Quanto ci manca la Bussola Quotidiana, gagliardo quotidiano cattolico on line

Di Valerio Pece
30 Maggio 2012
Spassionato, esagerato, nostalgico elogio di un sito che ha dovuto chiudere i battenti, ma che sapeva coniugare informazioni in contropiede e spirito battagliero.

Il 30 aprile il sito on line la Bussola Quotidiana ha chiuso. Era il quotidiano cattolico più gagliardo sulla piazza. Per un mese siamo rimasti religiosamente aggrappati a quel “temporaneamente” che ancora campeggia sull’home pagedel sito, in attesa di una nuova comunicazione. Ora però è arrivato il tempo di impetrare una risposta, perché se un giornale che chiude può non essere una tragedia (ma è pur sempre un brutto segno) in questo caso la questione è un tantino più grave. Scomparsa la Bussola molti italiani si sono sentiti improvvisamente orfani, soprattutto di quel mordente e quello zelo senza i quali il cattolicesimo diventa sciapo, perché sia detto con tutto il rispetto ma per la maggioranza delle opinioni dei media cattolici vale quello che Voltaire scriveva delle spade di Carlo Magno: lunghe e piatte. Che i Bollettini diocesani, siamo sinceri, non sono propriamente una botta di vita.

Che squadra che era invece la BQ! Che squadra che è! Impossibile che si frantumi d’emblée come il grande Torino. La tenacia e la visione d’insieme di Riccardo Cascioli, anzitutto, gran direttore e sparigliatore di opacità curiali (memorabile il suo resoconto sui “furbetti del presepino” che per ovvie “ragioni di sobrietà” a Gubbio -proprio lì!- hanno abolito il tradizionale presepio grande in cattedrale, salvo poi con un grandangolo tentare di accreditarsi un improbabile ricco presepe napoletano). E poi la prosa sontuosa e bioetica di Mario Palmaro; le analisi definitive di Massimo Introvigne; l’ironia dotta e irresistibile di Rino Camilleri; gli studi in controtendenza di Marco Invernizzi; quel Joseph Nicolosi italiano che è Roberto Marchesini. Non solo: i contributi dei capitani coraggiosi, uno per tutti di monsignor Luigi Negri, l’unico che a proposito dei fin troppo straripanti festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sulla BQ ha parlato chiaramente di «occasione mancata dai cattolici». Il vescovo Negri, che a proposito dell’ormai vicina beatificazione di Rolando Rivi ha confidato che nella causa «è in gioco non solo il riconoscimento della santità di vita e del martirio di Rolando, ma molto del destino della Chiesa, non solo in Italia», perché«se nel corpo della Chiesa circolerà anche il sangue di Rolando Rivi, martire semplice e purissimo ucciso in odio alla fede a soli 14 anni dalla violenza dell’ideologia marxista, se circolerà il sangue della sua testimonianza di vita e del suo amore totale a Gesù, noi daremo alla Chiesa nuova energia per ritornare a essere una Chiesa fedele a Cristo e appassionata all’uomo». Nella Chiesa dovrà entrare «nuovo sangue». Parole scandalose, di un pastore vero, che fanno tremare i polsi. Parole del più coraggioso vescovo italiano, che per scrivere sceglieva la Bussola Quotidiana. Appunto.

Difesa della libertà religiosa, della vita, della famiglia, principi non negoziabili indigesti a molti (anche cattolici, of course). E ancora: liturgia iper-creativa, balle ambientaliste, pansessualismo, ideologia gender. Tutto quanto fa verità sulla Bussola c’era. Ogni mattina, con pagine calde e gustose come croissant appena sfornati.

Ma la BQ aveva una sua specialità: la caccia al pensiero non cattolico nell’ormai sgualcito corpaccione di un cristianesimo molto light (e molto free). E qui, come una liberazione, ecco che irrompe l’ultima battaglia condotta della BQ: Antonio Livi, «il più solido filosofo metafisico che le facoltà teologiche romane e italiane abbiano conosciuto dopo padre Cornelio Fabro» (Magister dixit), che inchioda Enzo Bianchi alle sue responsabilità pastorali. Non ultima quella di amoreggiare con Hans Küng, le cui posizioni per il priore di Bose sono «così stimolanti per i cristiani di oggi e per l’uomo contemporaneo» che «la riflessione teologica ha tuttora da guadagnare a tener conto dell’analisi acuta e tagliente di Küng».

In molti si sono accorti che il dossier Livi-Bianchi di cui la Bussola è editor (ma oggi serve coraggio anche per essere semplici editor), non era solo una boccata d’aria fresca, era piuttosto il tappo che saltava, una breccia di porta pia al contrario. L’inizio simbolico di una liberazioneda un cattolicesimo informe, quello della corruttela teologica dei Vito Mancuso (uno che – scrive deliziosamente Palmaro – con un titolo come “Io e Dio” dopo l’etica ha accoppato pure l’etichetta).

Certo, la Bussola non era sola. Evitando le autocitazioni (ma che bel filo diretto la Bussola aveva con Tempi!) rimane ovviamente Avvenire; ci sono poi il Timone e Radici Cristiane, mensili d’approfondimento – parolaccia! – apologetico. Ci sono grazie a Dio impagabili battitori liberi: Antonio Socci, padre Livio Fanzaga, Francesco Agnoli, insieme a centinaia di altre roccaforti cattoliche sotto forma di network, siti, blog, piccole ma vivide e ficcanti frecce che non di rado colpiscono il cuore meglio di tante pesanti strutture. Ma è poco, anzi pochissimo di fronte alla continua, sanguinosa e rovinosa contro-catechesi del mondo: un esercito contro qualche operosa formica, ettolitri d’aceto e menzogne contro un bicchiere d’amore e verità.

Rimane il fatto che noi amiamo perdutamente la storia di Davide e Golia, per cui non possiamo non pregare l’insostituibile direttore Riccardo Cascioli di non demordere, anzi di accelerare la ricostruzione. Urge. La carità che esige verità è troppo lontana dal conformismo di quei cattolici del tipo insetti-stecco, che si mimetizzano riducendosi a rametti secchi. Esige, la carità, quell’ecclesia militans che Papa Ratzinger ha riproposto a sorpresa alla cena per i suoi 85 anni con i suoi amici (?) cardinali. Chiesa militante che, dice il Papa, è un termine «un po’ fuori moda» ma che «in realtà porta in sé la verità», e la BQ lo sa benissimo.

Se poi per il giornale on-line dovesse risultare risolutiva, si lanci pure un’altra richiesta d’aiuto, anche economico, non è un disonore, tutt’altro. Il vulnus per la perdita di questo faro prezioso, la nostalgia autentica di migliaia di lettori, l’improrogabile urgenza di conoscere come stanno veramente le cose, faranno in modo che questa volta saranno in pochi ad essere sordi e pigri, c’è da giurarci. E poi finché si è inquieti (e si fanno appelli, capriole, e tutto quanto si possa ancora inventare per gridare dai tetti la Verità), si può stare tranquilli. Lo andava scrivendo Jiulien Green, scrittore sommo e cattolico doc.

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