Gli studenti che si trovano in Erasmus vogliono votare alle elezioni di febbraio. Il ministro dell’Istruzione Profumo afferma che «è importante facilitarli a votare», i rettori dichiarano che «è inaccettabile escludere studenti italiani dal voto», Mario Monti promette che farà di tutto per loro, l’Unione Europea si impegna «perché non siano discriminati e possano votare», il Corriere della Sera strombazza tutto in diversi articoli dal tono scandalizzato per il diritto al voto negato.
NEL 2008 NON SI POTEVA. Bene, benissimo. Giusto, giustissimo. Però. Quando nell’aprile del 2008 mi trovavo in Erasmus ad Aberdeen, Scozia, mi informai dagli organi competenti e chiamai il consolato per capire se potevo votare dall’estero per le politiche. Non era certo una questione di vita o di morte, però ci tenevo. La risposta fu secca: «No». La motivazione chiara: può votare dall’estero chi è residente all’estero e per ottenere tale qualifica bisogna soggiornare fuori dall’Italia per almeno un anno e fare l’apposita richiesta per tempo. Come a dire: un conto è se vivi fuori dai confini italiani, altrimenti se ci tieni tanto a esercitare il diritto di voto, prendi l’aereo, torna a casa e vota come tutti gli altri.
PAGA LO STATO? Incassata la risposta, dopo qualche giorno passato in polemica, mi sono messo il cuore in pace, anche perché nessuno mi aveva obbligato ad andare a studiare Wittgenstein, Moore, Russell e Frege proprio mentre in Italia si svolgevano le elezioni. In più, ho anche pensato che se lo Stato avesse dovuto pagare a tutti gli italiani all’estero, per qualsiasi motivo ci fossero andati, il rientro ci avrebbe rimesso un sacco di soldi (e allora non si parlava ancora di crisi). Quindi non ho votato e, ad essere sincero, non ho passato notti insonni per questo.
DOV’ERANO MONTI E IL CORRIERE? Dalla Scozia però ho seguito il dibattito elettorale e leggevo i giornali, compreso il Corriere della Sera, che non ha fatto nessuna campagna pro Erasmus, Monti insegnava in Bocconi fregandosene del problema, l’Unione Europea non si stracciava le vesti perché «gli studenti all’estero non dovrebbero essere svantaggiati e la loro mobilità non deve essere disincentivata». Ad Aberdeen c’erano tanti altri italiani e nessuno ha fatto mozioni, appelli e picchetti contro Romano Prodi e il suo governo. Forse noi giovani Erasmus del 2008 eravamo troppo poco attaccati ai nostri diritti-doveri garantiti dalla Costituzione.
NON ESISTE IL DIRITTO AL BIGLIETTO AEREO. Però quando leggo ancora sul Corriere che il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri promette «il 70% di sconto sui biglietti aerei per permettere agli studenti Erasmus di tornare a votare a casa» un po’ mi girano i cosiddetti: ma come?, siamo in crisi, sull’orlo del baratro, lo spread ci alita sul collo, non facciamo altro che parlare di rigore e austerità, nessuno sa come tagliare la spesa pubblica e lo Stato promette di pagare il 70% del volo aereo a chiunque si sia recato per gli affaracci suoi all’estero? E l’Europa che non fa altro che bacchettarci e dirci come dovremmo spendere (o meglio non spendere) i nostri soldi applaude pure? A quanto ne so la Costituzione garantisce a tutti il diritto di voto, non il biglietto aereo (a spese di tutti i contribuenti italiani) per tornare in Italia e magari anche il taxi per recarsi al seggio di competenza.