
Rubygate: assente Berlusconi, non succede nulla. Rinviato il processo
Probabilmente il momento di maggiore entusiasmo stamane al Palazzo di Giustizia di Milano, per l’“ouverture” del processo a Silvio Berlusconi per il Rubygate, è stata la lettura del Corriere della Sera. In particolare, la replica di Raissa Skorkina alle intercettazioni pubblicate martedì 5 aprile. «Signora Skorkina è vero che per chiedere un aiuto al premier diceva di essere rimasta senza benzina? Intendeva dire senza denaro però» chiede l’arguto giornalista. «E cosa c’è di male? – cade dal pero la Skorkina. Ci conosciamo da troppi, troppi anni. C’è un rapporto profondo, gli voglio bene, lui è una persona generosa, sempre pronta ad aiutare…».
Insomma, per Skorkina Berlusconi ha le carte in regola se non per diventare santo subito, quanto meno presidente ad honorem delle Dame della carità di San Vincenzo de Paoli.
Intanto, a Palazzo di Giustizia, i cronisti si assiepano dalle 8 del mattino: 10 camion di regia, 110 cronisti e fotografi accreditati da tutto il mondo. Giappone, Corea del Sud, Australia. C’è persino Al Jazeera. Un cordone di forze dell’ordine circonda il tribunale, agenti in borghese vigilano nell’ombra, lo scalone dell’ingresso (futuro red carpet dove sfileranno Elisabetta Canalis, George Clooney, Belen
Rodriguez e Cristiano Ronaldo: i testi della difesa) è recintato per proteggersi da eventuali manifestanti.
Che in effetti scarseggiano. Sarebbero in tutto sette, di cui un pensionato rappresentante dell’Idv. I giornalisti predominano di gran lunga. L’aula scelta per la prima udienza della quarta sezione penale che giudica il premier è altamente simbolica: quivi si tennero i processi alle Br negli anni ’70. E, soprattutto, quivi Antonio Di Pietro si spogliò della toga il 6 dicembre 1994, dando l’addio a Tangentopoli, e il benvenuto alla carriera politica. Luogo insomma storico, l’aula del
Palazzaccio.
Dove stamane però non è successo – come previsto – assolutamente niente. Gli unici momenti di “suspence” per i cronisti di giudiziaria sono stati quando sono apparsi in aula l’avvocato di Karima el Mahroug, Paola Boccardi, e quello della funzionaria della questura di Milano, Giorgia Iafrate, che nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 seguì la vicenda della giovane ladra marocchina arrestata in corso Buenos Aires, rilasciata e affidata a Nicole Minetti, dopo alcune telefonate notture.
Insomma: se Berlusconi avesse commesso concussione – come sostiene l’accusa – vittima delle “pressioni” indebite del premier sarebbe anche la Iafrate. Ruby e la
Iafrate si costituiranno parte civile? E’ questa la domanda che serpeggiava tra i cronisti. “Se lo faranno – il ragionamento che si sviluppa tra i corridoi del palazzo, in attesa dell’udienza – significherà che Ruby ammetterà di essersi prostituita, e la Iafrate che la polizia e la questura hanno subito pressioni indebite la notte del 27 maggio”.
Il presidente della corte, Giulia Turri, ha dichiarato l’apertura dell’udienza alle 9.45. Presente e ruspante in prima linea (come sempre) il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, e il pm Antonio Sangermano. Assenti Ruby e il premier, così come gli avvocati di Berlusconi, Pietro Longo e Nicolò Ghedini (presente per il team della
difesa solo Giorgio Perroni).
Svanito nel nulla il fattore suspence: né Ruby né Iafrate si costituiscono parte civile. «Ruby ritiene di non aver subito alcun danno dalle frequentazioni ad Arcore, ed afferma di non aver avuto rapporti sessuali con il premier», spiega Boccardi, legale della el Mahroug. Parte civile invece si costituisce l’associazione Arcidonna. L’udienza è rinviata al prossimo 31 maggio.
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