Impossibile pensare che negli ultimi tempi il proliferare di tentativi di trasposizione della letteratura in formato “cinguettio” – i 140 caratteri condivisibili attraverso Twitter –, sia nato solo in seguito alla creazione della suddetto social network. Infatti, la condensazione del messaggio nella minima quantità di parole possibili ha radici antichissime, che Twitter ha soltanto fatto tornare a galla. È un’intera storia letteraria a dirlo, non soltanto una schiera di scrittori cinguettanti. La differenza che si rivela, tra gli antichi scrittori epigrammatici e la novella generazione digitale, sta solo nella qualità della scrittura.
Si pensi a Saffo, la poetessa dell’isola di Lesbia sulla quale si narrano molte leggende. La fautrice della “strofe saffica” era solita scrivere brevi frammenti epigrammatici, come ricorda Sandro Fusina in un articolo su Foglio.it, tra cui: «C’è chi dice sia un esercito di cavalieri, c’è chi dice sia un esercito di fanti, c’è chi dice sia una flotta di navi la cosa più bella sulla terra. Io invece dico che è ciò che si ama». Centoquarantanove caratteri che, in una lingua sintetica come il greco, si riducono a novantaquattro. Lasciando lo spazio per un eventuale hashtag.
La tradizione dell’epigramma ha raggiunto anche Marziale. Il poeta romano era da sempre in lotta con la prolissa sintassi degli oratori, in particolare quella di Cicerone. Al quale dedica la breve Cicerone in pergamena: «Se questa pergamena te la porti in viaggio, / farai molta strada assieme a Cicerone». La brevità della scrittura epigrammatica latina e greca era molto apprezzata da un altro grande letterato, forse meno conciso ma dalla penna efficace, Giacomo Leopardi. «La rapidità e la concisione dello stile piace perché presenta all’anima una folla d’idee simultanee – scrive il poeta nel suo Zibaldone – così rapidamente succedenti, che paiono simultanee, e fanno ondeggiar l’anima in una tale abbondanza di pensieri, o d’immagini e sensazioni spirituali, ch’ella o non è capace di abbracciarle tutte, e pienamente ciascuna, o non ha tempo di restare in ozio».
La rapidità, secondo le Lezioni Americane di Italo Calvino, doveva essere una prerogativa della scrittura del nostro millennio. E le sue speranze si sono attualizzate su Twitter, dove si fa’ letteratura con velocissime mitragliate di caratteri. In occasione del centenario della tragedia del Titanic, Enrico Buonanno ha postato sul profilo dell’inserto La lettura del Corriere della sera 70 tweet in 25 minuti. Il tentativo di narrazione dell’incidente, interessante per le informazioni inedite rilevate, è però ripetitivo, ricco di cliché e di esplosioni incontrollate di pathos: «Guardate, guardatela la divinità titanica! Guardate, guardate il Novecento! E come splende il suo scafo, e come batte ogni record!». Ecco cosa succede a una letteratura non ispirata e anchilosata in una forma standardizzata e riduttiva.
@DanieleCiacci