Scuola cattolica. Per un impegno globale di educazione e formazione
Recentemente il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha ricordato il grande impegno profuso della scuola paritarie e la necessità di regolarne la presenza in un ambito generale nel quale tale impegno sia veramente riconosciuto come valore intrinseco nel contesto educativo e formativo nazionale. Chiara è la dicotomia esistente – sia in ambito politico sia culturale/operativo – che deve essere rimossa, tanto da considerare la scuola tutta, statale e non statale, come manifestazione dell’impegno nazionale e quindi in un contesto unitario riconoscente le diversità.
Inutile richiamare i mali del sistema scolastico italiano, gli effetti perversi del monopolio statale, l’esigenza di una vera autonomia scolastica, il diritto soggettivo dello studente ad un pluralismo di modelli educativi scevri da discriminazioni economiche.
In quest’ottica di “ammodernamento”, nasce la speranza che quanto ricordato circa l’impegno profuso dalle scuole, impropriamente dette “paritarie”, non resti un ammasso di promesse mai mantenute, come le tante che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
Una dimensione più ampia
In quest’ottica di ansiosa attesa, va pure richiesto alla “scuola cattolica” una dimensione educativa e formativa più ampia e più corrispondente alle esigenze delle persone e del loro futuro proporsi in ambito sociale. Appare evidente la necessità di una visione completa della versione personalistica dello studente, capace di coniugare competenze cognitive con competenze operative.
L’obiettivo globale deve essere quello di abilitare l’adolescente ad uno stile di vita che, facendo esplicitamente riferimento all’esperienza cristiana, sia aperto alla responsabilità verso gli altri, assumendo graduali impegni di servizio nel territorio e nell’ambiente. Da qui l’articolarsi di un possibile, necessario, progetto educativo che aiuti il soggetto ad un preciso orientamento e ad una collocazione in un preciso stato di vita.
Personale e comunitaria
La Chiesa cattolica, sin dal XIX secolo, ebbe ad iniziare, con alcune Congregazioni religiose – maschili e femminili – una azione di formazione ed educazione al lavoro. Si può dire che, attraverso la loro iniziativa, la Chiesa cattolica attribuì grande valore all’educazione manuale come percorso importante di aiuto all’autoaffermazione personale. Cosa sostiene tuttora questa visione di formazione personale rispetto a quella – ritenuta spesso dalle famiglie, ma non solo – maggioritaria di natura prettamente culturale?
Il principio fondamentale della visione personalistica del lavoro umano è che l’uomo non va visto prevalentemente come individuo, ma nella sua natura personale e comunitaria, e quindi sociale. Da qui l’attenzione alle attitudini, alle scelte, ai bisogni, agli orientamenti personali di ciascun allievo e la risposta all’offerta di percorsi formativi, tra cui appunto quello professionale, al fine di rendere consapevoli le nuove generazioni delle raggiunte conquiste di un ruolo morale e sociale.
Apprendere con il “fare”
Vero è che sono in atto – specialmente nella scuola statale – iniziative di alternanza scuola/lavoro, cioè un collegamento organico tra i contenuti teorici e quelli pratici. Ma tutto ciò sembra piuttosto carente nella scuola cattolica. Il presupposto è la necessità di un contributo della scuola cattolica arricchito dalla valenza educativa e formativa del lavoro manuale, che è strumento capace di produrre giudizi critici sulla vita e sulla società.
Spesso si completa l’apprendimento con il “fare”, con un rapporto diretto con l’esperienza. Da qui la necessità di una reale alternanza scuola/lavoro nei licei, e comunque nelle scuole secondarie di secondo grado; di laboratori e stage negli istituti; di testimonianze dirette di figure e funzioni del mondo del lavoro; di problematiche e valori umani dell’esperienza lavorativa.
Competenza e apprendimento
Occorre vedere integralmente il processo conoscitivo umano con attenzione ai bisogni, attese, intuizioni dei problemi, elaborazioni di teorie esplicative, e ipotesi di interventi sulla realtà. Con ciò, mentre viene da una parte valorizzata la dimensione teorica della conoscenza umana, dall’altra, non è ridotta ad essa, ma interviene sulla realtà, poiché solamente a chi perviene a questo traguardo, comprende ciò che ha in mente, intuisce i limiti ed è portato a rielaborare teorie verso un miglioramento continuo. E ciò indipendentemente dall’indirizzo scolastico frequentato.
L’intervento sulla realtà nell’azione umana è conoscenza, e una conoscenza umana non è completa senza di esso. Ne consegue che ogni forma di apprendimento deve portare “competenza”, cioè deve essere “apprendimento”. Anche nei licei e nelle scuole cattoliche di indirizzo culturale.
Capitale umano
L’inizio del nuovo anno e l’ipotesi di un miglioramento culturale e formativo, aprono lo sguardo verso orizzonti diversi, forse più complicati, tuttavia – come sottolineato da Luigi Feré, in un intervento all’Istituto “G.B. Montini” di Milano – la scuola può, e deve contribuire all’educazione e formazione dei soggetti anche attraverso il continuo paragone con l’ipotesi di un significato globale della realtà e della vita con i suoi diversi aspetti, sia proponendo momenti di esperienza diretta, sia di impegno nella fatica quotidiana dello studio e dell’apprendimento.
Si dice che la principale risorsa è rappresentata da una particolare attenzione al “capitale umano”. Non sempre, però, si tiene conto che il “capitale umano” non arriva automaticamente, ma per essere qualitativamente significativo, esso ha bisogno di una lunga e paziente gestazione di educatori che intervengono a diverso titolo sul soggetto nel suo corso formativo.
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!