
Poi ieri a Udine, ecco l’arcobaleno. Grazie a Mandzukic

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Compagni e amici e bastardi di ogni genere e grado, incombe Halloween, da questa settimana Tempi non sarà più in edicola e quindi c’ho i maroni fortemente girati.
Meno male che ieri, improvvisamente, come l’arcobaleno dopo una giornata di pioggia, nel civettuolo stadio di Udine, in mezzo a una serata fredda, piovosa e nebbiosa, si è materializzato un grande momento di sport, uno di quegli sprazzi sublimi di tensione positiva, uno di quegli attimi estremi di umanità, in cui ci riappropriamo del nostro io, in cui recuperiamo il nostro vero essere, la nostra natura, in questo millennio ormai travolto dagli automatismi, dalla burocrazia, dal politicamente corretto, dalle lobby che indirizzano il sentire comune verso quello che vogliono loro, verso i propri scopi, e quindi evviva, per quel meraviglioso momento di ribellione che abbiamo visto manifestarsi a Udine, l’immagine rimarrà sempre nei nostri cuori e vi invito a serbarla perché sarà sempre più raro assistervi in quest’epoca scristianizzata e disumanizzata. L’epoca della Var, questo oggetto misterioso, questa sorta di vitello d’oro del calcio 3.0, verso cui tutti guardano, proprio come un dio pagano, chi con devozione, chi con disprezzo, chi con timore. Un dio lontano, asettico.
E invece a Udine, Mandzukic ha mandato affanculo l’arbitro, faccia a faccia, senza l’ausilio della tecnologia. Come ai vecchi tempi. I tempi dell’uomo.
Foto Ansa
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