La breccia aperta negli ospedali sovietici da sacerdoti clandestini, medici, giornalisti, la via dell'hospice e delle cure palliative per salvare gli inguaribili abbandonati dallo Stato. Storie di bambini con le labbra blu, di malati spacciati, miracolati e di chi ha cura di loro
«In epoca sovietica, prima della perestrojka, sacerdoti e credenti avevano il divieto di mettere piede in ospedale per assistere i malati, tanto più i minori. Insieme a padre Aleksandr eravamo stati a visitare dei pazienti adulti, di nascosto: io nella cartella gli portavo la talare, la stola e il Vangelo, e lui passava con addosso un camice, come se fosse un medico arrivato per un consulto. Mentre poi si vestiva, confessava e comunicava il malato io “facevo il palo” sulla porta della stanza, perché avrebbe potuto entrare qualcuno del personale sanitario e buttarci fuori – non che fosse sempre cattiva gente, ma avevano istruzioni severissime. Come ci disse una volta una caposala: “Io al vostro posto probabilmente farei lo stesso, ma dovete capirmi: per una cosa del genere sarei licenziata in tronco”. Padre Aleksandr rischiava la sospensione a divinis, e quanto a me, mi avrebbero semplicemente cacciato dall’università in cui insegnavo. Per fortuna, il Signore ci ha sempre assist...