibattimento si è concluso dopo le 19 e riprenderà domani. Nessuno dei difensori degli imputati, nemmeno i legali dell’ex premier (oltre a Berlusconi ci sono infatti anche il produttore statunitense Frank Agrama, ritenuto suo socio occulto, e gli ex manager Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto), ha chiesto il rinvio dell’udienza.

BERLUSCONI IDEATORE DELLA FRODE. Nella vicenda Mediaset «sono presenti tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato di frode fiscale ascritta agli imputati». Questa la conclusione della requisitoria del procuratore generale Mura sul processo relativo alla compravendita dei diritti tv di Mediaset. E l’imputato Berlusconi «è stato l’ideatore di questo meccanismo di frode fiscale». Motivo per cui le sentenze di merito dei gradi precedenti «hanno una coerenza logica nella valutazione probatoria». Anche perché nel caso dei diritti tv di Mediaset «ci si è avvalsi di fatturazioni inesistenti. L’imposta evasa resta consistente», mentre è «inverosimile l’ipotesi di una colossale truffa ai suoi danni».

«VALIDE LE ACCUSE 2002-2003». «Non ha consistenza», ha spiegato il procuratore generale della Cassazione, la richiesta degli imputati del processo Mediaset di far dichiarare la nullità «della contestazione suppletiva per gli anni 2002-2003 che ha esteso la originaria imputazione (di frode fiscale, ndr) ma non la continuazione con le altre annualità». «In tema di reato continuato – ha aggiunto Mura – non esiste l’obbligo del pm di procedere a formale contestazione della continuazione la cui valutazione spetta al giudice».

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FALSE FATTURAZIONI. Nel meccanismo di fatturazioni fittizie emerso nel corso del processo, ha proseguito il rappresentante dell’accusa, si è rilevata «una continuità del sistema» che aveva il duplice obiettivo di «gonfiare i costi per benefici fiscali e produrre pagamenti per la costituzione all’estero di ingenti capitali».
Mura ha altresì condotto una disanima degli elementi probatori. «È naturale – ha detto – che oggetto di attenzione sia stato anche il meccanismo contrattuale», ossia i passaggi dal contratto d’origine ad una serie di subcontratti, e «oggetto probatorio è pure il carattere riservato che anche in azienda c’era sui passaggi intermedi fino al passaggio finale». E se «la prospettiva probatoria» che emerge dalla sentenza di appello «ha molti punti focali, c’è un filo conduttore da rilevare che è dato dalla continuità del sistema a partire dalla fase ideativa negli anni ottanta».

LEGITTIMO IMPEDIMENTO. Infondate le motivazioni del legittimo impedimento di Berlusconi a partecipare ad alcune udienze del processo Mediaset. Così il procuratore generale che le ha giudicate come «tecnicamente infondate e non ammissibili in questa sede». Le motivazioni erano: impegni elettorali, un Consiglio dei ministri, un incontro con il primo ministro di Macedonia e motivi di salute legati ad una patologia oculare (la famosa uveite).
Mura ha citato la sentenza della Corte costituzionale 168/2013 che ha risolto un conflitto di attribuzione tra il Tribunale di Milano e il presidente del Consiglio «riconoscendo la legittimità delle valutazioni fatte dal Tribunale» in materia di legittimo impedimento. E con riguardo all’uveite ha aggiunto: «L’infermità deve essere provata anche con efficacia rispetto a una impossibilità fisica assoluta» a partecipare all’udienza.

GIUSTO PROCESSO. «Posso senz’altro affermare – ha proseguito Mura respingendo le obiezioni processuali degli imputati – che dall’osservazione delle modalità di svolgimento di questo processo le regole di legge sono state rispettate e non c’è contrasto con i principi del giusto processo». La sentenza definitiva, secondo i legali del premier dovrebbe essere già domani o dopodomani. «Puntiamo all’annullamento radicale» ha dichiarato il legale dell’ex premier Franco Coppi.

Tags: cassazione sentenza mediasetCorte di Cassazionefranco coppighedinigoverno LettaNiccolò Ghedinipiero longoprocuratore generalesentenza mediasetSilvio Berlusconi
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